Le donne rappresentano un punto di forza nel mercato del lavoro, ma sono ancora sottorappresentate nel mondo professionale, soprattutto in alcuni settori economici; un problema, questo, che andrebbe affrontato già dal sistema scolastico.
Fortunatamente, di anno in anno cresce il numero di studentesse universitarie interessate alle materie relative ai settori Stem con alta occupabilità e nel corso degli ultimi 10 anni il numero di imprese che hanno nominato una nuova donna nel Cda è quasi triplicato.
Dati indubbiamente positivi, che però, purtroppo, ancora si scontrano con gli stereotipi che vorrebbero “le donne a casa e gli uomini al lavoro”. Idee degli anni Cinquanta? Mica tanto: secondo un’indagine del 2022, circa il 50% di italiani è convinto che le donne non siano in grado di studiare o lavorare in ambiti scientifici; inoltre quasi il 50% di italiani pensa che le donne dovrebbero stare a casa invece di lavorare e tra questi c’è un 30% di donne.
Ma non finisce qui: per gli italiani le donne hanno dei limiti quando si parla di accesso alle professioni e al mondo del lavoro per colpa della loro scarsa forza, resistenza e capacità fisica (46.9% – e lo pensano anche le donne, 43%) o del loro carattere (27.9%), tanto che una donna su quattro crede che carriera lavorativa, leadership politica, guadagno da lavoro siano “naturalmente” a maggiore appannaggio degli uomini. Ecco perché la parità di genere è ancora un miraggio per la metà degli italiani (49.8%) e non solo sul lavoro.
Per il 67% delle donne e il 56% degli uomini ci sono differenze di genere nella carriera lavorativa, nella possibilità di ricoprire ruoli ‘alti’, nella leadership politica e amministrativa e nel guadagno da lavoro.
Oltre un italiano su 5 pensa che se in una coppia eterosessuale entrambi lavorano, è giusto che l’uomo abbia maggiore opportunità di crescita professionale.
La stessa percentuale sostiene che “le bambine che amano giocare con i giochi ‘tipici’ dei bambini (robot, costruzioni) e i bambini che amano quelli ‘tipici’ della bambine (bambole, mini-cucina giocattolo) cresceranno con confusione nella loro mente sui ruoli di donne e uomini”.
Il Gruppo Donne Manager, che da anni sviluppa azioni per favorire e sostenere le donne nel lavoro, ha voluto affrontare questi temi organizzando, il 15 maggio scorso, una tavola rotonda dal titolo Donne Finanza e Tecnologia, da stereotipi ad opportunità per arrivare ai vertici. Online, dalla sede di Manageritalia Lombardia, importanti role model del settore finanziario e tecnologico, membri di CDA e del mondo della pubblica amministrazione hanno raccontato come sono riuscite a raggiungere i vertici superando i tradizionali stereotipi e condizionamenti che spesso rallentano la carriera di una donna.
Lo stereotipo più grande
Lo stereotipo è una dimensione culturale che nasce dall’assetto della società: riguarda il comportamento che ci si aspetta da un gruppo sociale (donne, uomini, bambini, anziani…). Stimolate da Enrico Pedretti (direttore marketing Manageritalia) e Giuseppe Primerano (psicologo e psicoterapeuta), le partecipanti hanno raccontato gli stereotipi più grandi con cui si sono scontrate durante le rispettive carriere.
Carla Masperi, Ceo SAP Italia: «sono diventata manager a 35 anni e per i primi tempi non si capiva che il capo ero io. Questo perché gli uomini mostrano più sicurezza, più autorevolezza, anche quado le donne sono più competenti. Vedo però, per fortuna, che le nuove generazioni sono più libere dagli stereotipi: il lavoro culturale sta servendo».
Sabrina Banfi, Direttrice Lavoro, Giovani e Sport del Comune di Milano: «il primo stereotipo che ho voluto sfatare è stato quello di essere donna e ambiziosa, caratteristica che generalmente si associa agli uomini e per le donne è malvista. Poi ho sempre evitato atteggiamenti/modi considerati maschili, cercando di praticare modalità di collaborazione orizzontali, circolari e poco gerarchiche a prescindere dai ruoli».
Anna Lambiase, Ceo & Founder Irtop Consulting e Invitalia Board Member: «mi occupo di finanza, da sempre associata all’universo maschile. Ma pensiamo alle gestioni domestiche: chi meglio di una donna è capace di gestire le finanze, allocare un budget, organizzare le risorse…? Ho voluto dimostrare che anche una donna sa gestire un patrimonio…e non solo in casa!»
Quote rosa: aiuto o ostacolo?
Dopo aver parlato di stereotipi, si è provato a ragionare insieme sul come scardinarli. Ci si è chiesti, ad esempio, se le policy relative alle quote rosa (in azienda, nei cda…) siano un aiuto o meno.
Secondo Giuseppe Primerano sono un passo avanti, ma non sono sufficienti perché «guardano alla quantità e non alla qualità; senza quest’ultima rischiano di rimane un contenitore vuoto».
Per Sabrina Banfi, invece, «le quote servono perché noi partiamo oggettivamente svantaggiate: il problema non è la qualità o il merito, è che lì ai vertici, in quanto donna, non ci posso proprio arrivare».
Le ha fatto in parte eco Carla Masperi: «le donne che sono ai vertici ci sono arrivate perché hanno dimostrato più degli uomini. Il prossimo step è dimostrare di essere pari, non “di più”. Le quote rosa non sono la soluzione, ma sono una valida base da cui far partire il confronto, la gara. In Sap, ad esempio, deve esserci almeno una donna nella short list del Cda; poi magari non viene scelta, ma ha potuto candidarsi».
Anche Anna Lambiase ha auspicato a un equilibrio tra quote rosa e merito: «non c’è team migliore di quello misto, ma bisogna puntare sulle competenze e sul valore di ciascuno».
Un nuovo progetto del Gruppo Donne Manager
Ha chiuso l’incontro Luisa Quarta, Coordinatrice del Gruppo Donne Manager, ricordando che «le leggi sulle donne nei Cda e il gender pay gap sono nate per movimentare la situazione, per fare luce sul problema. Avremo vinto solo quando si guarderà al merito e basta, non al genere. Per quello, però, serve un percorso educativo e culturale collettivo».
E proprio per educare la collettività, il Gruppo Donne Manager ha lanciato Stereotipi, un nuovo progetto per manifestare che uomini e donne possono intraprendere la carriera che vogliono, senza farsi frenare dagli da stereotipi, ma seguendo le proprie inclinazioni e propri talenti. «Lavoreremo con le istituzioni – ha detto Quarta – ma anche con le aziende: vogliamo un’inclusione reale e a tutto tondo».