La vendita è un vero e proprio itinerario. Ne è convinto Silvano Joly, manager associato a Manageritalia che ha ricoperto posizioni di leadership e gestione delle vendite in grandi software vendor, e autore di Le memorie di un connesso viaggiatore (Edizioni Este), fresco di stampa: un’analisi appassionata che parte dalle prime interazioni con i clienti fino alla loro fidelizzazione. Il libro contiene aneddoti, metodi e consigli pratici. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo posto alcune domande per cogliere alcuni spunti.
Perché hai scritto Le memorie di un connesso viaggiatore?
«Certamente grazie all’incoraggiamento di molti amici, anche tanti colleghi di Manageritalia che mi hanno spronato a parlare di un argomento “scabroso” come quello delle vendite in modo rigoroso e – se possibile – scientifico. Dato che il mondo delle vendite e delle relazioni professionali è in continua evoluzione, in un’era in cui la connessione digitale è essenziale, ho pensato alla “connessione umana” attraverso l’esperienza di un venditore che si evolve insieme alle nuove sfide e dinamiche del mercato, traendo lezioni dal “viaggio immaginario”, dal primo contatto al primo ordine, che il libro racconta».
Qual è il senso e il messaggio del titolo e il senso di cambiare “commesso” in “connesso”?
«“Commesso viaggiatore” arriva dal dramma di Arthur Miller. Il cambiamento di “commesso” in “connesso” riflette la necessità di andare oltre la semplice transazione commerciale e di costruire relazioni significative, alimentate dalla tecnologia e dalla comprensione reciproca. Un venditore oggi non è solo un commesso, cioè un delegato alla vendita, ma una persona che deve essere in grado di connettersi con clienti, partner e con il mondo che costituisce l’ecosistema dove opera con la sua azienda».
Venditori si nasce o si diventa?
«Secondo me, venditori si diventa. Sebbene alcune qualità naturali come l’empatia o la capacità di comunicare siano importanti, sono le esperienze, l’apprendimento continuo e la consapevolezza del proprio ruolo che permettono di crescere come venditore. È una questione di adattamento e miglioramento costante che avviene attraverso lo studio. Nel libro racconto anche le tante tecniche, il Meddic in primis, che ho appreso e che hanno fatto diventare ottimi venditori persone che non pensavano di poterlo fare».
Quali sono le esperienze che per te hanno contato e dato di più?
«Sebbene i corsi e la formazione, anche quella del Cfmt mi abbiano giovato moltissimo, le esperienze più formative sono state quelle in cui ho dovuto affrontare sfide reali, come il lavorare con clienti difficili o dover imparare nuove tecnologie e nuovi metodi per rimanere competitivo in un mercato in cambiamento. Ogni esperienza, positiva o negativa, è stata una lezione che mi ha permesso di crescere e migliorare. Inoltre, l’essere in contatto con tanti “C-level” e manager mi ha aiutato molto a capire logiche, giuste e sbagliate, di gestione aziendale».
Cosa c’entra il gianduiotto con una buona relazione e impressione con il cliente?
«Porto sempre dei gianduiotti con me, offrirli in riunione rappresenta quel piccolo gesto che fa la differenza: qualcosa di semplice, ma che lascia un’impronta di calore e attenzione. Così come offrire un gianduiotto crea una connessione emotiva con chi lo riceve, in un contesto di vendita o di relazione con il cliente, è importante curare i dettagli che fanno sentire l’altro valorizzato e apprezzato. Un po’ come il celebre autista dei Ferrero Rocher che non si limitava a guidare per la sua passeggera ma le offriva una “experience” ante litteram!».
Ogni vendita o relazione con un cliente interno o esterno è una storia. Perché?
«Ogni interazione è unica e porta con sé un’opportunità di crescita reciproca. Ogni cliente ha una propria storia, un proprio bisogno, e attraverso la nostra risposta, possiamo scrivere un capitolo significativo di quella storia. La vendita non è solo una transazione, ma una narrazione condivisa, che arricchisce entrambe le parti. Per questo nel libro ho cercato di fornire del metodi ma anche di preparare ogni riunione come un unicum, esattamente come suggerisce la metodologia Spin che descrivo e che parte dallo studio della realtà di un potenziale e della sua storia».
Ti senti più manager o venditore e cosa sei e fai oggi?
«Facile: mi sento entrambe le cose, anche se da anni il mio ruolo è più orientato alla consulenza e alla strategia. Mi occupo di processi e innovazione, ma il venditore dentro di me non dorme mai. Ancora oggi, quando parlo con un qualcuno cerco sempre di trovare la giusta soluzione, quella che va oltre il prodotto, quella che costruisce una relazione duratura. Questa credo sia l’essenza del lavoro di ogni manager: vendere è anche dare una visione in azienda e fuori, non solo ai clienti ma anche ai collaboratori ed ai fornitori. Quando gli chiediamo di più non stiamo forse vendendo loro qualcosa? Del resto in italiano “manager” si dice “dirigente”, cioè la persona che sa dare la giusta direzione piuttosto che dirigere gerarchicamente».
