Manager nel turismo: un lavoro, una passione

Due chiacchiere con Luisa Vuillermoz sul ruolo di direttore generale di una grande fondazione senza scopo di lucro, la Fondation Grand Paradis. Anticipare i cambiamenti, saper operare con risorse finanziarie scarse, concertare soluzioni in un ambiente complesso, sapersi confrontare con una domanda mutevole sono solo alcuni degli ingredienti che caratterizzano un manager nel settore turismo e cultura. Vuillermoz è associata a Manageritalia Torino dal 2006


Lei è direttore generale della Fondazione Gran Paradiso: turismo, cultura e territorio sono i suoi must?

«La natura, la cultura, la montagna sono le mie passioni ed è un privilegio e una fortuna per me averle potute rendere una professione. Così dovrebbe essere sempre: poter lavorare con entusiasmo su ciò che si ama consente di raggiungere importanti risultati e di trovare sempre la giusta energia per superare le difficoltà».

Cosa vuol dire oggi essere manager nel settore turismo/cultura in un mercato sempre più mutevole e discontinuo?
«Vuol dire saper innovare, anticipare i cambiamenti, saper operare con risorse finanziarie scarse, concertare soluzioni in un ambiente complesso, sapersi confrontare con una domanda mutevole e riuscire a motivare e far crescere il capitale umano spesso molto giovane».

Quali sono i punti di forza da mettere in campo, indipendentemente da azienda e settore?
«Da un manager ci si aspettano tante cose: dinamismo, efficacia, attenzione alle persone, capacità di engagement e forte orientamento ai risultati, ma soprattutto visione strategica».

Come può un direttore generale dare contributo e valore all’azienda?
«Oggi, sempre più, occorre saper discriminare e scegliere, e saperlo fare con rapidità. Occorre saper cogliere l’essenziale. E poi disegnare il futuro che non c’è. E trasmettere la forza di realizzarlo. Occorrono idee, esperienza, ascolto, coraggio e la capacità di trovare soluzioni win win che incrocino prospettive diverse in proposte organiche ed efficaci in cui ogni soggetto si riconosca e possa creare valore».

Per un manager del turismo qual è oggi il percorso vincente?
«In Valle d’Aosta, ma naturalmente questo vale per tutta l’Italia, nel turismo non abbiamo la necessità di “inventare” esperienze ma soltanto di vivere la bellezza del territorio, di riscoprirne gli elementi che contengono la narrazione della sua autenticità e di condividerli con il visitatore».

Cosa fare per crescere professionalmente?
«Bisogna rimanere sempre un po’ bambini, continuare a chiedersi il perché delle cose, non dare mai nulla per scontato, alimentare la nostra naturale curiosità e darle spazio. E poi confrontarsi con gli ambienti e le esperienze più diverse».

Lei è sempre stata in aziende attente, su vari fronti, allo sviluppo del territorio e del turismo. Questo quali punti di forza di business e manageriali offre e come sono esportabili altrove?
«Nelle molteplici attività in cui sono impegnata i punti di forza sono comuni: intelligenza emotiva, competenze relazionali, creatività e capacità di comunicazione. In ogni nuova sfida cerco di abbracciare un’istituzione e di interpretarne la mission. E non smetto mai di guardarmi intorno. Credo che sempre più contino le soft skill, soprattutto nei settori di cui mi occupo, e quanto queste siano molto facilmente esportabili».

Vive ad Aosta, che ambiente professionale c’è e come sfruttarlo?
«Una regione alpina come la Valle d’Aosta, che conta solo 130mila abitanti, è un ambiente professionale atipico in cui la classe dirigente è numericamente ristretta e tendenzialmente poco mobile. È un ambiente con una fortissima identità, che è la sua ricchezza, ma è un territorio che ha bisogno di innovazione e di contributi esterni, che non si devono mai temere».

Come fare networking con vantaggi per sé e l’azienda, magari anche divertendosi?
«Il territorio del Gran Paradiso in cui lavoro è un campo da gioco formidabile per fare networking. Chi lo visita se ne innamora e far scoprire la straordinarietà e le peculiarità dei luoghi è un piacere che genera spesso molte opportunità. Ho incontrato molte personalità dei settori più disparati con le quali ho avuto il piacere di lavorare ma anche di condividere la passione per la montagna e per il Gran Paradiso».

Managerialmente parlando, Aosta e la sua regione come sono messi?
«La Valle d’Aosta è una piccola comunità in cui i rapporti e le relazioni umane e professionali sono solidi e sinceri. Poche però sono le posizioni manageriali apicali ed è importante che queste dialoghino con l’esterno. Sono da auspicare innesti manageriali e la possibilità del management locale di fare esperienze fuori Valle. Solo così la cultura manageriale si radica, si afferma ed evolve».

Lei è associata a Manageritalia Torino: che rapporto e quali vantaggi ha?
«Mi sono avvicinata a Manageritalia per l’eccellente servizio di formazione che il Cfmt offre e per altri servizi professionali o di welfare. Ogni incontro con Manageritalia è per me un’occasione di confronto e di crescita. Particolarmente prezioso e fonte di idee e di ispirazione. Tant’è che vivo l’Organizzazione in modo sempre più attivo».

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