Berlino: apre il centro per il rifiuto della carriera

In tedesco si chiama Zentrum für Karriereverweigerung, ovvero Centro per il rifiuto della carriera. Si tratta di un movimento-pensatoio inaugurato a Berlino per raccogliere contributi e offrire opportunità di confronto sulla vita e il lavoro.

In un’epoca in cui il lavoro sembra essere diventato un’ossessione e il centro della propria esistenza (per chi l’ha perso e ne cerca uno, per chi ne è annoiato e lo vorrebbe cambiare, per chi ne è vittima, come i workaholic, fino a chi lo identifica come la principale ragione di vita e passione), l’iniziativa è curiosa, anche solo per il fatto che sia nata in un paese dall’economia forte come la Germania. Il centro dà vita a molti dibattiti su lavoro, uomo e automazione, tempo del lavoro e disoccupazione, reddito di cittadinanza e giovani che non studiano né si impiegano, la condizione di vita reale della nostra società perde pezzi importanti, a partire dalla testa.

Il cosiddetto downshifting ha avuto parecchi sostenitori, anche in Italia, basti pensare a Simone Perotti, ex manager che nel 2009 scrisse il libro “Adesso basta”, vero e proprio manifesto.

Due anni fa, in Germania, l’ex giornalista e addetto stampa dell’SPD, Alix Faßmann, aveva firmato il saggio: Arbeit ist nicht unser Leben: Anleitung zur Karriereverweigerung, “Il lavoro non è la nostra vita: guida al rifiuto della carriera”.

Sembrano essere proprio i manager a mettere in discussione per primi le leggi della produttività, del denaro come sovrano delle scelte, e di uno stile di vita che non garantisce benessere ma ansia e frustrazione.

Il concetto stesso di proprietà con la sharing economy viene criticato: ha ancora senso essere proprietari di una casa, una macchina e avere vincoli nei confronti di un paese e di una città?

Dalla Germania l’invito dunque a cambiare direzione. Chi non elaborerà un modello alternativo sarà condannato a vedere fuggire i migliori. Accanto ad essi tutti coloro che restano ancora legati a una semplice idea: non si può vivere per lavorare, a qualunque costo, per sempre. O almeno, non lo si può fare vivendo così male.

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