Contrapposizioni. «Frenesia Esg. Investire in aziende verdi non aiuta né l’ambiente né i vostri rendimenti» (Terrence R. Keeley, ex top manager Black Rock). «La narrativa del cambiamento climatico creata dall’uomo è una bufala perpetrata dall’élite per spopolare il pianeta» (John Clauser, premio Nobel Fisica).
«Nel 2030 si consumerà più petrolio di oggi» (JPMorgan). «Era glaciale imminente in Europa, sta per ribaltarsi tutto» (Università di Utrecht). «Bugie su lockdown ed effetti avversi: la pandemia è stata una prova di regime» (Martin Kulldorff, epidemiologo ed ex professore di medicina di Harvard). «Le auto elettriche di oggi non sono innovative. Offrono poco più dei modelli a combustione, ma costano molte volte di più. Ecco perché l’auto di domani non sarà una Tesla» (David Zipper, MIT).
«Il metaverso non sostituisce il mondo reale» (Richard Florida, economista). «Smettiamola di chiamarla intelligenza artificiale e chiamiamola per quello che è e fa, un software di plagio perché non crea nulla, ma copia opere esistenti, modificandole abbastanza da sfuggire alle leggi sul copyright» (Noam Chomsky, filosofo e linguista). «Anche nel 2045, tre auto su quattro in circolazione saranno ancora motori a combustione» (Michael Fleiss, Aurobay). «Le aziende con buoni punteggi Esg inquinano tanto quanto quelle con punteggi bassi» (Financial Times).
«La green economy andrà in bancarotta a breve» (Eric Packer, pseudonimo di un investitore anonimo) «L’intelligenza artificiale distruggerà l’umanità e l’ambiente» (Michael K. Cohen, Oxford University). «Il riscaldamento globale è prodotto dagli intellettuali» (Thomas Sowell, economista e saggista). «Il limite dei 30 km/h provoca più inquinamento. I motori termici sono progettati per avere la migliore efficienza intorno ai 70-80 km/h, inoltre si allungano i tempi di percorrenza (MIT Senseable City Lab).
«Il futuro dell’economia globale non è mai stato così cupo come oggi» (Nouriel Roubini, l’economista soprannominato dr. Doom). «Questa inutile guerra porta solo alla deindustrializzazione della mia patria di origine, la Germania» (questa l’ho scritta io nel lontano 2022). L’elenco potrebbe continuare all’infinito, ma ormai avete già capito: questi sono solo alcuni dei tanti presunti ribelli contrariati che contraddicono deliberatamente le tendenze comuni. Tipi che pensano altro. Che dicono altro. Che gridano compatti “il futuro sarà molto diverso da quello che vi raccontano i guru e think tank dell’élite globale”.
Informati o manipolati?
Ma che storia è questa? Ce lo spiega bene lo storico Alessando Barbero (tra l’altro una delle sei voci del libro Ostinati e contrari) con una dichiarazione secca e precisa: «Viviamo in un periodo storico in cui la propaganda non è facilmente riconoscibile, perché è diventata un aspetto dell’informazione. Il problema è che la gente crede di essere informata e invece, in molti casi, è solo vittima di un’informazione manipolata». Non sorprende. L’inconsistenza della conoscenza regna sovrana in questa era di guerre fra l’unipolare e il multipolare. E allora bisogna remare conto o, perlomeno, essere un pelino più critici, mai scordandosi però che anche molti dei cosiddetti ribelli non fanno altro che difendere i propri interessi parlando, magari, a vanvera. Quindi, contro sì, ma con giudizio.
Contro le risposte.
Assenti. Le risposte assomigliano sempre di più a delle veline genialmente mal scritte. Mai un’analisi veritiera che affronti temi scomodi. No, meglio fare gli struzzi. Ignorare i problemi e quindi anche le soluzioni. Come stanno veramente le cose a livello geopolitico? Come vanno veramente i Brics? Le sanzioni sono servite a qualcosa (già cult l’analisi sulle sanzioni di Enrico Letta: «In qualche giorno porteranno al collasso l’economia russa, che finirà in ginocchio») o, come afferma uno studio di Bankitalia, la crisi con la Russia affossa solo l’industria Ue? Dai giornali non è dato saperlo.
L’Occidente è in una bolla cogniti va fatta di propaganda e convinzioni fallaci. Direte: mica sono messi meglio in Cina, India, Russia, Iran o quello che vi pare. No, ma anche noi non siamo messi meglio. È tutto lì il problema. Viviamo ancora nel glorioso passato, fatto di libera circolazione di opinioni differenti e critiche. Ma il presente ci mostra altro e il futuro è cupo. Con un secolo di ritardo (il libro di Oswald Spengler è del 1922), il tramonto dell’Occidente è infine arrivato. Nichilismo e non solo. Il declino demografico, morale, politico, economico delle società occidentali è ben evidente nella lucida e spietata analisi dello storico e sociologo francese Emmanuel Todd nel suo nuovo saggio La sconfitta dell’Occidente. Sarebbe ora di andare contro il declino, rinascendo, almeno come Europa.
