Il turismo a Milano… dopo il Covid-19

Ne parliamo con Damiano De Crescenzo, associato Manageritalia Lombardia e direttore generale Planetaria Hotels, gruppo che a Milano è presente con 5 strutture tra cui Chateau Monfort e Enterprise Hotel.

Ne parliamo con Damiano De Crescenzo, associato Manageritalia Lombardia e direttore generale Planetaria Hotels, gruppo che a Milano è presente con 5 strutture tra cui Chateau Monfort e Enterprise Hotel.  

Il turismo è in ginocchio: da dove ripartiamo?
«La situazione è drammatica, il turismo è certamente il settore maggiormente colpito e che avrà bisogno di tantissimo tempo per riprendersi. Dobbiamo ripartire prima di tutto dalla Reputation: sfortunatamente l’Italia e, in particolare, la Lombardia hanno lasciato un’immagine pesante (pensiamo ai camion militari con le bare). Ora dobbiamo, prima di tutto, dimostrare con fatti e non con proclami, che il nostro Paese è in sicurezza, che gli operatori del turismo si sono dotati di strumenti, iniziative, protocolli per rendere sicura la vacanza e il soggiorno delle persone. Poi dobbiamo approfittare di questa situazione per mettere mano a ciò che ha frenato la possibilità di raddoppiare il pil del settore, senza nemmeno fasciarsi troppo la testa».

Gli alberghi intanto che fanno?
«Gli alberghi sono l’unica realtà produttiva che, pur non avendo avuto obbligo di chiusura (ad eccezione della Lombardia), hanno chiuso per la quasi totalità! Gli alberghi hanno costi fissi elevatissimi, persino quando sono chiusi, e fino a quando non si creeranno le condizioni necessarie non potranno riaprire. Tanti alberghi estivi hanno già deciso di saltare questa stagione e tanti altri nelle città si stanno orientando a riaprire addirittura dopo l’estate».

Venezia è più che in ginocchio, senza turisti la città è morta…
«Venezia paga il prezzo più alto, perché solo ora ci accorgiamo che non è più una città, ma un albergo diffuso e per giunta chiuso. Lo sviluppo forsennato della ricettività extra alberghiera ha fatto sì che gli abitanti trovassero più conveniente liberare le proprie abitazioni, improvvisandosi affittacamere o albergatori, e trasferire la propria residenza a Mestre o altrove, in quanto questa nuova attività risulta essere molto redditizia, spesso esentasse, senza regole da rispettare e con scarsi controlli». 

Invece Milano, la grande Milano, moderna, internazionale… come sta?

«Milano paga un grande prezzo reputazionale, persino nel nostro Paese, per la concentrazione dell’epidemia in Lombardia. Inoltre i due mesi di lockdown non potranno più essere recuperati. Sono stati anche annullati eventi, fiere, congressi ecc. e solo in parte spostati al 2021. Non ci resta che rimboccarci le maniche, ma, dopo avere sempre aiutato tutti, questa è la volta che bisogna aiutare Milano a ripartire forte. Abbiamo, però, qualche asso da giocare, ovvero un mese di produzione che non abbiamo mai utilizzato: si chiama agosto. Si potrebbe approfittare di aggiungere, magari per sempre, un mese in più alla nostra produzione, spalmare le vacanze in un periodo più lungo (quest’anno poi saremo costretti ad andare al mare pochi alla volta…) e superare questa vecchia anacronistica abitudine!». 

La Lombardia e Milano sono additate a livello mondiale come epicentro del virus. Chi e quando ci tornerà?
«Come dicevo sopra, dobbiamo riconquistarci la Reputation, dimostrando che abbiamo messo in piedi un sistema che offre un livello di garanzia della salute altissimo, con procedure e mezzi ben oltre quello che viene prescritto dall’Oms e, con la nostra creatività, in una forma smart e ammirevole». 

In base all’ultimo Dpcm dello scorso 17 maggio, in che modo può incidere la probabile riapertura degli spostamenti tra regioni e oltreconfine del 3 giugno sullo scenario del settore e sulla ripresa, in generale e a Milano nello specifico?
«Sicuramente con la riapertura degli spostamenti sia a livello nazionale che internazionale si potrà riprendere a viaggiare. Non ci aspettiamo l’afflusso che abbiamo visto da lunedì 18 verso parrucchieri ed estetisti. Bisogna che riprenda bene il traffico aereo internazionale e i collegamenti ferroviari e soprattutto che si riacquisisca fiducia, soprattutto in Lombardia e a Milano. Anche se la ripresa sarà lenta nel settore turismo, contiamo che vengano prese le giuste misure affinchè si possa affrontare bene il futuro».

Cosa si sta facendo a livello istituzionale?
«Forse questa può essere l’occasione in cui le istituzioni si possano accorgere che il turismo esiste e che merita l’attenzione che non ha mai ricevuto. Questa situazione sta ricompattando il settore e probabilmente si riuscirà a fare qualche passo in più». 

Qual è il ruolo del settore pubblico in questa ricostruzione d’immagine e di mercato?

«Purtroppo il pubblico è sempre stato molto distante dalle attività produttive, più che in altri ambiti, nelle azioni, ma anche nella banale comprensione delle necessità. Solo negli ultimi anni, dopo lunghi e faticosi processi, si sono fatti dei minuscoli passi in avanti. È questa l’occasione per riformare il sistema, ma serve legiferare a livello nazionale». 

E il ruolo del privato?

«Fermo restando che anche nel privato ci sono situazioni infelici che vanno affrontate, non potranno più essere tollerate le inefficienze del sistema, l’abbandono delle aziende turistiche al loro destino e tutto quanto non permette un adeguato sviluppo del turismo nel nostro Paese». 

Voi manager del settore che piani avete a livello collettivo?

«Stiamo lavorando sui piani di ricostruzione, sul “mantenimento” delle risorse umane che abbiamo negli anni faticosamente selezionato e cresciuto, su piani formativi. Stiamo, inoltre, dedicando tempo ed energie alle attività associative per cercare di indirizzare scelte e decisioni delle istituzioni e per cercare di affrontare, a fianco degli imprenditori, anche un forte cambiamento necessario al dopo emergenza». 


Quale sarà il ruolo dei manager nella ripresa del turismo in particolare e in quella dell’economia italiana in generale?
«Le situazioni difficili fanno emergere la meritocrazia che purtroppo spesso è assente. Se non lavoriamo su principi di meritocrazia, i manager servono poco. Dopo la crisi si presume che non sarà più tutto come prima, cambieranno i modelli delle imprese turistiche e sarà necessaria una maggiore presenza di manager nelle nuove e più strutturate aziende del settore». 


E, infine, Manageritalia cosa dovrebbe fare?

«Dovrà farsi promotrice di un processo di forte cambiamento della classe dirigente nel pubblico, rendendola quanto più possibile simile a quello del privato. Insegnare e pretendere la meritocrazia, superare una malsana intoccabilità, premiare comportamenti virtuosi e successi. In pratica, importare le regole del gioco del privato. Già questo passaggio ridurrebbe notevolmente la cultura burocratica dei nostri apparati». 

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