Negli anni 60 Celentano intonava un mantra di gentilezza per invitare a ballare una delle ragazze dell’epoca.
A quei tempi la gentilezza era forse la normalità? E poi cosa è accaduto? Perché la gentilezza sta sparendo dalla pratica quotidiana?
Queste sono solo alcune delle domande che, oggi, qualcuno di noi potrebbe porsi. Un antico aforisma recita così: se semini un pensiero, raccoglierai un’azione, se raccogli un’azione, seminerai un’abitudine ecc. Mi sorge un dubbio: forse non siamo più gentili perché non facciamo pensieri gentili? Indubbiamente, la nostra è la “generazione dei criceti”, corriamo tutti affannosamente dentro la nostra ruota, senza mai alzare il capo e accorgerci che la nostra battaglia è la stessa dei nostri consimili. Basterebbe alzare il capo ogni tanto e dirigere l’attenzione verso l’altro, attraverso atti gentili, carezze verbali, piccoli gesti affettuosi in grado di rendere meno faticosa la nostra corsa.
Ed è proprio di questo che vorrei parlarvi: delle parole gentili.
Una parola che non si dovrebbe negare a nessuno, è “grazie”, dal latino gratia, che ha diversi significati fra cui amicizia, favore, piacevolezza, leggiadria, gratuità, e non ultimo gratitudine. Infatti a sua volta deriva da gratus, grato.
Quando pronunciamo un grazie dalla nostra bocca, stanno sbocciando fiori di gentilezza. Stiamo conferendo valore all’altro, nobilitando la nostra anima, creando un’atmosfera di reciprocità, di gratitudine, di piacere. Stiamo elevando la relazione a un’autentica riconoscenza. Grazie è un simbolo di bellezza, di quella bellezza squisitamente umana, in grado di commuovere e accendere gli animi. Grazie è un sigillo che protegge i rapporti umani, semina sentimenti positivi e fa raccogliere i suoi frutti nel tempo, in modo durevole e autentico.
In una conversazione business ringraziare ha il valore di marchiare la relazione su un piano di riconoscenza, dare valore a un’azione. Ringraziare un Cliente per aver accettato la nostra proposta, mi sembra il minimo. Farlo con un messaggio di ringraziamento via email oppure chiamarlo al telefono, o con qualsiasi altro strumento, significa alzare la testa dai nostri impegni e dare importanza, valore a ciò che l’altro ha fatto per noi, senza darlo per scontato, conferendogli valore e riconoscenza. Ingredienti necessari per la costruzione di una vera e proficua relazione professionale, non credi?
L’altra parola è “prego”, deriva dal latino precari, preghiera. Prego è il dirimpettaio di grazie. Quando qualcuno ci ringrazia, la cortesia prevede un “prego”, che ha il significato di buon augurio. “Grazie-prego”, è una sequenza che impariamo fin da quando cominciamo a muovere i primi passi verso la vita. La maggior parte delle mamme insegna ai suoi pargoli questa sequenza. Così quando si riceve qualcosa da qualcuno, solertemente la mamma dice, rivolgendosi al suo piccolo: “come si dice?” e il piccoletto timidamente risponde sottovoce, “grazie”, e ancora, dall’altra parte segue un dolce “prego”. Si tratta proprio della primissima educazione. Forse è passato un po’ di tempo da quell’amorevole insegnamento e ce lo siamo scordato?
Rispondere con un “prego” quando qualcuno ci ringrazia significa aver gradito quel ringraziamento, avere a sua volta riconosciuto quel valore. In inglese quando qualcuno ringrazia si risponde con un “you’re welcome”, sei il benvenuto, una vera e propria apertura verso l’altro.
Infine, il termine “scusi”, dal latino ex-cusare, che trae le sue origini da accusare, ma la particella ex rimanda al significato di allontanarsi dalla causa, perdonare, giustificarsi da una colpa. Sempre ritornando alla metafora della ruota del criceto, spesso non ci accorgiamo di calpestare o di commettere indelicatezze verso l’altro, ma se solo avessimo l’abitudine consolidata di considerare l’altro, potremmo accorgerci di tali mancanze. Chiedere scusa in modo autentico e consapevole magari non riuscirà a rimediare il torto inferito, ma sicuramente è un riconoscere l’altro e può aprire la strada del perdono e rimettere al centro l’importanza delle relazioni umane.
Anche con i clienti, non abbiate il timore di porgere le vostre scuse per una mancanza o per un errore. Riconoscere gli errori e scusarsi significa che il disguido non è la normalità, per questo lo si riconosce e le si conferisce valore. Non dire nulla o far finta di niente, invece, significa rivestire la mancanza di una normale routine. È questo ciò che vuoi trasmette ai tuoi clienti? Normalmente calpestiamo i piedi ai nostri clienti e di solito non chiediamo neanche scusa?
La gentilezza e la cortesia sono dei veri e propri apriporta delle relazioni umane, a livello neurologico, le parole gentili, hanno il potere di stimolare zone del nostro cervello deputate all’empatia.
Ricorda che nessuno ama acquistare qualcosa da persone scortesi e ingrate: Pensaci.