Al centro dell’evento di celebrazione degli 80 anni di Manageritalia (1945-2025), la tavola rotonda dal titolo “Manageritalia: 80 anni di leadership e innovazione per il futuro dell’Italia”. Il confronto, moderato dallo storico e giornalista Paolo Mieli, ha puntato i riflettori sulle sfide e le opportunità nel mondo del lavoro di oggi e, in particolare, sul ruolo determinante dei manager, con un approfondimento sui margini d’azione per una leadership in grado di gestire al meglio persone e obiettivi che ha coinvolto Tito Boeri, professore Università Bocconi di Milano, Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, Emanuela Trentin e Cristina Scocchia, rispettivamente amministratore delegato di Siram Veolia e di illycaffè.
Un dibattito apprezzato e coinvolgente, ricco di stimoli e spunti che ha permesso di sottolineare come le organizzazioni possano restare competitive solo attraverso una cultura manageriale che metta i valori e le persone al centro.
La nascita eroica della nostra Associazione
Mieli ha introdotto la discussione con un interessante excursus storico sulle condizioni in cui l’allora Andac (Associazione nazionale dei dirigenti delle aziende del commercio) venne creata, all’inizio di aprile del 1945: «L’Associazione nasce dalla solitudine dei manager. Una nascita, eroica, in condizioni proibitive, in tempi drammatici. I sindacati operai non volevano che i manager ritrovassero un’unità, avessero potere di contrattazione e venissero trattati come sindacati. Un’organizzazione, quella di allora, poco riconosciuta e omaggiata che seppe imporsi grazie alla forza di coesione. I manager, allora come oggi, salvavano le fabbriche. Erano, allora come oggi, spesso soli».
Competenze ed esperienze: il ruolo chiave dei manager
Per Scocchia, «Il nostro compito è di mantenere i nervi saldi e di passare un messaggio di ottimismo. Se c’è una cosa di cui non abbiamo bisogno oggi è il pessimismo. In salita si accelera. Se noi come manager non continuiamo a credere nelle nostre aziende, nelle nostre persone, nelle nostre organizzazioni, se non continuiamo a investire in innovazione di prodotto, di processo, in espansione internazionale, allora le nostre imprese perderanno competitività e posti di lavoro. Possiamo mettere a frutto il bagaglio di competenze e di esperienze che abbiamo accumulato nelle nostre vite pregresse. Com’è il ruolo di noi manager e come vedo il futuro dei manager e di Manageritalia? Quello di persone che riescono a integrare il valore con i valori. Il valore economico è fondamentale per un’azienda: se non cresciamo di fatturato e profitto perdiamo competitività e quindi posti di lavoro. Il manager deve essere allo stesso tempo il compasso morale dell’azienda».
La guida del manager diventa accompagnamento
Le fa eco Trentin: «Sono anni che viviamo con grande turbolenza. Oggi ancora c’è volatilità. Mi sento però ottimista. Non puoi pensare di guidare i tuoi collaboratori, un’azienda, verso un obiettivo, superare una tempesta, senza credere che gli ostacoli si possano superare. Il confronto con altre istituzioni e colleghi diventa importante. La guida diventa un accompagnamento, ma anche il coinvolgimento di chi stai guidando. Occorre essere coerenti con i valori dell’azienda. Fare quello che si dice e dire prima quello che si farà».
Manageritalia e i manager
Boeri osserva: «80 anni sono tanti, anche per un paese longevo come il nostro. Si tratta di un risultato straordinario. Un’associazione come Manageritalia deve avere la funzione non solo di difendere gli interessi della categoria ma anche di trovare forme di condivisione del rischio. Idea alla base del welfare aziendale. I manager devono prendere dei rischi, sono esposti più degli altri ai rischi».
Cottarelli ribadisce la solitudine dei manager e il loro ruolo chiave nel gestire le crisi multiple grazie a competenze accumulate in più organizzazioni. La leadership, secondo lui, si misura nella capacità di prendere decisioni complesse in tempi incerti, mantenendo coesione, visione e fiducia all’interno dei team e verso l’esterno. Un confronto necessario con tutta la popolazione aziendale.
Continua poi Boeri: «Oggi c’è molto più turnover nelle figure manageriali, soprattutto nei nuovi modelli di management che si stanno affermando nel nostro paese, basati sulla performance piuttosto che sulla fedeltà all’imprenditore. I manager valutati sui risultati hanno agende molto più fitte, che comportano contatti a molti più livelli, anche internazionali. Questo secondo tipo di management comporta molta più solitudine: il manager ha bisogno di trovare persone che facciano la sua stessa professione con cui condividere i rischi. L’idea della mutualità è molto importante. Associazioni come Manageritalia hanno un futuro sicuro e importante, non soltanto nelle rivendicazioni».
Responsabilità e spirito di squadra
«I manager diventeranno vittime di queste sfide globali? Quando si crea una situazione così grave i manager rimangono stritolati. Vivono una situazione stressante. Hanno bisogno di qualcuno che li riorganizzi, li riassicuri. Quello che fa il manager è la gestione del personale. Lo spirito di squadra è determinante», ribadisce Mieli.
Per Trentin, «se è un manager ha la responsabilità e deve sentirne il peso. Non è da solo nel processo che porta alla presa di decisione. Ogni collaboratore può fornire quell’elemento che può portare il manager a prendere una decisione giusta. È importante condividere la strategia aziendale».
Reagire alla crisi internazionale
Cosa differenzia la situazione attuale rispetto a crisi precedenti? Per Boeri, «l’assoluta imprevedibilità di ciò che ci sta di fronte. Sapevamo che la pandemia prima o poi sarebbe finita. Stesso discorso per la crisi finanziaria. Questa crisi è innescata da una persona contraddistinta dall’incapacità di ascolto degli altri. Trump ha avuto tutte le possibilità di confrontarsi con esperti e manager, ma non ha cambiato idea. Non temo l’introduzione di barriere protezionistiche, le imprese possono adattarsi. Il punto è l’incertezza che si sta creando con queste mosse».
Cottarelli commenta: «Trump ha dichiarato una guerra verso tutto il mondo. La speranza è che gli Usa si rendano conto che hanno bisogno di alleanze, quindi della Nato, dell’Europa. La reazione europea ai dazi per ora è minima, un modo per andare a negoziare. Le lamentele verso l’Europa da parte del presidente americano sono le regolamentazioni. Penso che ci sia speranza di una discussione più costruttiva con gli Usa, anche se restano le tensioni con la Cina. L’ipotetico successo nel breve termine delle politiche di Trump porterebbe a un risultato peggiore», chiude Cottarelli. «Non ci si accontenta mai di aver raggiunto questo obiettivo. Quello che è difficile da realizzare per Trump è tornare indietro di 50 anni in cui la Cina rappresentava il 2% del pil».