Dobbiamo fare un passo indietro, prima di parlare di big data e di customer analysis. Dovremmo pensare alla nostra natura come semplici essere umani. Siamo tutti esseri unici e irripetibili, ma accomunati da bisogni simili.
Pensiamo ad esempio alla celebre piramide di Maslow, il modello che propone una “gerarchia dei bisogni”, disposti dal basso verso l’alto: la soddisfazione dei bisogni più elementari (fisiologici), alla base della piramide, è la condizione per far emergere i bisogni di ordine superiore, più immateriali, verso il vertice.
Salendo verso l’alto della piramide motivazionale emergono i bisogni di sicurezza e di protezione, sia fisica sia psichica, ed è proprio a questo livello che si inserisce l’atteggiamento che dovremmo avere verso i nostri clienti! Ognuno di noi, nel momento in cui decide di spendere il proprio denaro, sta riponendo fiducia nel venditore, che al contempo è riuscito a trasmettere un senso di sicurezza e di protezione verso il valore dell’investimento.
E questi sono proprio i valori evocati dal termine “cliente”. Infatti, la parola cliente trae le sue origini dal latino còlere, che significa rispettare. Sembrerebbe anche avere una corrispondenza nel termine greco klyo, che tradotto significa ascolto, il porgere l’orecchio. Il termine cliente, nella sua derivazione di clientela, significa protezione. Dunque, ricapitolando, la parola cliente nel suo profondo significato porta con sé l’accezione di rispetto, ascolto e protezione.
Le parole evocano emozioni, non dimentichiamocelo.
Al primo incontro con un cliente è fondamentale prestare attenzione alle prime battute di un’interazione, sia al telefono sia di persona. Una parola fuori posto e subito si potrebbe interrompere l’armonia. In un incontro vis-à-vis sarà anche determinante porre attenzione agli aspetti non verbali quali i macro gesti, i micro movimenti del viso e la prossemica, senza trascurare l’impatto visivo (abbigliamento e accessori): tutti questi aspetti possono avere un’influenza sul nostro interlocutore. Ad esempio, i micro movimenti del volto sono rappresentati principalmente dalle espressioni del nostro viso, i piccoli movimenti della nostra bocca o il nostro sguardo sono in grado di svelare molte informazioni su cosa pensiamo e cosa stiamo provando ed esserne consapevoli è importante.
Talvolta è sufficiente una banalissima smorfia, uno sbuffo o un sospiro, e subito il nostro cliente potrebbe dare segnali di distanza mentale e fisica attraverso la prossemica.
Qualche anno fa lessi un interessante studio inglese sull’analisi degli atteggiamenti non verbali e dei micro movimenti; in particolare fu analizzata l’abitudine delle donne di alzare lo sguardo sospirando, in risposta a comportamenti ritenuti inadeguati del proprio compagno. Ebbene questo atteggiamento così apparentemente banale è stato ritenuto tra le principali cause di divorzio.
Quando parliamo di abitudini spesso non siamo consapevoli delle nostre espressioni facciali, perché ormai, sono entrate a far parte del nostro linguaggio corporeo. Quindi non stupiamoci se un cliente esce da un punto vendita senza aver acquistato nulla o se davanti a una trattativa non firma un contratto.
Dietro un no potrebbero celarsi le nostre psico-abitudini verbali e non verbali che, anche se non responsabili di quel no, certamente non hanno favorito un sì!