Telemedicina: gli ostacoli da superare

Oltre il 50% delle strutture ambulatoriali private in Italia non adotta la telemedicina. Il dato emerge dai risultati della prima survey nazionale sulla telemedicina, presentati dall’Osservatorio Salute Benessere e Resilienza della Fondazione Bruno Visentini, insieme con l’Istituto superiore di sanità e il fondo sanitario integrativo Fasdac

È un quadro a tinte forti
quello che emerge dai risultati della prima survey nazionale sulla telemedicina in ambito ambulatoriale
privato, presentati il 12 ottobre
scorso in Luiss dall’Osservatorio
Salute Benessere e Resilienza della Fondazione Bruno Visentini,
insieme con l’Istituto superiore di
sanità e il fondo sanitario integrativo Fasdac.
Un quadro a tratti inaspettato che
descrive un fenomeno ancora ai
suoi primordi e con importanti
ostacoli ancora da superare, soprattutto sul fronte della fiducia
verso la telemedicina da parte di operatori e pazienti e la necessità
di una maggiore chiarezza organizzativa e normativa da parte
delle strutture sanitarie.
«Lo sviluppo della telemedicina è
un tema di fondamentale importanza per l’evoluzione del nostro
sistema sanitario nazionale, anche
alla luce degli obiettivi previsti
dalla missione 6 del Pnrr», ha
aperto così i lavori la senatrice
Ylenia Zambito, segretario della
X Commissione permanente del
Senato. «In questo senso, è davvero importante poter disporre di
dati, come quelli raccolti e studiati dall’Osservatorio Salute della
Fondazione Bruno Visentini, che aiutino a far luce sul fenomeno e a
rendere l’intervento pubblico più consapevole».


«La sanità italiana – nelle parole dell’onorevole Simona Loizzo, presidente dell’Intergruppo parlamentare Sanità digitale e terapie digitali – vive in questi ultimi anni un periodo in cui si intrecciano grandi difficoltà, epocali opportunità, antichi limiti e criticità di sistema. Le tecnologie digitali sono certamente tra le opportunità per migliorare le cure e ottimizzare le risorse. Questa ricerca mostra gli aspetti da colmare e la misura delle sfide che abbiamo di fronte anche a livello legislativo».
L’indagine, che per la prima volta in assoluto ha sondato il rapporto tra gli operatori privati e la telemedicina, è stata condotta su oltre 300 strutture sanitarie private e private convenzionate Ssn distribuite sul territorio nazionale e ha fatto emergere alcuni dati spesso allarmanti e a volte inaspettati.
«Siamo molto soddisfatti di aver condotto un’indagine così pionieristica – ha affermato Duilio Carusi, coordinatore dell’Osservatorio e professore aggiunto presso Luiss Business School – che per prima fa luce sullo stato dell’arte della telemedicina, a cominciare dal comparto sanitario privato. Questi risultati sono stati raggiunti grazie alla sinergia pubblico-privato attivata dall’Osservatorio che ha potuto contare sulla supervisione scientifica dell’Istituto superiore di sanità e il supporto del fondo
sanitario integrativo Fasdac».
Prospettive di sviluppo della telemedicina: le intenzioni del comparto privato
Il primo dato da considerare, che sintetizza la previsione di sviluppo della telemedicina nel comparto privato, è che il 58% delle strutture ha dichiarato di non fare telemedicina e di non essere interessato a offrire questo servizio nel prossimo futuro, a fronte di un 13% che ha invece dichiarato di farla e di voler continuare a sviluppare la propria offerta.
Ostacoli allo sviluppo della telemedicina: le sfide da superare non sono tutte uguali
Indagando le principali cause identificate come ostacoli allo sviluppo della telemedicina emergono: la complessità organizzativa, dichiarata nel 24% dei casi, la scarsa propensione o collaborazione del personale sanitario, dichiarata nel 15%, seguiti dall’onerosità in termini economici al 9%. Se guardiamo alle sole strutture di grandi dimensioni che erogano più di 50.000 prestazioni ambulatoriali all’anno, l’“onerosità in termini economici” diventa il problema più rilevante a parimerito con la “complessità nell’applicazione della normativa Gdpr”, che si attestano entrambe a quota 17%.
«Questa ricerca è molto importante sotto diversi profili», ha sottolineato Francesco Gabbrielli, direttore del Cnt-Iss. «Per la prima volta studiamo la telemedicina nella sanità privata. Iniziamo a conoscere il livello di maturità tecnica e organizzativa nella realizzazione di servizi privati. Esploriamo con metodo la propensione e la fiducia dei professionisti privati nell’attuazione della telemedicina condotta nel rispetto delle norme nazionali. Tutte conoscenze che dovremo sviluppare per poter promuovere il cambiamento in maniera condivisa».
Fiducia verso la telemedicina: un elemento fondamentale per un cambiamento condiviso
Sul fronte della fiducia riposta verso la telemedicina da parte degli operatori, si evidenzia un livello complessivamente “alto” o “medio-alto” che si attesta attorno al 40% nel caso delle direzioni generali e direzioni sanitarie, ma che crolla al 27% per chi è “sul campo”, ovvero medici e professioni sanitarie. Rimanendo sul tema della fiducia, le strutture hanno dichiarato di aver riscontrato nei propri pazienti “scarsa fiducia verso la telemedicina” (27% dei casi), rinforzato dal problema della “scarsa familiarità con le tecnologie informatiche” che le strutture hanno riscontrato nei propri pazienti (23%).
«Il Fasdac ha da subito approcciato il progetto con spirito di servizio nel mettere a disposizione dell’indagine la propria rete di strutture», ha dichiarato Bernardino Petrucci, vicepresidente del Fasdac. «I dati emersi vanno a beneficio di tutti gli attori, privati e pubblici, coinvolti nello sviluppo di questa nuova modalità di avvicinamento dei cittadini al bene salute».
Questi sono solo alcuni dei numerosi dati emersi dall’indagine dell’Osservatorio, che risultano essere nuovi e importanti anche in vista delle azioni da intraprendere a livello nazionale per facilitare il cambiamento e garantire la piena realizzazione degli obiettivi previsti dalla missione 6 del Pnrr.



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