La gestione della comunicazione di crisi, a cui l’emergenza scatenata dal Coronavirus ha obbligato Istituzioni, aziende, professionisti è resa particolarmente difficile dal concatenarsi di una molteplicità di fattori, alcuni dei quali tipici dei casi di emergenza, altri invece nuovi, che ci si è trovati a dover fronteggiare per la prima volta, nell’ambito di un’emergenza di cosi grandi dimensioni.
Si tratta, infatti, della prima emergenza sanitaria ai tempi della disintermediazione generata da fonti di informazione secondarie, in particolare social network e piattaforme di messaggistica personale, utilizzate in maniera massiccia e virale per la condivisione rapida e incontrollata di notizie, appelli, testimonianze, spesso false.
Un crisi da gestire per la prima volta in un contesto di piena infodemia: “Circolazione eccessiva di informazioni contraddittorie. Spesso non vagliate con precisione, non verificate, che rendono difficile orientarsi su un determinato tema, argomento, scelta per la difficoltà di individuare fonti non solo affidabili, ma anche certe” (David J. Rothkopf, Washington Post, “When the Buzz Bites Back”, 11 maggio 2003).
Infodemia che ha amplificato il clima di paura e incertezza, generato dal timore dell’emergenza sanitaria e favorito dalla mancata applicazione delle regole della comunicazione di crisi.
GLI ERRORI DI COMUNICAZIONE
Le istituzioni coinvolte nella comunicazione e i loro portavoce hanno infatti applicato le regole della comunicazione pubblica e politica alla comunicazione di crisi, senza considerare che si tratta di due mondi sideralmente distanti.
La comunicazione politica si basa su toni sensazionalistici, sull’affastellarsi di dichiarazioni e posizioni che possono essere contraddittorie fra loro, ridondanti e non centralizzate, purché a effetto, in quanto hanno come obiettivo quello di colpire l’utente e far spiccare i personalismi dei singoli esponenti politici, a scapito degli avversari.
La comunicazione di crisi risponde a regole ben diverse, che si sono andate via via arricchendo con l’avvento dei social network (si veda la mia intervista a Italia Oggi sul tema della comunicazione di crisi): in primis avrebbe dovuto essere predisposto un piano di comunicazione di crisi che, una volta individuati gli obiettivi da perseguire, elaborasse e aggiornasse continuativamente i messaggi da trasmettere, i canali da utilizzare e le spokeperson da esporre.
La pianificazione avrebbe consentito alle istituzioni di essere pronte ad affrontare l’emergenza e quindi di accelerare i tempi della comunicazione al fine di renderli rapidi, come il crisis management richiede, ma al tempo stesso di garantire un flusso di comunicazione coordinato e corretto che non cavalcasse l’onda emotiva.
Al contrario, il flusso di comunicazione è stato caratterizzato da un sovraccarico di informazioni provenienti da molteplici fonti. Sarebbe stata necessaria una comunicazione coordinata e centralizzata, mentre, anche a causa delle previsioni legislative in materia di tutela della salute che attribuiscono un ruolo autonomo alle Regioni, le informazioni trasmesse sono state parcellizzate e sovraccariche.
Avrebbe dovuto parlare una sola fonte, invece si sono accalcate le dichiarazioni di Governo, Ministero della Salute, Governatori, Assessori, Sindaci e persino i virologi hanno iniziato a polemizzare fra loro a colpi di post sui social network.
Un’attività di comunicazione interna avrebbe avuto la funzione di coordinare le posizioni dei singoli esponenti politici secondo messaggi coerenti.
Avrebbe potuto essere incaricato un virologo come spokeperson obiettiva e competente per le questioni maggiormente scientifiche, dopo un media training che lo preparasse alle peculiarità dell’esposizione mediatica.
Anche la frequenza di aggiornamenti e commenti avrebbe potuto essere asciugata: conferenze stampa, interviste, ospitate radio e tv, post e video sui social media si sono susseguiti a ritmi incessanti.
Quanto ai contenuti della comunicazione, essa avrebbe potuto essere meno allarmistica, meno emotiva, ma senza perdere chiarezza e perentorietà, risultare maggiormente legata a motivazioni precauzionali e organizzative, trasmettere il messaggio che vi fosse un percorso da seguire, trattare temi diversificati e anche, per quanto possibile, di natura positiva (es. guarigioni, gesti di volontariato, vantaggi del sistema sanitario nazionale rispetto a quelli esteri).
Infine, utile sarebbe l’attivazione di una piattaforma digitale ufficiale, al fine di fornire dati ufficiali e certificati. Questa avrebbe svolto un triplice ruolo:
• tutelare l’economia italiana dalla profonda esposizione mediatica subita a livello internazionale (basti pensare al servizio della CNN che ha mandato in onda un’infografica che rappresentava l’Italia come untore del virus nel mondo)
;
• presidiare il canale dei social network, che abbiamo visto ricoprire un ruolo tanto pregnante nella amplificazione della crisi;
• combattere le fake news.
LE AZIONI DA INTRAPRENDERE
Non è troppo tardi per implementare quelle azioni di comunicazione di crisi, trascurate a causa dell’avvento di un’emergenza così violenta e inaspettata e dall’evoluzione così incerta.
Dal canto loro, i professionisti della comunicazione possono fare sistema (con istituzioni, aziende e mondo dell’informazione) per remare verso un’unica direzione tesa ad assicurare prima una comunicazione coordinata e corretta e successivamente il recovery della reputazione dell’Italia.
I singoli possono darsi da fare per contrastare le fake news e condividere sui social e su Whatsapp solo notizie certe attraverso semplici accorgimenti:
• cercare l’informazione anche sui media tradizionali: se non è presente, potrebbe essere falsa;
• audio, messaggi e video senza nome e cognome hanno buone possibilità di essere falsi;
• se invece citano un nome (anche di un esperto), cercarlo sul web per effettuare le opportune verifiche;
• fare attenzione ai titoli esagerati e altisonanti, cosi come a testi pieni di errori o formattazioni di testo anormali;
• fare attenzione alle fonti di origine, spesso il sito ha un’url molto simile (ma non identica) a quella di un sito esistente;
• se compaiono immagini, cercarle sul web (sezione immagini) per verificare se effettivamente non siano prese da altre notizie.