Manager, l’evoluzione passa anche dalle parole

Manager: non basta la parola, ma le parole contano eccome. Questo il senso di quello che ci dice David Bevilacqua riflettendo con le parole sulle tappe e gli imprevisti nel percorso di un manager, ma potremmo dire di tanti, tutti, quelli che lavorano e vivono nelle organizzazioni oggi

È piacevole imbattersi in qualcuno che racconta di aver cambiato vita, ma non lo fa da pentito, quanto invece da evoluto. È il caso di David Bevilacqua, oggi amministratore delegato di Ammagamma e precedentemente manager di lungo e alto corso in Cisco.

“Parole per cambiare rotta” è il libro, edito da Guerini Next, con cui David rivisita il suo passato e ci racconta la continuazione del suo viaggio. Un continuum scandito, ci dice, da parole nuove sulle quali investire e parole più consumate dal tempo sulle quali riflettere.

In tutto questo, prima e dopo, c’è tanta umanità. Il racconto di David è denso di concetti, significati e momenti di vita che hanno riempito il suo divenire personale e professionale. Quello che anche qui colpisce è che al centro di tutto ci sono sempre e comunque delle persone. E si badi bene, David non parla mai male di niente, persona o situazione che sia, nel caso parla bene di qualcosa e di qualcuno, spesso senza fare nomi, ma dando significato e senso alle parole con cui dispiega il racconto, che diventano il filo conduttore di questo processo evolutivo.

Ammazza stereotipi e/o comportamenti stereotipati il passaggio del libro nel quale, dissertando della parola “tempo”, cita un top manager suo capo inglese del quale dice: “Non ricordo un solo meeting a cui lui sia arrivato in ritardo o a cui abbia partecipato con il portatile aperto. Non ricordo un solo board meeting gestito da lui che sia iniziato in ritardo o finito oltre il limite previsto. Non ricordo nessuno dei partecipanti arrivare in ritardo ai suoi meeting, mentre tra gli stessi partecipanti ho visto comportamenti radicalmente diversi nel dialogo e nell’operatività con i team di competenza”. Come dire, nulla traccia la via più del comportarsi come si vorrebbe facessero gli altri. In questo caso vale la locuzione “fatti e non parole”.


Ma torniamo alle parole e vediamo quelle che David ripercorre e trasforma nel libro. Tempo, Fortuna, Amicizia, Fiducia, Coerenza, Immaginazione, Scopo, Errore, Talento, Leadership, Smart working. A proposito del termine “smart working”, oggi tanto usato o meglio abusato, il senso vero e pieno di questa parola e concetto espresso nel libro merita anche da solo la lettura.

E proprio all’inizio del libro dice: “Il tempo scorre, la storia cambia, le persone evolvono. Di sicuro più volte nella vita dovremmo trovare il coraggio di riconoscere che abbiamo bisogno di parole nuove. Da dire agli altri, da dire a sé stessi, da mettere in pratica, da seguire con rigore. Abbiamo bisogno di parole nuove per ridefinirci e per comprenderci in un mondo veloce e tecnologico in costante cambiamento. Un mondo che produce senza mai fermarsi: parole nuove, talvolta imprecise, talvolta superflue, spesso prive di vero significato, in un contesto di crescente vuoto semantico”.

Chiudiamo con la parola leadership, che David affronta quasi alla fine del libro. Detto che per David manager e leader sono un unicum, vediamo perché secondo la sua esperienza c’è carenza di manager veramente portati a gestire le persone in maniera costruttiva e a guidare i processi di cambiamento. La causa, dice David, sono tre vizi: uno di natura strutturale, uno di natura culturale e uno di natura strategica.

Il primo è quello che lega nell’attuale sistema d’impresa la retribuzione non alle competenze, ma solo alla responsabilità. Quindi, semplificando, si aspira a fare il manager non solo perché ci si sente portati, ma è quasi obbligatorio farlo per avere una crescita economica. Il secondo è il collegamento diretto tra responsabilità e retribuzione che, dice, non è così in tutte le professioni. Il terzo è legato alla consuetudine di promuovere a manager chi è il migliore a fare quel tipo lavoro, non considerando il fatto che questo spesso non implica che sia anche il migliore a gestire, motivare e far crescere le persone.

Diamo, quindi, il giusto senso e significato alle parole per evolvere. Per essere manager, lavoratori e cittadini evoluti. Insomma, parole per fare i fatti, perché le “buone” parole, quelle che hanno un senso e ci danno un senso, sono quelle che ci serviranno per stare al passo con la trasformazione degli stili di lavoro e della società in cui viviamo.


David Bevilacqua è amministratore delegato di Ammagamma, società di data science e AI. Ha lavorato in Cisco per 20 anni ricoprendo ruoli apicali, in Italia e all’estero (vice president Europe, AD Italia General manager per l’Est Europa e VP Sud Europa). Nel 2016 ha cofondato Yoroi, di cui è stato AD & Chairman. Nel 2011 ha ricevuto il «Premio Eccellenza» conferito da Manageritalia, Cfmt e Confcommercio. È nel consiglio direttivo di Make a Wish Italia. Invitato come speaker al TEDxCesena, collabora con «Senza Filtro. Notizie Dentro il Lavoro» (www.informazionesenzafiltro.it).


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