Quando Antonio Canova vide per la prima volta il Cristo Velato nella Cappella Sansevero a Napoli esclamò che avrebbe dato volentieri dieci anni della sua vita pur di esserne egli stesso l’autore. E invece la potestà è dello
scultore napoletano Giuseppe Sanmartino.
Nel 1753, Sanmartino aveva 33 anni
e in soli 3 mesi portò a compimento
il capolavoro della vita. Ricevette l’incarico da Raimondo di Sangro, il
principe di Sansevero, chiamato a
Napoli il “principe diabolico” per via
della sua attitudine agli esperimenti
scientifici, dall’ottica all’idraulica ai
giochi pirotecnici (sua è l’invenzione
del primo fuoco d’artificio di colore
verde!).
Adagiato su un materasso marmoreo, il suo Cristo morto, a grandezza
naturale, giace ormai esanime, deposto dalla Croce. Sulle mani e sui piedi
i segni dei chiodi, sul corpo fragile la
traccia, nelle vene in evidenza e nei
muscoli tesi, del tentativo di naturale
resistenza opposta istintivamente
all’inesorabile avvicinarsi della morte.
Sul suo corpo un leggerissimo velo
che non nasconde, ma oscura semplicemente, il corpo sottostante: è
leggerissimo, frastagliato, e crea una
moltitudine di pieghe, secondo il gusto barocco dell’epoca; ma soprattutto contribuisce a evidenziare alcuni particolari, come la narice che
aspira leggermente il velo stesso, mentre la ruga della fronte sembra
ancora palpitante. È come se sotto quel velo non giacesse un corpo privo di vita, ma solo temporaneamente addormentato.
Resurrezione, oppure, con maggiore probabilità, un riferimento al percorso iniziatico degli iscritti alla Massoneria: morire per risorgere nella Conoscenza. E la Conoscenza era davvero privilegio di pochi eletti che potevano metaforicamente sollevare il velo dell’ignoranza e contemplare la Verità.
curiosità, discendente di Carlo Magno e, si diceva, nientemeno che maestro di alchimia di Cagliostro. E proprio l’alchimia divenne la spiegazione più ovvia che gli estimatori del Cristo si diedero di fronte alla meraviglia e allo stupore: cosa, se non un procedimento alchemico di cristallizzazione
così leggero, trasparente e impalpabile il velo?
alchimia e che il velo è scolpito in un unico blocco di marmo insieme al corpo sottostante. L’unica alchimia possibile si chiama talento: la grande magia che da sempre avvolge la statua è spiegabile solo in termini di indescrivibili emozioni.
per impedirgli di scolpire un’opera di eguale bellezza. La realtà invece ci tranquillizza: Sanmartino continuò a scolpire fino a 80 anni… anche se non fu mai più in grado di replicare niente di simile.