Negli ultimi anni un movimento globale di aziende è partito dagli USA, probabilmente ignorando l’avventura di Adriano Olivetti e di tanti altri imprenditori italiani del secolo scorso – meno noti ma con i medesimi valori – e sta ridefinendo il concetto di business finora conosciuto e praticato dai più. Sta lanciando, infatti, al mondo imprenditoriale la sfida di rendersi e sentirsi direttamente responsabile dell’impatto che il proprio business ha su persone, comunità e ambiente e di trasformarlo in una forza positiva per l’evoluzione del mondo.
Si chiamano Benefit Corporation (in italiano Società Benefit) perché attraverso la loro attività economica, oltre a realizzare il classico profitto d’impresa, si impegnano a creare un beneficio per la comunità e l’ambiente che, nella maggior parte dei casi, vuol dire farsi carico e rispondere a un problema sociale o ambientale contribuendo attivamente alla sua soluzione.
Seppure a uno sguardo superficiale, questa potrebbe sembrare una mera rivisitazione del concetto di CSR (corporate social responsibility), in realtà si tratta di un approccio radicalmente diverso.
Quello delle Benefit Corporation e delle Società Benefit è un modello diverso. Non si tratta, infatti, di compensare le eventuali esternalità causate dal proprio business, ma di fare del proprio business uno strumento di generazione di valore per tutti gli stakeholder, non solo per l’imprenditore e/o per i soci.
In questo modo le imprese rinunciano ad essere organizzazioni che “estraggono” valore dal mondo a proprio vantaggio (seppure compensandolo in qualche modo) per diventare, invece, aziende “rigenerative”, che generano cioè più valore per il mondo di quello che ne estraggono.
Per questo, il nuovo modello del fare impresa sceglie come valori guida la trasparenza, la sostenibilità a 360° (economica, sociale e ambientale) e la responsabilità nei confronti di tutti gli stakeholder, compresi l’ambiente e le generazioni future.
In Italia la legge che riconosce le Società Benefit è entrata in vigore dal 1 gennaio 2016 e, ad oggi, le imprese che si sono costituite o trasformate in Società Benefit (SB) sono circa 200, un numero che cresce ogni giorno velocemente.
In base a tale legge, possono costituirsi come Società Benefit tutte le «società di cui al libro V, titoli V e VI del codice civile, nel rispetto della relativa disciplina» che «nell’esercizio di un’attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse».
Dal dicembre 2018 inoltre è stata creata l’associazione di rappresentanza delle Società Benefit italiane. Si chiama Assobenefit e la presiede l’onorevole Mauro Del Barba, il padre della legge sulle società benefit. Assobenefit, secondo l’art. 3 del suo statuto, si propone di «concorrere all’affermazione di un nuovo modello economico di sviluppo sostenibile sul territorio italiano basato sui principi costitutivi delle società benefit» mirando al rafforzamento delle imprese che abbracciano tali principi e che già costituiscono un “ecosistema Benefit” e al consolidamento del made in B-Italy come fattore competitivo riconoscibile a livello internazionale.
Quello perseguito (e ottenuto) dalle società benefit è, quindi, un vantaggio competitivo prevalentemente legato a una migliore reputazione sul mercato, al networking e alle alleanze con altre società benefit.
Inoltre, già da qualche tempo, le banche e gli investitori cominciano a riconoscere alle imprese che fanno valutazione d’impatto e tengono conto dei criteri ESG un merito creditizio maggiore.
Ultima novità un emendamento nella legge finanziaria 2020 che assegna una premialità alle società benefit nelle gare pubbliche.
Il B-Impact Assessment (BIA) è lo strumento che misura l’impatto positivo che le aziende producono su persone, comunità e ambiente mentre realizzano il proprio business. Le imprese che raggiungono 80/200 punti possono richiedere di essere certificate come B Corporation.
Sottoporsi all’assessment rappresenta, in ogni caso, un’occasione per sviluppare consapevolezza rispetto al punto in cui si trova l’azienda e allargare la propria visione su temi importanti.
La certificazione non è un “bollino” quanto piuttosto una linea strategica di sviluppo che l’impresa si impegna a seguire per migliorare progressivamente il proprio impatto positivo dando corpo al suo intento di essere un’azienda “migliore per il mondo”.
Per provare a fare il BIA: https://bimpactassessment.net/.
In circa tredici anni sono state certificate aziende di tutte le dimensioni e di tutti i settori in tutto il mondo. A ottobre 2019 esistevano 3086 B Corp® certificate in 150 settori e 71 paesi diversi.
In Europa, dove dal 2013 è attivo il B Lab Europe, le B Corp® certificate sono oltre 600, in Italia circa 100, tra cui diverse grandi aziende e molte piccole e medie. Tutte fanno della certificazione un importante fattore competitivo.
I migliori risultati di business conseguiti dalle imprese che condividono la visione del “business for good” uniti all’impossibilità di continuare a eludere il tema della sostenibilità a 360°, hanno portato il gotha delle grandi corporation globali, la cosiddetta Business Roundtable – per la prima volta qualche mese fa – a esprimersi in maniera molto decisa e chiara dichiarando che è necessario «adottare una visione più ampia e completa dello scopo aziendale e i consigli di amministrazione devono concentrarsi sulla creazione di valore a lungo termine, servendo meglio tutti gli investitori, dipendenti, comunità, fornitori e clienti».
Il modello delle B Corporation e delle società benefit ci mostra una strada percorribile e vantaggiosa per tutti, dove non è necessario scegliere tra beneficio comune e profitto e verso la quale tutte le aziende “a prova di futuro” dovranno orientarsi.
Molte imprese di servizi italiane vivono già nel loro quotidiano gran parte dei principi fondanti di questo nuovo modello che è un po’ nella nostra buona tradizione d’impresa italiana. Riconoscerlo e riconoscersi in esso può far essere insieme le nostre imprese più brave, più belle, più buone e, in virtù di questo, anche più ricche. In questo processo il ruolo dei manager è cruciale. Sono i manager, infatti, i soggetti promotori e i primi ricettori di tutti i percorsi di cambiamento nelle organizzazioni. Lo sviluppo di una nuova cultura non può che vederli protagonisti. Per favorirlo abbiamo gettato con entusiasmo il seme di una collaborazione tra Assobenefit e Manageritalia.
Noi di Bottega Filosofica, società benefit e B Corp certificata, vediamo in questi manager i partner primari con i quali sviluppare un cammino di eccellenza per le loro imprese e siamo pronte a supportarli con i nostri servizi. Per diffondere la cultura del business for good, inoltre, abbiamo appena lanciato una newsletter dal titolo Pensare B. I primi numeri si possono leggere qui. Per iscriversi e riceverla ogni quindici giorni si può compilare questo modulo.