Insieme, senza paura

Come la sicurezza psicologica può favorire benessere, performance e innovazione dei team

Nei team di lavoro c’è un grande nemico dell’innovazione, della performance e del benessere: la paura. Per timore di fare brutte figure, di far arrabbiare qualcuno (tipicamente il proprio capo) o di essere esclusi dal team, in alcuni contesti le persone preferiscono non esprimere il dissenso o il pensiero divergente, non far emergere le proprie vulnerabilità e nascondere gli errori, alimentando così quella che viene definita “cultura del silenzio”.

Quando vige la cultura del silenzio, la paura di far emergere un problema o un errore porta le persone a vivere di espedienti. Numerosi scandali (pensiamo ad esempio al caso Volkswagen, legato ai cosiddetti diesel puliti, dove i dati sul consumo e sulle emissioni erano stati truccati e manipolati proprio per coprire un errore) dimostrano che in alcuni contesti organizzativi, logiche di gerarchia e potere alimentano la paura e questa porta le persone non solo a sbagliare di più, ma anche a mettere in pausa il comune buon senso.

Il contrario della cultura del silenzio è la “sicurezza psicologica”, ovvero la convinzione che in un team sia ok e totalmente sicuro condividere idee, dubbi, questioni difficili o errori. Questo concetto è stato elaborato da Amy Edmondson, docente e ricercatrice di Harvard, a seguito di numerosi studi empirici in ambito medico, nei quali ha dimostrato come i team maggiormente performanti fossero anche quelli che dichiaravano più facilmente i propri errori.

Cos’è la sicurezza psicologica
La sicurezza psicologica, al contrario della fiducia (che è una dinamica a due), è una dinamica che potremmo definire sistemica, ovvero che si sviluppa tra diversi soggetti: l’azienda e la sua cultura, i capi, i team e le persone.

Da cosa ci accorgiamo che in un team c’è un elevato grado di sicurezza psicologica? Ci sono diverse dimensioni che indicano la presenza di questo importante fattore relazionale: l’errore è vissuto come fonte di apprendimento e non viene rinfacciato o stigmatizzato; i componenti del gruppo non hanno difficoltà a segnalare i problemi o a parlare di questioni difficili, invece di mettere “la polvere sotto il tappeto”; la diversità di pensiero e di vedute sono ben accolte e considerate un valore; è okay rischiare ed è okay anche fallire; le persone sono propense a chiedere aiuto agli altri quando sono in difficoltà; tutti agiscono verso l’obiettivo comune senza sabotarsi a vicenda; le unicità e i talenti individuali sono valorizzati e utilizzati.

Da cosa ci accorgiamo, invece, quando in un team non c’è sicurezza psicologica?
Un primo aspetto riguarda quello stato di “armonia artificiale” in cui i membri del team sembrano apparentemente andare sempre d’accordo, non ci sono grandi conflitti e vige un pensiero dominante a cui tutti, più o meno, si uniformano. Poiché il conflitto è un aspetto naturale nei gruppi di lavoro, quando questo è assente non significa che non esista il dissenso, ma che le persone hanno paura ad esprimerlo nel team e preferiscono sfogarsi magari davanti alla macchinetta del caffè, traducendo così quel dissenso che, se espresso, sarebbe potuto essere fonte di innovazione e riflessione creativa, anziché di un inutile quanto dannoso pettegolezzo.

I vantaggi della sicurezza psicologica
Gli studi della Edmondson dimostrano come la sicurezza psicologica sia un fattore fondamentale sotto diversi punti di vista. Ad esempio, per superare la lontananza geografica (ovvero migliorare la comunicazione in team virtuali e de-localizzati), sfruttare in modo generativo i conflitti, uscire dal pensiero dominante e, dunque, agevolare l’innovazione. Infine, far sentire tutti coinvolti, inclusi e valorizzati nelle proprie unicità.

Se pensiamo ai contesti di business attuali, caratterizzati dal fenomeno della great resignation, ovvero dalla fuga di massa dei talenti, da nuove logiche di lavoro agile e delocalizzato e dalla necessità di innovare costantemente per sopravvivere e fiorire in mercati sempre più fluidi, si può ben comprendere quanto i benefici della sicurezza psicologica siano oggi di vitale importanza nei contesti organizzativi.

Cosa può fare un leader per nutrire la sicurezza psicologica nel proprio team 
Lavorare sulla sicurezza psicologica richiede un impegno costante, un’attenzione da parte di tutta l’organizzazione e in particolare dei suoi leader.

ll report di McKinsey elaborato nel 2021, dal titolo “Psychological safety and the critical role of leadership development” ha infatti sottolineato come i leader siano i veri catalizzatori in grado di creare una cultura organizzativa caratterizzata dalla sicurezza psicologica.

Ad esempio, esprimere apprezzamento per i propri collaboratori ogni volta che propongono nuove idee, rivalutare il fallimento come una naturale conseguenza della sperimentazione, mettere in campo la propria umiltà e accettare di non sapere sono comportamenti del leader che rinforzano un clima sereno in cui ogni membro del team si possa sentire ok nell’essere sé stesso.

Anche micro-affermazioni come “ho bisogno del tuo aiuto”, “ho fatto un errore”, “apprezzo molto il tuo modo di essere” o “grazie per aver espresso la tua opinione” sono molto potenti. Ovviamente, è importante per il leader dimostrare un interesse autentico per l’altro e, soprattutto, togliersi la maschera del “leader infallibile”. Questo implicitamente autorizza i membri del team a fare altrettanto. In conclusione, per creare e rinforzare sicurezza psicologica all’interno delle organizzazioni è necessario uscire dalle logiche gerarchiche in cui il potere è legato allo status e alla posizione ricoperta ed entrare in una logica inclusiva e gentile in cui ciascuno, indipendentemente dal ruolo ricoperto, possa sentirsi ok nell’essere e nell’esprimere sé stesso.

TEAM APERTI, INNOVATIVI E PERFORMANTI
L’impatto positivo della sicurezza psicologica sul lavoro

Quanto le persone nel tuo team si sentono libere di esprimere il dissenso, di dichiarare i propri errori o di chiedere aiuto? Quanto, invece, preferiscono mettere “la polvere sotto il tappeto”, nascondere gli errori e sfogare il proprio dissenso nel pettegolezzo, anziché parlarne apertamente? La risposta a queste domande fornisce la misura del livello di sicurezza psicologica all’interno del tuo team. La sicurezza psicologica, ovvero la convinzione che sia ok esprimere i propri dubbi, il dissenso, le idee innovative ecc., è un fattore fondamentale per superare la lontananza geografica (ovvero migliorare la comunicazione in team virtuali e delocalizzati), sfruttare positivamente i conflitti e trarre il massimo dalla diversità in termini di innovazione e performance.
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Per maggiori informazioni:
Beatrice Stella – beatrice.stella@cfmt.it

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