The Art of the Brick

Quella di Nathan Sawaya è la storia di un successo, di una persona che persegue le sue passioni, che crede nel suo talento e ce la fa, nonostante tutti. Una lezione sulla motivazione

Questo mese, per acquistare il libro che vi consiglio, dovete prima andare a vedere una mostra. Il libro di cui sto parlando è infatti il catalogo di una mostra: “The Art of the Brick” aperta fino al 29 gennaio 2017 alla “Fabbrica del vapore” di Milano. Perché parliamo di arte e non di libri di management come siamo soliti fare in questa rubrica? Perché è una mostra da non perdere, non solo per le sue spettacolari costruzioni e riproduzioni di quadri famosi composti interamente da mattoncini Lego. È anche la storia del suo autore, di Nathan Sawaya, un giovane creativo cresciuto in Oregon e che aveva messo da parte il suo talento per studiare Giurisprudenza e diventare avvocato d’affari (frustrato) nella caotica New York. Il nostro Nathan però, nel poco tempo libero che gli rimane, persegue la sua vera passione, dare sfogo alla creatività realizzando costruzioni di mattoncini Lego, sempre più complesse. Un folle, direbbero tutti. Chi lascerebbe una prestigiosa posizione da avvocato per giocare con le costruzioni? 

Questa, di Nathan Sawaya, è invece la storia di un successo. Quello di una persona che persegue le sue passioni, che crede nel suo talento e ce la fa, nonostante tutti. L’avvocato fa uscire l’artista nascosto in lui, esprime il suo vero talento e su questo costruisce il suo successo. Così come rappresentato simbolicamente dalla figura umana di mattoncini gialli, posta a copertina del catalogo della mostra.

È qui che la mostra diventa qualcosa di diverso, non solo creatività ed espressione ma una lezione sulla motivazione, sulla volontà e determinazione nel perseguire il proprio talento, unica vera chiave per il successo nel lavoro e nella vita. Nathan Sawaya, con la sua storia, ci spiega come l’unico modo per farcela sia quello di concentrarsi solo su ciò che troviamo più appagante e divertente, in modo da ottenere risultati eccellenti con lo stesso sforzo.

Questo il punto chiave: dobbiamo scoprire che cosa vogliamo veramente superando il vecchio concetto di lavoro inteso come mero dovere e non come scelta piacevole. Perché, come ci spiega anche John Williams nel suo libro “Mollo tutto! E faccio solo quello che mi pare” (De Agostini editore) il compromesso è sempre dietro l’angolo. Ci autolimitiano nelle scelte fin dall’inizio, scegliendo professioni rispettabili sulla base del senso comune e non dei nostri veri interessi. “Che cosa voglio?” questa è la domanda chiave da tenere separata da “Che cosa è nelle mie possibilità adesso, in questo preciso momento?”. Concentratevi solo sulla prima domanda, siate sinceri e rimanete nell’ordine d’idee di potere raggiungerlo anche perché “se limitate le vostre scelte a ciò che sembra possibile o ragionevole, ottenete solo di perdere di vista ciò che volete davvero e non vi rimane altro che il compromesso”. 


Nathan Sawaya davvero ha fatto suo il pensiero di Confucio: “Scegli un lavoro che ami e non dovrai lavorare neppure un giorno in vita tua”. Valido anche se il lavoro consiste nel realizzare opere d’arte con dei mattoncini Lego. 

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