Il web: opportunità per tutti

Non solo influencer. La rete e i social sono una grande chance di scambio, personal branding, crescita. Ecco perché bisogna esserci
opportunità di lavoro sul web

Ritorno sull’investimento della lettura. Il libro del mese di ROI Edizioni, idee di management e per crescere.

I due terzi della popolazione mondiale, 5,5 miliardi di persone, hanno accesso a internet. Un universo a disposizione di tutti noi, grazie a uno strumento che è diventato parte integrante della nostra quotidianità: lo smartphone. Dalla pandemia in poi, è evidente come la nostra vita, sia personale che professionale, scorra ormai su un doppio binario, reale e virtuale. Giampaolo Colletti, giornalista esperto di marketing e innovazione, nel suo nuovo libro, Siamo tutti influencer (Roi Edizioni), fotografa le trasformazioni in corso nel mondo di internet e della comunicazione digitale.

Qual è la forza della rete?

«Si parla molto di social media, digitale e strumenti con cui interagiamo in ogni minuto della nostra esistenza, ma c’è ancora poca consapevolezza su queste materie. È una rivoluzione che ci coinvolge tutti. Oggi, potenzialmente, siamo costantemente in contatto con amici, parenti, colleghi di lavoro o clienti, ma anche con una community allargata che ha una duplice faccia. Perché chi fruisce dei contenuti ne diventa anche potenziale erogatore. Il potere editoriale è diffuso: ognuno può interloquire non solo con le altre persone, ma anche con associazioni, aziende. Grazie alle varie piattaforme abbiamo tutti la possibilità non solo di farci vedere, ma anche di renderci utili ed essere parte di un cambiamento. È il momento, per tutti, di scendere in campo o, meglio, in rete. Metterci la faccia e la firma».

Siamo tutti influencer, quindi?

«Sì e no. Da un lato, è diventato sempre più difficile monetizzare con i propri contenuti in rete e pochi influencer possono trasformare questa attività in un lavoro ben retribuito. Dall’altro, si afferma il fenomeno della creator economy, che riguarda persone che realizzano contenuti di valore per il web e hanno un’audience interessata. A livello mondiale, si contano oltre 50 milioni di creator attivi, di cui almeno 2 professionisti. In Italia, se ne stimano 350mila, con una crescita del 20-25% annuo».

Come conquistare audience online?

«Bisogna ascoltare il mercato. Essere molto competenti, offrire qualcosa di distintivo che sia in grado di fare la differenza. Individuare una nicchia interessata a ciò che abbiamo da offrire: prodotti, servizi, soluzioni. Arrivare sul mercato non è un punto di partenza, ma uno di arrivo, al termine di una riflessione. Il creator della porta accanto può avere anche più chance dei macro influencer perché il suo percorso di autenticità può dargli un vantaggio rispetto a figure molto più consolidate».

Ma l’opportunità è solo per la GenZ?

«No. Questo è un fenomeno anagraficamente e geograficamente trasversale che coinvolge tutti. Oggi è possibile monetizzare con YouTube, TikTok o Twitch e con i paywall Patreon e Onlyfans. Nel mio libro racconto di una bambina di sette anni che, scrivendo una lettera alla Lego, ne ha cambiato le linee produttive. Ma anche di Licia Fertz, che a 94 anni è diventata una stella dei social».

Chi sono i silver users e perché stanno facendo la differenza?

«La popolazione invecchia. E la rete pure, popolandosi di silver users, ovvero utenti dai capelli d’argento. Se prima i meno giovani sembravano allergici al digitale, adesso capiscono e apprezzano lo strumento. Nel 2006, andava in rete solo il 25% dei settantenni, ora la percentuale è salita al 45% Sempre più spesso i “nonni digitali” consultano la posta elettronica, usano i motori di ricerca, prenotano i viaggi su internet e accedono al banking online. E poi c’è il fenomeno dei granfluencer, detti anche Instagrans, influencer in là con gli anni, seguitissimi dalla community dei loro coetanei: un pubblico sempre più numeroso e dedito allo shopping. Anche le classi più mature oggi usano la rete per dialogare, vendere e acquistare… La soglia di accesso alle piattaforme si è abbassata, ne è migliorata l’usabilità».

Come farsi notare su LinkedIn, il social network dei professionisti e del lavoro?

«È importante posizionarsi, non essere generalisti. Qualche consiglio? Mettici la faccia, la tua: raccontati sempre in prima persona. Proponi storie avvincenti, in grado di attirare l’attenzione e coinvolgere. Integra i tuoi post con foto e video. Coinvolgi la tua community: ogni tuo post deve essere un invito all’azione. Non fare monologhi, ma dialoghi. Evita lo spam. Unisciti a gruppi che condividono i tuoi interessi. Pubblica contenuti originali, non limitarti a rilanciare quelli di altri. Usa bene hashtag e menzioni, senza abusarne. E poi, condividi, restituisci, studia».

Strategie di personal branding?

«Essere autentici. Non è necessario dire tutto di sé, ma ciò che si dice deve essere genuino».

E di employer branding?

«Anche i manager devono metterci la faccia, raccontarsi per ciò che sono ed esporsi. Non bisogna aver paura di farsi vedere e bisogna farlo adesso. Forse in futuro al posto del dirigente ci sarà un avatar, ma non sarà la stessa cosa. Solo chi c’è può far apprezzare sé stesso e la sua azienda».

Uno dei fenomeni di questi tempi?

«Se vogliamo avere un’idea del futuro, guardiamo dove vanno i nostri figli e nipoti. Oltre 60 milioni di loro sono su Roblox, la più grande piattaforma di gioco online generata dal basso con milioni di giochi creati dagli utenti. Da tenere assolutamente d’occhio…».

siamo tutti influencer

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