CIDA: intervista a Giorgio Ambrogioni

Nuovi scenari per la Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità dei settori pubblico e privato dei manager: la parola al neo presidente

Cosa sta facendo oggi Cida?
«Abbiamo avviato un processo per fare di Cida una protagonista credibile del dibattito sociale, politico e istituzionale. Ci stiamo attivando affinché l’azione confederale crei consenso e crescita per tutto il sistema. Dobbiamo tornare a essere, nei fatti, il riferimento culturale e identitario di tutto il management pubblico e privato. Viviamo in un Paese che con fatica cerca di darsi una nuova architettura valoriale: vogliamo e dobbiamo essere tra gli architetti di questa ricostruzione che deve essere etica, morale, civile, culturale. Una ricostruzione dove merito, trasparenza, competenza siano riferimenti imprescindibili per ogni attività di rappresentanza sia essa politica, gestionale e associativa».

Dirigenti privati e pubblici, quadri, funzionari e alte professionalità. Qual è il “senso” che li lega?
«La competitività del sistema Paese ha bisogno di una dirigenza pubblica e di una dirigenza privata impegnate in modo sinergico e lungimirante: c’è bisogno di contaminazione, di reciprocità e di accettazione del peso di cambiamenti complessi, inarrestabili, ma che sta a noi gestire».

E un manager o un’alta professionalità come può avere a che fare con Cida?
«Parlare di dirigenti oggi può risultare riduttivo. Bisogna parlare di management e di alte professionalità: è necessario aprire le porte a quanti svolgono funzioni centrali nelle organizzazioni produttive e nei servizi. Valori come il rischio, il merito, la responsabilità sono sempre più patrimonio di categorie non necessariamente inquadrate nella dirigenza: vogliamo e dobbiamo offrire a queste figure la nostra rappresentanza politico-istituzionale e dobbiamo metterle nelle condizioni di darci il loro contributo di idee e proposte».

Cosa ha fatto finora Cida?
«Nell’ultimo triennio Cida ha fortemente rafforzato la propria rappresentatività: con il ritorno di Manageritalia e Fidia e con l’ingresso di Cimo e Saur. Questo percorso è stato catalizzato da Silvestre Bertolini, che ha gestito una fase politica difficile riuscendo a dare alla Confederazione un momento di grande visibilità con gli Stati Generali del 26 novembre 2012 a Milano. Altro grande traguardo raggiunto dalla passata presidenza è stato quello di riorganizzare totalmente la rappresentanza confederale a livello locale».

E i programmi futuri?
«Il primo impegno è sicuramente quello di recuperare visibilità e un protagonismo più coerente nei confronti delle istituzioni e della politica. Agiremo su tre versanti: valorizzazione dell’immagine delle categorie rappresentate; azione di proposta autorevole e credibile su politica economica, iniziando da welfare e fisco; tutela dei nostri legittimi interessi, a cominciare da quelli pensionistici. È in questo quadro che abbiamo deciso di riassumere il ricorso presso la Corte costituzionale per contrastare quanto attuato dal governo in risposta alla sentenza 70/2015 della stessa Corte. Ma in parallelo stiamo lavorando a una nostra posizione da offrire al governo su welfare in senso lato e fisco».

Come si sente nelle vesti di nuovo presidente Cida?
«È molto impegnativo da un punto di vista “intellettuale”: sto conoscendo problematiche molto diverse da quelle che ero abituato ad affrontare ma, soprattutto, è necessario portarle a sintesi. Occorrono capacità di ascolto e di studio. Servono umiltà, impegno e senso di responsabilità. Sto approfondendo le problematiche del settore pubblico, della dirigenza medica. Mi trovo di fronte a scenari completamente nuovi, ma anche molto stimolanti. Vorrei non deludere chi mi ha dato fiducia».

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