Le foto Polaroid hanno accompagnato intere generazioni di persone, divenendo una moda negli anni 70 e 80. Il brand americano, fondato nel 1937, ha subito un declino progressivo a causa della fotografia digitale, finché nel 2008, a Enschede, nei Paesi Bassi orientali, si è chiusa l’ultima fabbrica del gruppo. Nello stesso anno, Florian Kaps, appassionato di fotografia istantanea e ingegnere presso Lomography, società austriaca specializzata in fotografia analogica, convince il responsabile produzione di Polaroid André Bosman a dare una seconda chance al marchio: l’idea sembra non avere senso, tanto che la nuova società viene nominata Impossible Project. Dopo aver vivacchiato per una decina d’anni, si affaccia sulla scena l’industriale polacco Slawomir Smolokowski, intenzionato a a ridare grandezza al marchio: nel 2017 avviene il rebrand Polaroid Originals e la nomina del figlio Oskar come amministratore delegato.
Una nuova squadra di manager
Prima di immaginare la Polaroid di domani, questo fan della tecnologia di 28 anni ha preso una decisione strategica ben precisa, ovvero quella di puntare sui manager. Il giovane Smolokowski ha rinnovato integralmente il team dirigenziale con profili internazionali: ha scelto ad esempio una direttrice delle operazioni selezionata in Francia, un direttore marketing americano che ha lavorato in Sud Africa, ha cercato in aziende come Amazon, Fnac e in grandi gruppi industriali. I sette dirigenti hanno raggiunto la nuova sede ad Amsterdam con una quartiere generale americano nel Minnesota. Il 30% delle risorse umane delle società precedenti è stato recuperato. In tutto, oggi, nel gruppo lavorano 200 persone (tre volte in meno rispetto al periodo d’oro, quando si contavano dai 500 ai 700 dipendenti).
Prodotti che piacciano ai Millennials
Al Consumer Electronic Show (CES) di Las Vegas Polaroid ha presentato il modello OneStep2, che si ispira a One Step, uscito nel 1977. Pur non presentando particolari elementi di innovazione tecnologica (flash, timer e presa USB per la ricarica), il modello preannuncia quelli di domani che “Dovranno piacere ai Millennial e dunque essere collegati a smartphone e social”, rivela David Sylla, direttore marketing Europa. Un passato in Redbull e Veja, Sylla vede il futuro di Polaroid sotto il segno del vintage connesso: “L’obiettivo è far uscire uno o due modelli all’anno, con riedizioni in partnership con dei nuovi designer o uno stile differente”. Nella fabbrica di Enschede l’aspettativa è che questi nuovi progetti possano dare uno slancio alla produzione. Il direttore Andy Billen si prefigge di raggiungere i 6 milioni di pezzi in tempi brevi, poi 10 milioni all’anno contro i 4 attuali. La struttura delle macchine fotografiche è fabbricate a Taiwan. “Nell’immediato la sfida è di lavorare sulle componenti chimiche, in un’ottica più green rispetto al passato”, spiega Billen. Questo presuppone una formazione tecnica e un’esperienza pratica per apprendere le nuove procedure.
I 3 elementi su cui puntare
Il futuro della marca sembra giocarsi su uno scacchiere mondiale, con il mercato asiatico su cui puntare. I tre elementi su cui occorre fare investimenti sono essenzialmente tre. Il punto di partenza è l’innovazione sulle componenti chimiche, in modo da proporre delle istantanee che si differenzino da quelle della rivale Fuji, che nel frattempo ha di fatto occupato il 90% del settore. Questo presuppone anche l’adattamento delle vecchie ricette alle nuove norme ambientali. Secondariamente, è necessario valorizzare il brand scommettendo sulle licenze, anziché solo sui prodotti in sé e tenendo presente il declino generale del mercato della fotografia: dunque via libera a tablet, stampanti, occhiali da sole e droni. Infine, occorre sviluppare i due mercati in parallelo, quello delle macchine fotografiche e quello delle licenze. Questo potrà permettere di stabilire il modello economico e assicurarsi il prossimo futuro. Uno sbocco commerciale che potrà rimettere in sesto la produzione e far conoscere la marca al mondo intero.