Quadri sull’orlo di una crisi di nervi

I middle manager vivono una fase di sfiducia nei loro confronti, eppure rappresentano un driver di innovazione fondamentale per le aziende

Già nel 2007 Gary Hamel nel libro The Future of Management metteva in luce l’assottigliamento dei livelli manageriali. Oggi si parla ancora di forme di gestione manageriali “leggere” proponendo di tagliare il numero dei quadri aziendali (l’idea è che ogni lavoratore, indipendentemente dal suo ruolo, debba essere in grado di “managerializzare” se stesso).

Che il ruolo dei quadri sia un po’ in crisi non è di certo una novità e alcune ricerche lo confermano, come quella di Zenger e Folkman pubblicata nel 2014 sull’Harvard Business Review, che mostra come i lavoratori più disimpegnati siano proprio i middle manager. Altri come Eric M. Anicich e Jacob B. Hirsh suggeriscono come più di un terzo dei quadri non vogliano più ricoprire quel ruolo e siano molto più spesso rispetto ad altri lavoratori vittime di ansia e depressione rispetto ai loro colleghi.

I quadri aziendali in realtà sono i veri motori dell’innovazione all’interno delle aziende proprio perché si trovano a operare nel loro cuore, in quanto collocati in una sorta di punto di snodo tra diversi stakeholder.

Le organizzazioni di oggi dovrebbero valorizzare maggiormente i middle manager, per un motivo semplice: hanno bisogno di loro! In un mondo del lavoro complesso, incerto e volatile, dove la condivisione delle informazioni continua crescere in modo potenziale e si assiste alla frammentazione dei legami interni, c’è la necessità di avere persone con skill e knowhow utili per costruire ponti tra queste.

AI quadri va infine riconosciuta la capacità di forgiare una relazione speciale di fiducia e prossimità con tutti i player operativi: in questo modo possono mobilitare i loro team meglio di quanto i manager con posizioni superiori possano fare, con l’opportunità di creare quelle dinamiche collettive in grado di migliorare le performance aziendali.

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