Affrontare un cambiamento nella propria carriera può essere complesso. Ecco perché avvalersi di un consulente esperto è senz’altro utile per sviluppare un approccio strategico e metodico. È importante ricordare che, in un mercato del lavoro in continuo mutamento, la carriera è sempre più un susseguirsi di transizioni e nuove opportunità. Una pianificazione chiara è determinante per evitare perdite di tempo e cogliere nuove opportunità. Dobbiamo riconoscere innanzitutto che le dinamiche che influenzano la ricollocazione e la crescita professionale dei manager in transizione sono profondamente mutate e richiedono una consapevolezza maggiore.
Sulla base di queste premesse si svilupperà un nuovo appuntamento del ciclo Friday’s Manager, venerdì 21 marzo, dalle 12 alle 13, organizzato da XLabor, la divisione del mercato del lavoro di Manageritalia, intitolato Carriere e crescita professionale – Come i manager in transizione possono costruire il proprio futuro.
L’ospite-speaker sarà Roberta Bullo, direttore generale di Uomo e Impresa – Outplacement e consulenza di carriera.
In attesa dell’appuntamento, le abbiamo posto alcune domande.
In un’epoca nella quale siamo tutti autodidatti e la tecnologia ci fornisce tutte le risposte, che cosa pensi dello sviluppo del servizio di consulenza di carriera? Che evoluzioni avrà?
«Il servizio di consulenza di carriera si sta evolvendo in modo significativo per adattarsi in un contesto in cui le informazioni sono accessibili a tutti, ma saperle usare in modo strategico è un’altra cosa. Il futuro della consulenza di carriera non sarà quello di fornire risposte che si possono trovare online, ma di affiancare le persone nel cercare le informazioni corrette e nel definire il proprio progetto professionale. La tecnologia aiuterà, ma la differenza la farà sempre il valore umano.
La consulenza di carriera diventerà sempre di più un percorso personalizzato, il vero valore del consulente di carriera sarà la capacità di integrare gli strumenti avanzati presenti nel mercato come le Ats, l’IA per la scrittura del cv e le piattaforme di networking. Le persone andranno guidate per filtrare le informazioni e capire come usarle e supportate nel mantenere il focus sulla motivazione, cosa che la tecnologia non sa garantire. Infine, le persone andranno aiutate a fare scelte consapevoli».
Cosa fare in caso di uscita dall’azienda per gestire la transizione professionale?
«Farsi aiutare in caso di uscita dall’azienda, utilizzando le politiche attive del Contratto dirigenti o, comunque, l’outplacement per chi non ha questo contratto, rappresenta un investimento strategico per il proprio futuro professionale e può offrire vantaggi concreti sia a livello di tempistiche di ricollocazione sia di qualità delle opportunità.
Il servizio di outplacement (Otp), contemplato anche nelle opzioni delle politiche attive del ccnl dirigenti terziario, è un percorso che permette di definire un progetto professionale per un posizionamento chiaro e mirato, fornisce accesso a opportunità in linea con il proprio profilo professionale, accelerando cosi il rientro nel mercato del lavoro. Le statistiche dimostrano che chi utilizza un servizio di outplacement si ricolloca più rapidamente e con migliori condizioni economiche rispetto a chi affronta il cambiamento da solo.
Chiedere l’outplacement in fase di uscita non è solo una tutela, ma una leva strategica per la carriera. Permette di affrontare la transizione con metodo, riducendo i tempi di inattività e aumentando le possibilità di trovare un ruolo allineato alle proprie ambizioni e competenze».
Molti dicono ancora “l’Otp non ha funzionato”, perché accade? E come è possibile fare chiarezza sulle aspettative reciproche, per favorire lo sviluppo della cultura dell’orientamento al lavoro?
