Valorizziamo le competenze

Dal welfare al people management: a tu per tu con Diego D’Amato, presidente e amministratore delegato di Bureau Veritas Italia

Come procede l’attività di Bureau Veritas in un periodo così caldo e difficile?

«Già dal mese di giugno stiamo registrando segnali positivi di ripresa. In un contesto Paese ancora in difficoltà, siamo più che mai chiamati a portare il nostro contributo in termini di diffusione della cultura e delle best practice di sicurezza».  


Avete appena ricevuto un premio per il vostro welfare. Cos’è per Bureau Veritas il welfare e quale scopo e ruolo ha nella vostra strategia e politica di people management? 
«Il premio per il Welfare 2020, ricevuto a fine settembre dalle mani del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ci onora e ci conforta sul fatto che le nostre scelte siano apprezzate come un modo sano di fare impresa. Bureau Veritas ha saputo cogliere e soddisfare le principali attese dei lavoratori, basate su orario flessibile, disponibilità di ore per visite mediche per sé e per i familiari o congiunti, gestione attenta alle esigenze delle neomamme e dei neopapà in termini di permessi, part-time, modalità di lavoro e un premio di risultato annuale che, grazie alla piattaforma welfare, i dipendenti possono utilizzare per svariati fini, come pagare la retta della scuola dei figli, la palestra o l’abbonamento ai mezzi di trasporto». 

Quali i valori e i punti cardine?

«Nell’analisi di materialità che abbiamo condotto a fine 2019, è emerso chiaramente che la “Buona occupazione” è l’obiettivo su cui si concentrano le maggiori attese degli stakeholder, condivise dal management Bureau Veritas. Per noi è fondamentale mettere in pratica i valori della buona occupazione: un segno di tangibile coerenza tra l’operato dell’azienda – leader nel settore testing, ispezione e certificazione – e i suoi ambiti di business, tra cui spicca la responsabilità sociale. Sono infatti le nostre azioni a renderci credibili quando parliamo ai clienti di tutela dei lavoratori, pari opportunità, salute e sicurezza». 

Quali risultati tangibili registrate?

«Negli ultimi 10-15 anni, molti vecchi tabù sono caduti: ho visto neomamme acquisire ruoli manageriali di spicco, numerosi padri beneficiare dei congedi parentali, ultracinquantenni accedere ai programmi di sviluppo, un tempo appannaggio dei più giovani. L’executive committe di Bureau Veritas Italia oggi è costituito da sette persone, di cui quattro uomini e tre donne. Naturalmente possiamo fare ancora di più, ed è anche per questo, per dare maggiore concretezza al nostro impegno, che abbiamo conseguito la certificazione Geeis – Gender equality european & international standard, che valorizza il miglioramento continuo sul fronte delle pari opportunità. Insomma, siamo onorati dei premi ricevuti, ma abbiamo ancora numerosi traguardi davanti a noi». 

Qual è il ruolo del management in Bureau Veritas?

«Offrire “Buona occupazione”: questo presuppone la consapevolezza che l’impresa oggi è un luogo in cui uomini e donne continuano la propria crescita, umana e professionale. Se in passato la formazione di una persona era fondamentalmente concentrata negli anni scolastici, oggi le barriere sono cadute e a pieno titolo si parla di lifelong learning: in questo contesto, il luogo di lavoro è occasione di apprendimento continuo, non solo di conoscenze e knowhow tecnici, ma anche di competenze relazionali. Il management è particolarmente attento a queste dinamiche». 

Che tipo di organizzazione del lavoro avete?

«Siamo un’organizzazione dinamica e fortemente meritocratica. Soprattutto le nuove generazioni hanno aspettative ambiziose: entrando in un’azienda cercano un’affinità di scopo, una sintonia di valori, una gratificazione che deriva dal prestare la propria intelligenza e le proprie energie per una finalità positiva, che non sia solo il segno “+” in un bilancio. In Bureau Veritas la finalità positiva è insita nella nostra missione: testimoniare la verità attraverso le nostre attività di ispezione, certificazione, test».  

L’esperienza del Covid vi ha insegnato qualcosa in più e quali le opportunità da cogliere?

«La nostra migliore arma è la consapevolezza. Sappiamo quali comportamenti adottare, abbiamo i dispositivi di protezione, robuste procedure di sicurezza. In relazione al Covid-19, Bureau Veritas ha puntato su una soluzione – denominata Safe guard – che viene applicata al proprio interno e proposta come modello di riferimento certificabile alle aziende clienti». 

Per chi certifica le competenze come business, quanto sono importanti quelle del vostro personale e come le mantenete aggiornate e le allenate?

«Mai come oggi, in un periodo di ripartenza come quello che stiamo vivendo, è necessario puntare sulle competenze e sulla loro certificazione solida e puntualmente verificata, al fine di dare valore e potersi affidare a professionisti in grado di assicurare elevati standard di qualità. Dal 2016, Bureau Veritas Italia ha acquisito Cepas, società preposta alla certificazione del personale secondo la norma Uni Cei En Iso/Iec 17024:2012. La nostra proposta di certificazione di competenze è intesa e strutturata nell’ottica di aggiornamento e miglioramento continui. Anche quando ci muoviamo in ambiti volontari, l’attività condotta da Cepas per l’intero network di professionisti è sempre basata su un’attività puntuale di sorveglianza annuale e di rinnovo ogni tre, quattro o cinque anni (a seconda dello specifico schema di riferimento)».  

Guardando avanti, a livello di sviluppo e manutenzione delle competenze, cosa intravede per le aziende in generale?

«Guardando al futuro, vanno rilanciati i temi dell’organizzazione e dell’innovazione in sicurezza attraverso manager dedicati e dotati di competenze certificate. A questo proposito, ritengo sia necessario pensare oggi più che mai alle “professioni del futuro”, che tengano conto di aspetti importanti rafforzati dalla pandemia: mi riferisco ai temi della trasformazione digitale e ai nuovi bonus e incentivi attesi dal Recovery fund. Ad esempio, come non pensare a categorie quali gli Innovation manager (traghettatori del cambiamento in azienda) o gli installatori di cappotti termici (tra i fautori delle nostre migliori edilizie) o, ancora, ai professionisti in ambito Csr».  

Qual è il ruolo della certificazione delle competenze per le aziende e per il sistema Paese in generale?

«La certificazione di competenze rappresenta il valore aggiunto di cui il Sistema Paese necessita per dare evidenza delle proprie capacità di resilienza, innovazione e progresso. Da parte delle aziende, fornire al proprio personale competenze specifiche è funzionale all’attuazione di protocolli, procedure, servizi, che siano implementati e attuati con efficacia. Pragmaticamente, si pensi poi a quanto i bandi di gara facciano sempre più riferimento alle competenze certificate da un ente di terza parte indipendente. Per uscire dalla propria autoreferenzialità, in primis, e per garantire al mercato non solo il “saper fare”, ma il “saper fare bene”. Quest’ultimo è un principio intrinseco del made in Italy, che oggi merita ancora più enfasi e rispetto e ci tange tutti, ciascuno per il proprio ruolo e nello specifico contesto professionale».  


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