Al via i Time Out della Comunicazione

L'incontro inaugurale della serie organizzata dall’area Comunicatori di Manageritalia Executive Professional ha approfondito i due casi emblematici Ferragni e Boccia-Sangiuliano come spunto per errori e fattori vincenti per la professione del comunicatore
time out della comunicazione

La comunicazione è un elemento strategico determinante per ogni organizzazione e gestirla in modo professionale è fondamentale per raggiungere gli obiettivi prefissati. Manageritalia Executive Professional, tramite l’area Comunicatori, ha lanciato i “Time Out della Comunicazione”, un ciclo di incontri mensili per affrontare i temi chiave di questo settore con l’aiuto di autorevoli esperti.

Il primo incontro, “Crisi e personal branding nell’era della reputazione”, avvenuto online mercoledì 23 ottobre e coordinato dal direttore Marketing di Manageritalia Enrico Pedretti, si è concentrato su due casi emblematici che hanno avuto una grande eco mediatica: quello di Chiara Ferragni e quello Boccia-Sangiuliano, analizzati da Stefano Chiarazzo, fondatore e managing director di Pubblico Delirio, docente di reputazione digitale in diversi Master nell’area Marketing e Comunicazione, nonché titolare dell’insegnamento in Content Strategy & Digital Storytelling presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi, e Daniele Chieffi, giornalista, saggista e docente universitario, fondatore dell’agenzia di comunicazione strategica Bi Wise, ex direttore della Comunicazione e PR del Dipartimento per l’Innovazione e la Digitalizzazione della Presidenza del Consiglio.

La necessità di una strategia solida

Mai come oggi comunicare in modo strategico è vitale per aziende, organizzazioni pubbliche e individui. In questo scenario emergono sfide nuove e complesse. Per Rita Palumbo, coordinatrice dell’area Comunicatori di Manageritalia Executive Professional, è cruciale diffondere una cultura della comunicazione in tutta la business community. «Siamo entrati in un’epoca in cui l’etica conta più che mai», afferma Palumbo. «Non è solo una questione di tecniche, ma di aderenza a principi deontologici e di correttezza. La nostra professione non può essere svolta in maniera automatica; richiede un approccio complesso che include competenze tecniche, un modello comportamentale adeguato e una profonda comprensione del processo comunicativo».

Questa attenzione alla strategia è ciò che ha spinto l’associazione a creare un vertical dei Comunicatori all’interno di Manageritalia, una “casa dei professionisti della comunicazione” dove fare networking, condividere best practice, cogliere nuove opportunità e rispondere ai bisogni emergenti.

Il caso Boccia-Sangiuliano: una trappola mediatica per le istituzioni

La gestione della crisi comunicativa è stata un elemento centrale del dibattito, e il caso Boccia-Sangiuliano è emblematico di come la comunicazione istituzionale possa essere messa a dura prova. Stefano Chiarazzo ha spiegato come questo caso abbia messo in luce la vulnerabilità delle istituzioni di fronte a strategie comunicative non convenzionali.

Utilizzando elementi come la divulgazione di informazioni personali e il controllo del ritmo di diffusione dei contenuti sui social, Boccia è riuscita a catturare l’attenzione e a creare un caso mediatico. «Il caso Boccia-Sangiuliano dimostra che le istituzioni non sono sempre pronte a reagire in modo adeguato», spiega Chiarazzo. «Quando l’opinione pubblica viene influenzata da un flusso di informazioni manipolato, anche le strutture comunicative più consolidate rischiano di perdere il controllo».

Daniele Chieffi ha sottolineato un aspetto particolarmente problematico legato all’etica: «Maria Rosaria Boccia non è una giornalista d’inchiesta né un whistleblower; ha utilizzato una serie di tecniche per mettere in difficoltà il sistema per scopi personali. Questo rappresenta una grave lacuna etica». La manipolazione mediatica è stata tale da portare il ministero stesso a smentire pubblicamente un post sui social, una mossa che secondo Chieffi «ha evidenziato una mancanza di cultura della comunicazione».

