Il termine “innovazione” suscita reazioni differenti. Per qualcuno i grandi innovatori sono dotati di un talento innato, una sorta di scintilla che provoca la loro creatività e la loro inventiva. Per altri, al contrario, l’innovazione è il risultato preciso di una formazione mirata.
Secondo il professor Stefano Brusoni dell’ETH di Zurigo, senior partner presso la società di consulenza per l’innovazione Spark Works e chief science officer presso Sparkademy, che offre un programma di apprendimento aziendale su innovazione e leadership, “Chiunque ha la capacità di innovare nell’ambiente giusto. Il talento esiste, ma l’ambiente ricopre un ruolo fondamentale, almeno quanto la genetica. L’ambiente dovrebbe favorire l’innovazione, ma se le nuove idee vengono costantemente rifiutate questo rappresenta un ostacolo”.
Alcune persone sembrano essere naturalmente più ricettive alle nuove idee e in grado di affrontare il cambiamento. Ma tutti possono imparare a innovare.
Controllo dell’attenzione
Secondo Brusoni la capacità di innovare ha molto a che fare con il controllo dell’attenzione. Questa è una funzione neurologica che consente di spostare il focus dal generale al particolare. Si tratta di un processo che identifica dei modelli ed estrapola delle informazioni, compiendo un’analisi costi-benefici.
Le persone con un forte controllo dell’attenzione non prendono le decisioni più velocemente, afferma Brusoni, ma è come se pensassero due volte. Notano elementi in più, a volte piccoli dettagli nell’ambiente, e cambiano ciò che fanno in risposta a questi.
Brusoni e la collega Daniella Laureiro Martinez hanno avviato una ricerca sull’innovazione 12 anni fa, scansionando il cervello di persone che avevano innovato nel loro business. Di solito avevano circa 30 anni, coordinavano team e venivano coinvolti attivamente nello sviluppo di nuovi progetti, in laboratori di ricerca e sviluppo aziendali o nelle loro società.
C’erano differenze visibili nei circuiti cerebrali di controllo dell’attenzione delle persone. È interessante notare che era più sviluppato negli imprenditori che gestivano le proprie aziende anziché nelle persone che lavoravano per laboratori di ricerca. Per Brusoni questo dipende dal fatto che gli imprenditori sono costretti a svolgere molti ruoli diversi nell’azienda, dalle vendite alle risorse umane, agli account e mantengono in questo modo il loro cervello più agile. Anche i ruoli manageriali sembrano presentare caratteristiche simili.
Intelligenza emotiva
L’intelligenza emotiva è il secondo elemento da considerare quando si parla di innovazione poiché ricopre un ruolo da protagonista. Affinché l’innovazione si realizzi, occorre essere in grado di accompagnare le persone nei vari progetti. Abbandonare le vecchie abitudini provoca spesso ansia e accettare nuove sfide causa paura. Un buon leader dell’innovazione deve però essere in grado di comprendere queste reazioni e guidare le persone.
Alan Cabello, cofondatore di Sparkademy e collaboratore di Brusoni, ha trasformato la ricerca in un test in grado di identificare i punti di forza dell’innovazione delle persone: lo Spark Check, in grado di mettere alla prova la capacità delle persone di affrontare l’incertezza e le emozioni degli altri. Si tratta inoltre di un modo per scoprire la propria attitudine verso la trasformazione (Front Runner, Problem Solver, People’s Person o Change Maker) ed è un tool utile per tutti i manager: può infatti aiutarli a identificare le persone del proprio team che hanno capacità di innovazione superiori alla media. Sparkacademy gestisce anche un programma di formazione per migliorare le skill necessarie per poter innovare.