«La percezione che “l’outplacement non ha funzionato” nasce spesso da aspettative non allineate tra il professionista e la società che offre il servizio. Le persone spesso si aspettano che l’Otp sia un servizio dove il consulente di carriera propone quotidianamente offerte di lavoro. In realtà, l’outplacement fornisce strumenti e strategie per migliorare il posizionamento del candidato, ma il protagonista nel processo deve essere sempre la persona. L’outplacement funziona se le aspettative sono chiare e se il candidato lo affronta con un atteggiamento proattivo e strategico.
Per sviluppare una cultura dell’orientamento al lavoro, serve responsabilità condivisa tra chi offre il servizio, chi lo riceve e le aziende che lo propongono. Solo così si potrà trasformare la transizione professionale in un’opportunità di crescita e non in un’esperienza frustrante».
Mediamente, quanto dura un percorso individuale, e che tipo di impegno personale richiede?
«Il percorso di Otp mediamente è un servizio di 12 mesi che garantisce un supporto continuo e strutturato nella transizione professionale. Tuttavia, le statistiche dimostrano che il primo avvio al lavoro avviene in media entro 3-4 mesi. La persona deve impegnarsi attivamente nel fare le attività a fianco del consulente di carriera che lo accompagna, il percorso di Otp è un percorso strutturato che richiede un coinvolgimento costante da parte del candidato. L’efficacia del percorso dipende molto dalla disponibilità del candidato di mettersi in gioco, adattarsi al mercato e sfruttare al massimo le risorse offerte».
Che differenza sussiste tra l’attività di una società di intermediazione/ricerca di personale qualificato (HH) e la società che offre il servizio di supporto alla ricollocazione professionale?
«Le società di ricerca di personale qualificato e quelle di outplacement operano tutte nel mondo del lavoro, ma con finalità molto diverse. Le società di selezione lavorano per conto delle aziende alla ricerca di profili di alto livello, manager o specialisti difficili da trovare. Il loro compito non è solo selezionare candidati, ma anche identificarli attivamente, contattarli e convincerli a valutare nuove opportunità, anche se non stanno cercando lavoro.
Le società di outplacement, infine, hanno un approccio completamente diverso: il loro obiettivo è supportare i professionisti che stanno affrontando una transizione lavorativa, aiutandoli a ricollocarsi nel mercato. Offrono servizi di consulenza di carriera, revisione del cv, personal branding, coaching e strategie di networking, lavorando a stretto contatto con il candidato per facilitarne il reinserimento professionale».
Incontriamo soprattutto manager meno giovani, la stessa età media degli associati dirigenti e quadri Manageritalia è 51,2 . Com’è cambiato il ruolo del manager cinquantenne oggi nel mercato del lavoro? E come viene percepito dalle organizzazioni?
«Oggi, il ruolo del manager cinquantenne nel mercato del lavoro è profondamente cambiato. Un tempo, questa fascia d’età rappresentava il cuore della leadership aziendale, con stabilità e prospettive di crescita lineari. Oggi, invece, il contesto è più dinamico e complesso, i manager over 50 devono ripensare il proprio posizionamento per restare competitivi. Il manager cinquantenne deve dimostrare flessibilità, capacità di apprendimento continuo e spirito imprenditoriale.
È chiamato a rinnovare costantemente competenze e mindset per stare al passo con digitalizzazione, nuove metodologie di leadership e cambiamenti nei modelli di business. Molte aziende oggi riconoscono il valore di un manager over 50 per competenze consolidate, capacità di problem solving e leadership maturata sul campo, inoltre viene spesso visto come asset strategico per esperienza e visione e, spesso, è anche considerato un “ponte” tra le generazioni, in grado di trasferire competenze ai più giovani.
È fondamentale però che il manager in transizione dimostri la propria unicità professionale, mostrando come la sua esperienza possa tradursi in un valore concreto per le aziende»..
CARRIERE E CRESCITA PROFESSIONALE – Come i manager in transizione possono costruire il proprio futuro
Friday’s Manager, venerdì 21 marzo 12-13.
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