Contro la deindustrializzazione.
Che stiamo accettando come fatalità. Ancora nel 1992 l’Ue era un gigante geoeconomico, ora è un lillipuziano arrogante che ha ridotto la sua potenza di fuoco produttiva a livello globale del 50% rispetto agli anni d’oro. E mentre la Volkswagen chiude tre fabbriche in Germania e il 51% delle grandi aziende prevede, secondo i dati dell’Unione delle Camere di commercio e industria tedesche (Dihk), di lasciare la Germania, tutti a dire “beh, che sarà mai”. Sarà colpa del cambiamento climatico, delle macchine cinesi… no, la crisi energetica sullo sfondo delle sanzioni antirusse è la ragione principale ed è tutta colpa nostra, che siamo una grottesca periferia di un impero in crisi, senza visione e spina dorsale. Costretti a rimpiangere Craxi e la Milano da bere.
Contro la guerra.
Qualcuno deve avere il coraggio di dirlo: c’è spazio per un mondo senza egemonie. La scelta davanti alla quale si trova l’Occidente è combattere militarmente per mantenere il dominio, come sta facendo, oppure accettare un mondo condiviso. La seconda è la scelta saggia, la prima è una ricetta per una nuova guerra mondiale, anche contro il clima. E mentre i fondi verdi Esg investono 5.000 miliardi di dollari nell’industria degli armamenti, è utile ricordare che l’impresa più inquinante al mondo sono le forze armate statunitensi e che le stupide guerre inquinano sicuramente più di un miliardo di vecchie pande a gasolio.
Contro la tecnologia.
I colossi tecnologici come Google, Meta, Apple, Microsoft o Amazon sono tra i più grandi consumatori di energia (ed emettitori di CO2) al mondo e anche grandi utilizzatori dei controversi certificati Rec (renewable energy certificates). Inutile girarci intorno. Già il libro della Luiss, Inferno digitale: perché internet, smartphone e social network stanno distruggendo il nostro pianeta, aveva avvisato dei guai in arrivo. Ora è pure il turno dell’intelligenza artificiale, che ha un impatto sull’ambiente disastroso in termini di consumo (energia e acqua) e produzione di CO2.
Contro il green.
Il motore a combustione fa male, ma il tanto temuto e dannoso glifosato no e infatti viene approvato per altri 10 anni di uso. Dalle pale eoliche alle auto elettriche finto alle farine di insetti e bistecche sintetiche salva pianeta. E se molto green fosse solo fuffa o, peggio, truffa? Il sospetto viene vedendo come, con la scusa del clima, le grandi corporation vogliono mettere le mani su ogni bene, compresa la gestione globale (privata) dell’acqua.
Ci sarebbe molto da dire. Per ora ci basta ricordare che Contro il green: per una vera ecologia è anche una pubblicazione di La Fionda (editore Rogas), che pretende di smascherare il lato oscuro della “transizione ecologica regressiva”, andando contro le visioni unilaterali e riduzionistiche con cui la questione ecologica viene comunemente declinata. Corretto, perché bisogna opporsi al saccheggio del pianeta in versione green. Che poi, a pensarci bene, tutta sta menata per la riduzione della CO2 fa ridere anche come metodo. Voglio dire, pensiamo alla stragrande maggioranza dei prodotti, tutti a obsolescenza programmata. Durano niente rispetto al passato. Quindi, più consumo e meno CO2 emetto? Geniale.
Contro le lobby.
In fondo, il marketing climatico e lo storytelling da fine del mondo servono per vendere prodotti e servizi del “climate industrial complex”. Una lobby come tante altre: né meglio né peggio di quelle del petrolio, dei farmaci o tabacchi. Il problema delle lobby è che sono ovunque e dappertutto e rendono vero ciò che è falso e falso ciò che è vero, ben oltre semplici negazionismi. Più o meno funziona così da sempre. Professore: “2×2=4”. Lobby: “Qui un bel milione di euro se 2×2=5. Professore: “Nel corso di questi anni la ricerca scientifica ha fatto passi da gigante e non solo: ci ha permesso di affermare che 2×2 faccia 5, ma anche di stabilire che continuare a dire che 2×2 faccia 4 sia dannoso per la società e l’ambiente. Basta con questi atteggiamenti antiscientifici. La scienza non è democrazia ma autorità della verità”.
Contro le promesse.
Contrordine, compagni. La rivoluzione verde può attendere, e parecchio. Gli obiettivi climatici paiono irrealistici per i big della finanza e sempre più organizzazioni stanno rivedendo le proprie politiche climatiche. Anche le grandi aziende stanno rivedendo i loro obiettivi in questo ambito. Per forza. Per la transizione green, nei prossimi 10 anni serve una quantità mostruosa di rame, nichel, grafite, germanio, litio e terre rare, per l’estrazione dei quali, con la capacità estrattiva attuale, non bastano 1.000 anni. Quindi: o la tecnologia non sarà disponibile per tutti, o saremo rimasti in pochi a usufruirne, o vi prendono per i fondelli. A voi la scelta.
