La piattaforma di prenotazioni online di hotel Booking.com è uno dei portali più noti delle cosiddette OTA (online travel agencies) e, tra i suoi punti di forza, c’è stato fino ad oggi quello che nel linguaggio tecnico si chiama “parity rate”, ovvero una clausola per la struttura affiliata che impedisce a quest’ultima di offrire una tariffa inferiore rispetto a quella proposta dal sito.
Dopo lunghe polemiche nel corso degli ultimi anni, Federalberghi ha chiesto al Parlamento di abolire la parity rate e grazie all’intervento del deputato pd Tiziano Arlotti, la Camera ha approvato l’emendamento.
La polemica però non si placa ed è uno degli argomenti caldi del TTG di Rimini: il country manager di Booking.com Andrea D’Amico ha rilasciato un’intervista a La Repubblica in cui ricorda gli oltre 7 milioni di prenotazioni straniere portate in Italia grazie proprio agli investimenti fatti con il parity rate.
D’Amico rileva che in cambio di una commissione inferiore rispetto a quella richiesta dai tour operator classici (16,7% contro il 25%, le agenzie tradizionali chiedono il 10% ma senza l’attività di promozione offerta dal sito) Booking.com offre al nostro paese un’enorme platea di potenziali clienti.
Aggiunge D’Amico: “realizziamo testi e foto degli annunci che poi sono tradotti in 42 lingue, abbiamo un servizio attivo 24 ore in modo che gli hotel siano sempre pubblicizzati e in cambio non chiediamo nulla. Come capita quando qualcuno sceglie una sistemazione su Booking, ma poi prenota direttamente con l’albergo”.
Spesso mi chiedo quale sarà il destino delle agenzie tradizionali e se di fatto i grandi portali come Booking.com non abbiamo già decretato la fine di un modello di business.
Il web ha potenzialità di certo più performanti, anche in questo ambito.
Voi cosa pensate di questa diatriba? La comunicazione legata al turismo e le prenotazioni può oggi prescindere dal digitale?
Vi servite di Booking.com e come giudicate il servizio offerto dalla piattaforma?