Manager in tempi di emergenza: Matteo Sarzana

Parte il format di Manageritalia che interroga alcuni manager associati su come stanno vivendo e gestendo l’emergenza coronavirus.

Parte il format di Manageritalia che interroga alcuni manager associati su come stanno vivendo e gestendo l’emergenza coronavirus. Matteo Sarzana, general manager Italia Deliveroo e presidente Assodelivery, nonché associato Manageritalia Lombardia ci racconta la sua esperienza. 

Come avete affrontato nell’immediato l’emergenza coronavirus in Deliveroo?
«Sin dall’insorgere dei primi focolai, abbiamo attivato una procedura di smart working, dando a tutti i dipendenti, inclusi quelli del call center/servizio clienti, la possibilità di lavorare da casa. L’ufficio è stato sanificato e sono stati messi a disposizione dei dipendenti distributori di gel igienizzante. Nei confronti dei nostri partner e dei rider che collaborano con noi, abbiamo seguito le linee guida che di volta in volta sono state emanate dalle autorità di governo, comunicando costantemente con loro durante tutto il periodo e rimanendo a loro disposizione per chiarimenti e supporto».

In quest’emergenza un servizio come il vostro è diventato ancora più importante.
«Il nostro è stato esplicitamente definito dal premier Conte come uno di quei servizi che dovevano essere assicurati, nel rispetto delle norme di sicurezza. In un momento in cui l’approvvigionamento dei beni alimentari non sempre è facile, poter contare su un servizio come Deliveroo, che è in grado di consegnare colazione, pranzo e cena in meno di 30 minuti, è di grande conforto per un numero sempre maggiore di cittadini».

Cosa avete fatto per garantire salute e sicurezza di rider e clienti?
«Per garantire la sicurezza nella consegna abbiamo implementato la contactless delivery, un sistema che evita ogni contatto tra ristorante, rider e cliente e che abbiamo reso obbligatoria per tutti gli ordini; abbiamo previsto un rimborso per ogni rider di 25 euro per l’acquisto dei dispositivi di sicurezza personale; infine abbiamo lanciato per primi in Italia e nel mondo, un’assicurazione per tutti i rider che collaborano con noi che li tutela in caso di contagio, di ospedalizzazione e di quarantena a domicilio».

State dunque lavorando anche più del solito e possiamo dire che grazie al vostro lavoro attività altrimenti chiuse possono continuare a lavorare?
«Il servizio continua a operare permettendo a tutti i ristoranti che hanno scelto di rimanere aperti per le consegne a domicilio di continuare a collaborare con noi. Dal momento che il numero di ristoranti è ridotto rispetto a condizioni normali, gli ordini sono maggiormente concentrati su quelli aperti».

Una spinta positiva da un business spesso sotto i riflettori che unisce old (consegna fisica) e new economy (ordini e pagamenti tramite app)?
«Sicuramente in questo momento di crisi, viene messo in evidenza l’apporto di un business che ha sempre rappresentato un vettore di revenue incrementali per i ristoranti e che in questo caso è diventato l’unica fonte di reddito a disposizione del mondo della ristorazione. Sono tantissimi i ristoranti che nelle ultime settimane ci hanno contattato per avere informazioni su come lanciare il servizio e tanti hanno colto l’opportunità di lanciare brand e prodotti aggiuntivi nelle loro cucine, per andare incontro alle esigenze dei consumatori».

Qual è il suo ruolo di manager in questi frangenti?
«Il mio ruolo è quello di prendere decisioni complesse sulla base delle poche informazioni disponibili e di poter poi valutare le conseguenze sulla base dei risultati osservati. La complessità risiede nella mutevolezza del periodo, in quanto le direttive cambiano quotidianamente per poter fronteggiare un’emergenza mai vista prima. Sulla base di questo, siamo obbligati a ridefinire decisioni già prese e rivedere modalità operative e comunicazioni».

Nonostante la difficoltà dell’emergenza in atto riesce a vedere opportunità da cogliere per il vostro business in ottica futura?
«Ritengo che la grande opportunità per un business come il nostro sia quella di poter dimostrare la sua centralità nella vita delle persone e nei confronti del business dei ristoranti. Abbiamo avuto un’onda di notorietà che starà a noi riuscire a capitalizzare in futuro, sia lato ristoranti partner sia lato consumatori. In questo momento la nostra priorità resta garantire un servizio sicuro, in linea con la normativa e con i più elevanti standard igienici e sanitari, anche per facilitare la vita di tutte le persone che devono restare a casa».

