Formazione per competere

CFMT e SDA Bocconi hanno ribadito nell’incontro del 19 settembre a Milano come la formazione dei manager sia un determinante volano per la competitività delle aziende e del sistema

Se la formazione è indispensabile al Paese e alle imprese per crescere, quella fatta dai manager, i dirigenti che guidano le aziende, lo è ancor più perché ha effetti benefici e moltiplicativi su tutta l’azienda, lavoratori in primis, per competere. Se ne è parlato oggi nell’aula magna dell’Università Bocconi a Milano, celebrando vent’anni di collaborazione tra SDA Bocconi e Centro Formazione Management del Terziario. Il Centro di Formazione per manager e aziende del terziario creato 20 anni fa con lungimiranza da Manageritalia e Confcommercio all’interno del Contratto collettivo nazionale di lavoro dei dirigenti.

“Dalle nostre indagini – ha detto Pietro Luigi Giacomon, presidente CFMT – emerge con  forza che la formazione è per il manager una leva importante per la sua crescita, ma anche, praticandola e apprezzandola, un modo per spingerlo a utilizzarla in azienda, a vantaggio di tutti i lavoratori e dei suoi collaboratori, quale strumento per crescere e innovare. Di fatto un must perché l’azienda possa stare sul mercato e competere efficacemente. Per questo il percorso Starting, creato da CFMT e SDA Bocconi per i nuovi dirigenti, è un acceleratore e incubatore di competitività”.

“SDA Bocconi e CFMT, stimolate da Confcommercio e Manageritalia, in questi vent’anni – ha detto Bruno Busacca, dean SDA Bocconi – hanno accompagnato e rafforzato la crescita del ruolo del terziario nell’economia italiana. Un percorso che ci ha visti dialogare con tanti validi dirigenti, per crescere insieme, ma ancor più per sviluppare nelle loro aziende modelli manageriali e competenze oggi indispensabili per gestire proattivamente i sempre più rapidi cambiamenti in atto. Un percorso da continuare a sviluppare per mettere le ali ai manager e alle aziende del terziario oggi determinati per la competitività del nostro sistema economico”.

“In Italia dobbiamo – ha detto Francesco Rivolta, direttore generale Confcommercio – ripensare e rivalutare il ruolo decisivo che servizi e terziario hanno oggi per il futuro dell’economia italiana. Questo deve diventare una linea guida delle politiche economiche. Questo vogliamo supportare, anche con una formazione sempre più moderna e innovativa quale quella del nostro CFMT. Per accompagnare i necessari cambiamenti strategici e organizzativi che i cambiamenti non solo tecnologici impongono e manager e imprenditori devono cavalcare”.

“L’importanza del management e della sua sinergia con l’imprenditore – ha detto Guido Carella, presidente Manageritalia – è nei fatti e nelle condizioni alla base delle troppo poche nostre aziende oggi vincenti sui mercati globali. In questo la formazione ha un ruolo determinante per dotare chi guida e governa le aziende dei giusti strumenti. Questo quello che abbiamo fatto e vogliamo continuare a fare con il nostro Centro di formazione, ma ancor più con un dialogo tra noi e Confcommercio che ci vede lavorare insieme perché contrattazione e bilateralità siano un lavoro quotidiano a favore non solo delle aziende e dei lavoratori, ma anche di tutto il Paese”.
Quindi, come è emerso con forza dall’incontro, la formazione è determinante per il rinnovamento delle professionalità manageriali e di conseguenza per la competitività delle aziende.

Questo emerge anche dall’indagine CFMT CFI su quasi 400 dirigenti che hanno frequentato corsi al CFMT, partendo dal minimaster di avvio alla dirigenza denominato Starting. Gli intervistati dichiarano, in effetti, che la frequenza al corso Starting li ha spinti ad incrementare la loro partecipazione ad ulteriori attività formative (54%), e ad ampliare il ventaglio delle modalità con cui aggiornarsi (34%), incoraggiando sia l’azienda che i propri collaboratori ad investire in questo campo. Del resto, la formazione manageriale serve ad alimentare una mobilità di carriera e di competenze che, anche in Italia, ha il suo peso: il 54% degli intervistati ha in effetti cambiato funzione (54%), dopo la nomina a dirigente, talvolta anche passando ad un livello gerarchico più elevato (18%). Mentre il 34% – uno su tre – ha cambiato azienda.

Tra le competenze di cui più si sente il bisogno per il futuro (per i prossimi 3 anni) viene infatti richiamata la capacità di gestire conflitti (33%), in forte crescita rispetto a quanto questo aspetto è stato valutato nei tre anni precedenti. In effetti, le aziende oggi razionalizzano, lavorando molto sui costi, cosicché l’orizzonte strategico adottato dai manager e richiesto dalle aziende stesse si è accorciato: la visione strategica, ricordata come importante dal 63% degli intervistati con riferimento agli ultimi 3 anni, viene indicata solo dal 31% come competenza chiave del prossimo futuro.
Sono le competenze digitali – assai più di quelle di visione strategica – che ci danno la cifra del cambiamento in corso, passando – nel confronto tra passato e futuro – dall’11% al 24%.
Le aziende, del resto, stanno ormai spingendo sul cambiamento, anche se quasi la metà degli intervistati (il 43%) le vede concentrate sulla razionalizzazione dell’esistente. Ma – proseguendo nel dualismo di prospettiva di cui abbiamo parlato – anche in Italia sono ormai molte le aziende impegnate nella digitalizzazione (34%) o in innovazioni radicali dei prodotti e servizi (33%). E’ vero che la rilevanza attribuita all’internazionalizzazione, alle partnership e alle acquisizioni resta minore di quanto potrebbe/dovrebbe essere (solo un quarto circa del campione le ricorda come fattori determinanti sul piano strategico). Ma digitalizzazione e innovazioni radicali non possono col tempo che mettere in movimento anche questi aspetti, per adesso rimasti sotto tono.

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