Quando il terzo tempo è formativo

Esiste un'eccezionale gamma di ponti tra il sistema sportivo e quello organizzativo

Il rugby è sport che nasce da una radicale innovazione di processo rispetto alle regole del football giocato nei college inglesi di inizio ‘800.  È sport di squadra per eccellenza, nel quale persone con caratteristiche fisiche e mentali, competenze molto diverse devono cooperare per portare il gruppo alla vittoria. Richiede a chi lo pratica specialismo e generalismo: le caratteristiche di ciascun giocatore ne definiscono il ruolo, ma il superiore ‘principio di utilità’ fa sì che ciascuno intervenga istantaneamente, qualora sia nelle condizioni migliori per farlo. Esige che l’individuo sia sempre al servizio della squadra: chi porta la palla verso la meta avrà bisogno, una volta di passare la palla, ad un compagno in condizione di portarlo ancora avanti. Educa all’integrazione, anzitutto con la propria squadra, con cui si condividono, l’allenamento, lo spogliatoio, la partita, il viaggio, l’esultanza o la delusione, ma anche con chi riveste gli altri ruoli indispensabili perché la partita possa svolgersi: gli avversari, l’arbitro, il pubblico.

Diventa efficace con un equilibrio ottimale fra esecutori (affidabilità nel ruolo) e interpreti (innovatività ed imprevedibilità dell’azione). Richiede un’esplicita e continua assunzione di responsabilità: tutti attaccano quando la squadra ha la palla, tutti difendono quando la palla ce l’hanno gli avversari.

La ‘leadership’ assume declinazioni particolari: strategica, dell’allenatore, che sviluppa una visione di gioco caratterizzante; tattica, del capitano, che adatta il comportamento della squadra alla situazione; circolante, del portatore di palla, che ha la responsabilità ‘momentanea’ di decidere come avanzare verso la linea di meta.

È etico, perché risponde a un sistema di valori e regole condivisi. Non c’è squadra senza una maglia che ne esprima l’identità attraverso simboli: il logo è la ‘descrizione vivida’, vibrante e specifica dell’identità, delle aspirazioni e degli obiettivi. Sono, invece, i rituali a mostrarne l’appartenenza etnografica: spogliatoio, ingresso in campo, inni e canti, saluto iniziale e finale, i Ritual Agonistic Behaviour (di natura quasi etologica).

Anche il Terzo Tempo è un rituale, funzionale allo stemperarsi dell’aggressività agonistica davanti al cibo, ma anche un’occasione per darsi feedback rispetto alla partita appena conclusa.

In questo teatro competitivo, sono reattività e anticipazione le competenze più utili per il successo, così come senza allenamento (formazione), non c’è prestazione.

Il rugby è sport ‘onesto’, nel senso che il team più preparato, in termini di orientamento strategico, di diposizione tattica, di valorizzazione delle competenze e capacità individuali rispetto al ruolo assegnato, di adattamento istantaneo al contesto, di motivazione, di integrazione, di comunicazione, sarà il più efficace e prevarrà sull’altro.

Come in un acronimo atipico, osservando solo i corsivi del testo che precede, sembrerà di leggere la sintesi per punti di un manuale sull’efficacia organizzativa, a indizio concreto di una particolare ‘densità’ di questa metafora per la formazione aziendale.

Di questo si parla nel libro di Luigi Mazzotta “In Meta!”, nel quale le parti tecniche si alternano a narrazioni fortemente emozionali, focalizzate sul confronto fra l’esperienza sportiva e quella organizzativa.

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