E per altri business?
«Per gli altri business questa situazione è un’opportunità per reinventarsi. Basti pensare al mondo della ristorazione, uno dei business più classici, che ha colto l’opportunità di dare vita a nuovi brand e a valutare come potrebbe funzionare lo stesso servizio pur venendo a mancare quello che è stato per anni il caposaldo dei loro fatturati, ovvero il servizio al tavolo. Un altro esempio interessante è rappresentato da quelle imprese  che stanno riconvertendo le maschere solitamente utilizzate per lo snorkelling in prodotti per la respirazione assistita, o i produttori di stampanti e modelli 3D che hanno messo la loro tecnologia a disposizione dell’industria medicale, realizzando i pezzi mancanti dei macchinari che servono a fronteggiare l’emergenza».

Lei è anche presidente di Assodelivery: cosa chiedono le aziende del vostro settore al Governo?
«Le nostre aziende, che ho il privilegio di rappresentare come presidente di Assodelivery, l’associazione che riunisce le più importanti società del food delivery, sono in costante dialogo con le istituzioni. Siamo consapevoli di rappresentare un settore nuovo e presente in Italia solo da 5 anni. Come ogni settore, c’è però necessità di stabilire delle regole chiare che possano garantire che tutte le società che svolgono la stessa attività abbiano le medesime modalità operative. Questa regolamentazione deve però coniugarsi con le specificità delle aziende, del settore in cui operano e delle richieste dei dipendenti e dei collaboratori, che hanno esigenze nuove rispetto a quelle a cui le parti sociali sono state sinora abituate. In sintesi, sì a una regolamentazione chiara e rilevante per il settore, che permetta di investire con serenità nel nostro Paese».

Che ruolo hanno in questo momento le associazioni di categoria?
«Hanno il ruolo fondamentale di sintetizzare gli interessi di più operatori e di fungere da interlocutore nei confronti delle istituzioni. Le società che costituiscono Assodelivery rappresentano più del 95% del fatturato totale dell’industria e hanno quindi la possibilità di interpretare i bisogni in modo chiaro. Da subito, come Assodelivery, abbiamo stabilito delle linee guida per poter operare sul mercato italiano e abbiamo invitato tutte le altre aziende a far parte dell’associazione seguendo queste indicazioni».

Come manager cosa si aspetta da Manageritalia?
«Manageritalia ha la straordinaria opportunità di raccogliere e divulgare le best practice delle aziende che fanno parte dell’associazione, per essere da stimolo e fornire spunti agli associati. Ha un osservatorio unico sul mondo che sta cambiando e può essere volano del cambiamento positivo».

Arriverà il momento di ricostruire: da dove ripartiremo e come?
«Da quello che abbiamo imparato e continueremo a imparare nei prossimi mesi. Non sarà facile per tutti, ma ogni cambiamento radicale può essere interpretato positivamente come motore di innovazione. Stiamo sperimentando un nuovo modo di vivere, di consumare e di rapportarci con le aziende. Dall’osservazione di questi cambiamenti dovremo trarre gli insegnamenti per poter ripartire».

Nel frattempo che fare per prepararci e limitare i danni?
«Sperimentare, sperimentare, sperimentare. Non c’è costo peggiore che un’impresa sia costretta a sostenere se non quello di non aver provato una soluzione alternativa. Non sarà probabilmente la prima soluzione quella corretta, ma avremo almeno imparato che quella strada non è percorribile e ci darà l’opportunità di testarne un’altra».

L’Italia riuscirà a sfruttare gli investimenti per la ripresa per colmare il gap che ha in termini di trasformazione digitale con i principali competitor?
«Non credo che il problema dell’Italia sia il gap digitale. Le infrastrutture esistono, manca forse solo la volontà di sperimentare quello che questa situazione ci sta mettendo in condizione di provare. Una nuova modalità di lavoro remoto, l’utilizzo di servizi online, una nuova forma di convivialità. Tutto questo è stato reso possibile da strumenti e tecnologie che sono già a disposizione di tutti i cittadini, mancava solo la necessità  per poterle mettere a frutto».

 

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