Giuseppe Sommaruga e il Grand Hotel Campo dei Fiori: guardare indietro per andare avanti

Una mostra in occasione della ricorrenza dei 150 anni dell'architetto del Liberty italiano ci ricorda quanto grande e glorioso sia il nostro passato

Quando negli anni a cavallo tra ‘800 e ‘900 si afferma il gusto Liberty, l’Italia è un paese economicamente in ascesa: le guerre sono lontane, così come i disordini risorgimentali, e la Penisola è finalmente uno stato unito. In questo contesto la borghesia si afferma sempre più come classe dominante, portatrice di quell’energia che attraverso i moderni impianti industriali, soprattutto del Nord, può spingere il Paese lontano.
C’è voglia di progresso, di idee nuove, di leggerezza e di eleganza, e il nuovo gusto floreale, nato in Belgio e diffusosi contemporaneamente in tutta Europa, secondo le leggi della moderna globalizzazione, sembra incarnare perfettamente questo desiderio di modernità della classe borghese, da sempre alla ricerca di un proprio stile artistico di riferimento.

Le città crescono rapidamente e si rende necessaria la costruzione di nuovi quartieri prettamente residenziali, dove l’estro creativo degli architetti e decoratori produrrà risultati stupefacenti.
In questo contesto crebbe professionalmente a Milano la figura di Giuseppe Sommaruga, giovane architetto allievo a Brera del maestro Camillo Boito, di cui condivise il gusto per la monumentalità degli edifici, ma dal cui senso dello storicismo ben presto si distaccò a favore di una visione decisamente più moderna ed eclettica.
Diventò quindi l’emblema della nuova architettura, Sommaruga, di quel clima frizzante che lo porterà ad esplorare ogni genere di costruzione: dal palazzo di città proprietà di una sola famiglia, come Palazzo Castiglioni a Milano, agli edifici frammentati in tanti appartamenti da affittare, dalle ville in città e in campagna all’edilizia funeraria, fino ai monumentali complessi di ricezione turistica.

Proprio in un ambito nuovo, quello del turismo d’élite dell’alta borghesia europea, Sommaruga affrontò nel 1908 un colossale progetto: il Grand Hotel Campo dei Fiori; nato in una zona molto ambita dai turisti all’inizio del ‘900, con un panorama mozzafiato che offriva il fascino della natura selvaggia a due passi dalla comodità del centro di Varese, l’hotel era composto di 200 camere, un ristorante e le infrastrutture necessarie, come la funicolare, per raggiungerlo comodamente dal capoluogo.

Lussuosissimo, il Grand Hotel sovrastava il costone della montagna con il suo corpo centrale affiancato da due grandi ali asimmetriche, in un trionfo di ferri battuti, decorazioni in pietra, doccioni, creature mostruose goticheggianti, secondo il gusto dominante dello stile Liberty.
Dopo decenni di splendore l’oblio calò sul Grand Hotel, fino alla definitiva chiusura nel 1968.
Da allora sono passati quasi cinquant’anni in cui l’incuria, i vandali, il disinteresse generale hanno portato a dimenticare la qualità e l’importanza di questo gioiello, testimone di un’epoca felice.
La ricorrenza dei 150 anni dalla nascita del suo autore, Giuseppe Sommaruga, e una bella mostra a lui dedicata, organizzata su tre sedi tra Varese e Milano, fortunatamente riportano l’attenzione su un patrimonio artistico e culturale che, nonostante i maltrattamenti subiti negli anni, si ostina con caparbietà a ricordarci quanto grande e glorioso sia il nostro passato e da dove sarebbe opportuno ripartire per restituire linfa vitale al “Bel Paese”.

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