Il tuo supervisor, manager o proprietario dell’azienda in cui lavori non hanno alcuna colpa se non riesci a raggiungere i risultati sperati sul lavoro: è questo uno dei messaggi chiave del libro Great at Work di Morten T. Hansen.
Hansen insegna management presso l’Università della California a Berkeley e nel suo libro vengono descritti i risultati di uno studio quinquennale condotto sulla performance di un campione di 5.000 lavoratori. Il risultato più evidente che emerge dalla ricerca è che l’auspicio di ogni persona è di concentrarsi su poche priorità e indirizzare i propri sforzi verso quelle attività che ritengono di svolgere meglio e in cui ottengono risultati migliori. La maggior parte degli intervistati, tuttavia, non l’ha fatto. Il motivo? Circa un quarto di tutti i dipendenti ha dichiarato di essere spesso incapace di concentrarsi a causa di una mancanza di direzione da parte del proprio capo e della complessità che caratterizza la propria organizzazione.
Nel libro di Hansen vengono raccontate una serie di strategie per migliorare la qualità del proprio lavoro, invitando anche a dire di no quando occorre. La capacità di focalizzarsi su singoli obiettivi diventa dunque cruciale per far crescere la produttività.
Numerosi gli esempi concreti proposti nel saggio, dal direttore di un liceo che ha progettato una svolta per la propria scuola a un agricoltore indiano determinato a offrire migliori condizioni di vita alle donne del suo villaggio, fino a uno chef giapponese che è riuscito a trasformare il suo modesto ristorante nel sottopassaggio della metro di Tokyo in un luogo acclamato dalla critica e premiato con tre stelle Michelin.
Ogni capitolo contiene una domanda e spunti per valutare la propria performance e determinare punti di forza e di debolezza. Una volta che si è compreso il proprio stile individuale, ci sono mini quiz, questionari e una strategia per diventare lavoratori più produttivi. Great at Work aiuta a raggiungere più obiettivi… lavorando di meno.