Il caso Ferragni: una reputazione incrinata

Il caso di Chiara Ferragni ha mostrato un altro aspetto delle crisi comunicative, ovvero il rischio di perdere la fiducia del proprio pubblico. Dopo un’infrazione per concorrenza sleale notificata dall’Antitrust, Ferragni ha avuto cinque mesi per preparare una risposta. Tuttavia, il 14 dicembre 2023, la gestione della crisi si è rivelata inadeguata, suscitando la reazione negativa dei suoi follower, tra cui molti appartenenti al “nocciolo duro” della sua fanbase.

Chiarazzo ha ricordato come Ferragni sia un esempio di “self-made woman” che ha costruito un impero e si è posizionata come modello valoriale, fino a quando la gestione della crisi ha incrinato la fiducia dei follower. «Quello che emerge in questo caso è una lezione di “purpose tradito”: la coerenza tra valori e azioni è fondamentale, e quando viene meno, il danno reputazionale è irreparabile».

Secondo Daniele Chieffi, questa crisi ha mostrato come oggi i social media e i media tradizionali siano interconnessi. «Se un personaggio pubblico vuole raggiungere sia la sua community sui social sia i brand partner attraverso i media tradizionali, deve strutturare una strategia transmediale per parlare in modo efficace ai diversi pubblici». E aggiunge: «È necessario capire il ruolo e le caratteristiche di ciascun media, e utilizzare questi strumenti per gestire ogni segmento di pubblico in modo specifico».

La sfida dei nuovi e vecchi media

Uno degli aspetti più discussi dell’incontro è stata la “fusione” tra nuovi e vecchi media e la necessità di utilizzare una varietà di piattaforme per comunicare in modo strategico. Oggi non si può più pensare ai media come a entità separate: anche una piattaforma di messaggistica come WhatsApp o la semplice voce diventano strumenti comunicativi potenti, come ha sottolineato Chiarazzo. «Non siamo più in un mondo diviso tra tradizionale e digitale, ma un mondo fatto di piattaforme: ogni media è una piattaforma a sé, con il proprio pubblico e le proprie dinamiche. La sfida è coordinare tutte queste piattaforme per gestire la comunicazione di crisi».

Questo richiede una profonda conoscenza delle caratteristiche e del pubblico di ciascun media: TikTok è diverso da Twitter, e lo stesso vale per ogni altro canale. È una sfida che impone una comprensione sofisticata dei formati e dei luoghi in cui questi contenuti vengono fruiti.

Etica e reputazione: il ruolo centrale della brand advocacy

La brand advocacy, intesa come il coinvolgimento dei dipendenti e dei collaboratori nell’essere ambasciatori del marchio, è un altro tema cruciale. Rita Palumbo ha ricordato come l’etica sia centrale: «Oggi l’etica conta più che mai, perché il pubblico non tollera incongruenze tra ciò che un brand rappresenta e le sue azioni. Costruire e difendere la reputazione di un’azienda significa anche essere pronti a rispondere a potenziali crisi».

Chiarazzo ha spiegato come la brand advocacy si costruisca attraverso una serie di elementi: dal purpose aziendale ai valori condivisi, fino a strutture di compliance e real-time intelligence per anticipare e gestire le crisi. «Le persone, le tecnologie e i processi sono i tre pilastri di questa difesa del brand, che diventa fondamentale per costruire una reputazione solida e duratura.”

Un futuro in cui ogni comunicazione è strategia

I “Time Out della Comunicazione” di Manageritalia rappresentano un momento di riflessione e di formazione per tutti coloro che operano in questo settore. Il primo incontro ha suscitato molte domande e interventi online. In un’epoca in cui la comunicazione è sempre più pervasiva, il ruolo dei professionisti della comunicazione è quello di mantenere saldi i principi etici e di coordinare strumenti sempre più complessi verso uno scopo strategico.

Come ha ricordato Chieffi: «Non possiamo più pensare alla comunicazione come a un’arma per la sola popolarità: ogni messaggio ha una ricaduta che incide sulla percezione pubblica di un’azienda o di una figura pubblica». E, come dimostrano i casi Boccia e Ferragni, questa percezione può essere tanto un alleato quanto un rischio se non viene gestita con attenzione.

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