Contro i media.
E qui è come sparare sulla Croce Rossa. Di giornalismo, poi, neanche a parlarne. I media, poveretti e impoveriti, fungono da ufficio stampa dei grandi narratori danarosi e desiderosi di imporre la loro Weltanschauung economica e sociale. Semplici cantastorie e propagandisti, un pochino goffi, al soldo di qualcuno. Chiamare tutto questo il “Corriere del tramonto” è fin troppo educato. Forse meglio “Corriere della serva”. Lo storytelling (già roba brutta per un vero giornalista) si è declassato in storyselling (piazzisti di veline). Al “conformismo propagandistico”, poi, si aggiunge anche l’avanspettacolo (involontario). Da quando sono crollate le tirature è crollata anche la cura degli articoli, pieni di sviste (ipotesi migliore) e di “pubbliche relazioni” pagate (ipotesi peggiore).
Contro Wikipedia.
Secondo il cofondatore di Wikipedia Larry Sanger, la Cia e altre agenzie di intelligence usano la famosa enciclopedia per manipolare l’opinione pubblica. Niente di nuovo. Da anni osservo la riscrittura di infinite voci e lo sdoganamento del reato di opinione e di azione per togliere ossigeno a chi la pensa diversamente. Anzi, con la scusa di eliminare le informazioni false, verranno eliminate tutte le informazioni che danno sui nervi a chi gestisce la giostra popolata da cittadini che girano in tondo, sgranocchiando colorati messaggi sempre diversi ma uguali nella sostanza.
Contro contro.
Ma poi: perché è così difficile andare controcorrente? Perché le nostre credenze nascono e si consolidano sempre all’interno di una comunità di persone di cui pensiamo di far parte. Nel suo celebre esperimento del 1951, Solomon Asch dimostrò che il 75% dei partecipanti si mostrò disposto a dare una risposta sbagliata, simile a quella data da tutti gli altri membri del gruppo, pur di conformarsi alle credenze e scelte della maggioranza, anche contro ogni evidenza (del tipo, essere disposti a chiamare bianco ciò che è nero). La cosa non stupisce. Andare contro l’opinione del gruppo produce emozioni negative che spesso vogliamo evitare, anche a costo di cadere in un profondo auto-inganno, che porta al conformismo: il contrario del contrarian.
FMT NEXT THINK TANK: CONTRO IL FUTURO NOTO
L’evento The Contrarians è una prima declinazione un po’ provocatoria sul vasto tema dell’unknowledge economy (l’economia della non conoscenza), che rappresenta la pista di ricerca e il futuro paper del neonato thinktank di Cfmt. Quindi, una sorta di assaggio dello scenario in lavorazione, con un focus molto preciso che tocca uno dei temi caldi o, meglio, nervo scoperto dell’unknowledge economy: non sapere guardare oltre la narrazione degli scenari mainstream. Per questo motivo, Fmt dedica il summit a coloro che mettono in dubbio previsioni apparentemente affidabili. Giusto così, perché i contrarians sono importanti, soprattutto nella ricer ca dei veri trend. Restate connessi, anche oltre l’evento di dicembre. Siamo in viaggio per voi. Un viaggio che scava in profondità per trovare tutta la conoscenza andata perduta e ora camuffata da bieco storytelling. Un viaggio che scava in ogni ambito e settore per cogliere le trappole cognitive e trovare gli anticorpi. Un viaggio per mettere nero su bianco quello che abbiamo trovato.
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CONTRARIAN LEADERSHIP: RIBELLI CON CAUSA
Intendiamoci. Il manager contrarian non va semplicemente controcorrente. Va altrove. Vede altro e fa altro rispetto agli altri. Sfida lo status quo. Mette in discussione ciò che gli altri danno per scontato. Scardina gli attuali modelli di business. Sfugge alle tendenze e alle condizioni comuni. Sta alla larga dai soliti libri di management e case study che tutti seguono. Si ribella a ogni conformismo. Detta così, sembrerebbe che “contrarian” sia solo un sinonimo per “disruptive”, per “think different and out of the box”. Innovativo, insomma. Ma non è così. Qui domina il pensiero critico e la libertà di pensiero, l’analisi feroce e il disincanto, l’assenza di ideologie e prese di posizioni, nessun credo e nessuna verità. Roba tosta. Per vedere le cose come stanno e come vanno veramente. Soprattutto, si tratta di navigare contro il mainstream e rendere le opinioni contrarie così pervasive da diventare la nuova normalità in azienda. In fondo, per decidere consapevolmente e innovare sul serio, senza cascare nelle trappole delle mode, bisogna fare così. Poi, nei ritagli di tempo, il manager contrarian può anche cimentarsi nel trading contrarian – quell’investire in modo opposto alla tendenza prevalente del mercato, insomma, essere ottimisti quando gli altri sono pessimisti e viceversa – ma questo è tutto un altro paio di maniche. Forse.