Il neuromarketing è una disciplina che fonde marketing tradizionale, neurologia e fisiologia, psicologia e scienze comportamentali e si prefigge di indagare sempre più a fondo ciò che accade nel cervello delle persone in risposta ad alcuni stimoli sensoriali cognitivi e ambientali, con l’obiettivo di indagare i processi cerebrali alla base delle decisioni umane, in particolare quelle di acquisto. L’interessamento del sistema nervoso centrale, e in particolar modo delle zone cerebrali attive durante l’esecuzione del processo decisionale, sono all’origine della composizione del nome, coniato nel 2002 dal ricercatore olandese Ale Smidts.
La teoria dei tre cervelli: rettiliano, limbico e neocorteccia
Gli studi e le scoperte delle neuroscienze hanno messo in luce come il nostro cervello sia composto di tre parti che si sono sviluppate nel lungo corso dell’evoluzione umana: il cervello rettiliano, quello più antico, la cui funzione è di assicurare la sopravvivenza, quello limbico, sede delle emozioni, della memoria e dei primi rudimenti di apprendimento, e la parte più recente, la neocorteccia, responsabile dei processi razionali, della logica, del calcolo e del pensiero astratto. Il ruolo e la velocità di funzionamento delle diverse parti del nostro cervello sono alla base dei processi decisionali: l’attività delle prime due strutture è molto più rapida di quella della neocorteccia e questo è il motivo per cui le emozioni e i meccanismi cerebrali non consci hanno un ruolo centrale nel modo in cui arriviamo a prendere una decisione. Questa è stata di fatto una vera e propria rivoluzione, efficacemente riassunta nella famosa citazione di Antonio Damasio, autorevole neuroscienziato portoghese: “We are not thinking machines that feel, we are feeling machines that think”.
Strumenti per misurare la risposta inconscia del cervello
Va da sé che anche nell’ambito del marketing e della comunicazione il nuovo punto di vista ha delle implicazioni molto interessanti. Nel campo della ricerca sono a disposizione molte metodologie che utilizzano strumenti sempre più leggeri e poco invasivi. Dalla risonanza magnetica funzionale al rilevamento del battito cardiaco e dalla skin conductance all’eye tracking possiamo ricavare informazioni e misurare l’attenzione, il coinvolgimento emotivo, il carico cognitivo e seguire il percorso visivo e le fissazioni dello sguardo. Questi dati forniscono un valido aiuto a chi si occupa di marketing e comunicazione per capire sempre meglio la fruizione delle persone di elementi di comunicazione (spot, pagine stampa, siti web ecc.), di elementi costitutivi del prodotto (logo, packaging, sapore, profumo, forma e colori che lo caratterizzano) fino ad arrivare ai comportamenti sul punto di vendita, di fronte allo scaffale. Possiamo anche misurare l’efficacia di un disco di vendita e indagare quanto i valori di una marca siano effettivamente condivisi e quindi efficacemente comunicati dal personale di vendita. In questo caso si usa l’Implicit association test (Iat), che appunto riesce a misurare le associazioni mentali suscitate da una marca, non solo quelle di cui siamo razionalmente consci – che possono essere rilevate da un test tradizionale – ma anche quelle non consce.
Neuromarketing e aziende
Il neuromarketing è una disciplina relativamente recente, sono però già molte le aziende che la stanno applicando in tutto il mondo in diversi campi con positivi effetti sul business: Coca Cola, Unilever, Estée Lauder, Adidas, Canadian Post tra le tante. In Italia il processo è più lento, ma anche da noi marchi importanti ne stanno facendo uso. Già da anni se ne sta occupando Tim, ad esempio per il rebranding e per la nuova campagna tv attualmente in onda. Bosch l’ha applicata per uno studio pilota sul comportamento dei consumatori sul punto vendita e recentemente per migliorare la formazione della propria forza vendita sui valori di marca. Angelini per l’analisi di uno spot da cui sono emersi importanti stimoli utilizzati poi per un’efficace declinazione del concetto sui materiali Pop.