Sempre più scuole elementari nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Canada e in Australia stanno adottando una policy che fa discutere: il cosiddetto “best-friend ban”. In sostanza, si stanno fornendo direttive agli insegnanti affinché facciano di tutto per allontanare due compagni o compagne di classe che sviluppano un attaccamento forte tra loro.
Con quale diritto? Non è una forma di violenza? Tutt’altro: secondo autorevoli psicologici i migliori amici escluderebbero e ferirebbero tutti gli altri componenti della classe e questi rapporti farebbero più male che bene nello sviluppo dei più piccoli. Gli insegnanti, in sostanza, dovrebbero intervenire non appena notano che due bambini o due bambine diventano troppo amici o amiche, scoraggiando in tutti i modi questo tipo di relazione, anche con allontanamenti forzati.
Per alcune associazioni di genitori la misura è ridicola, mentre per altri, per quanto drastica, ha un fondo di verità: nella vita professionale i rapporti esclusivi e preferenziali provocano disequilibri. Immaginate un collega che non voglia lavorare con voi ma solo con un’altra persona o, peggio, un manager, che abbia una particolare simpatia per un collaboratore e tenda a escludere o a non valutare con la stessa neutralità gli altri.
L’idea di fondo è che in una società sempre più multiculturale è necessario imparare al più presto l’inclusione e la capacità di relazionarci con tutti.
Qualcuno obietterà che è umano avere simpatie per particolari persone e che la cosiddetta “chemistry”, o “feeling”, per dirla all’inglese, è un sentimento naturale tutt’altro negativo che si può sviluppare tra due individui. Ma la scuola dovrebbe essere una palestra che prepara alla vita adulta e lavorativa, dunque il concetto di “migliore amico”, secondo il modello anglosassone, dovrebbe essere quanto meno ripensato.