Dal 2 al 14 dicembre a Katowice, una cittadina nel sud della Polonia non distante da Cracovia, si svolge la COP24, la 24esima edizione della conferenza sul clima che dal 1995 si svolge ogni anno tipicamente nel mese di dicembre per fare il punto sugli impegni globali verso la lotta al surriscaldamento del Pianeta.
Il termine COP sta per “Conference of the Parties”, ossia la conferenza dei membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC) che dal 1992 si propone di “impedire pericolose interferenze di origine umana con il sistema climatico mondiale”.
La COP21 del 2015, che ha dato vita al famoso accordo di Parigi, è stata probabilmente la più significativa dall’inizio poiché ha portato ad uno storico accordo in cui circa 200 paesi si sono impegnati a fare il possibile per contenere l’aumento della temperatura globale “ben al di sotto di 2°C” entro il 2100.
Ogni paese ha presentato un piano nazionale di azione per il clima (NDCs, Nationally determined contributions) e si è impegnato a rendicontare e a verificare i progressi compiuti ogni 5 anni per poi stabilire target sempre più ambiziosi. Inoltre, i paesi sviluppati si sono posti l’obiettivo di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno per supportare i paesi in via di sviluppo nella riduzione delle emissioni di gas serra e per migliorare la loro resilienza agli impatti del surriscaldamento globale. Ad oggi però si è raggiunto poco più della metà di questo obiettivo ed infatti la questione spinosa dei finanziamenti alle economie emergenti è proprio uno dei temi focali da affrontare alla COP24 di Katowice. Ricordiamo che gli Usa hanno deciso di ritirarsi dall’accordo di Parigi e Washington per giunta ha ridotto i fondi già promessi per oltre 2 miliardi di dollari. L’Australia ha seguito la mossa di Trump e ha recentemente annunciato che taglierà gran parte dei fondi già stanziati…
La COP24 che inizierà tra pochi giorni in Polonia potrebbe essere molto significativa dato che è da questo appuntamento che dipenderanno le sorti dello storico accordo di Parigi. I tre principali obiettivi di Katowice sono:
- Adottare le misure necessarie per assicurare la piena efficacia degli accordi di Parigi.
- Rivedere nel dettaglio i piani nazionali di azione per il clima (NDCs).
- Verificare i piani del paese ospitante, maggior consumatore di carbone in Europa, per abbattere le emissioni nazionali di CO2.
I primi due obiettivi di fatto si propongono di definire in concreto le “regole del gioco” degli accordi sul clima. Solo il perseguimento di entrambi porterà alla piena efficacia dell’accordo di Parigi e darà credibilità agli impegni globali verso uno sviluppo sostenibile. Bisognerà definire chiaramente gli impegni finanziari dei paesi sviluppati ed eventuali penalità nel caso non si rispettino gli obiettivi; sarà necessario accordarsi sugli standard per rendicontare i progressi compiuti in termini di riduzione di emissioni di gas serra, generazione elettrica da energie rinnovabili ed efficientamento energetico delle economie nazionali. Una sfida che sembra tutt’altro che banale.
I piani nazionali di azione presentati a Parigi dovrebbero portare a un aumento della temperatura di circa 3°C entro la fine del secolo. Secondo l’Emission Gap Report dell’ONU per limitare l’aumento a 2°C gli impegni dovrebbero triplicarsi o addirittura quintuplicarsi per raggiungere l’ambizioso target di 1,5°C che, come sappiamo, richiede un azzeramento delle emissioni di CO2 entro il 2050. Purtroppo nel 2017, dopo tre anni di stabilità che avevano fatto ben sperare, le emissioni di CO2 hanno ripreso a salire anche in seguito ad una maggiore crescita del PIL globale (+3.7%) e l’Agenzia Internazionale dell’energia prevede un ulteriore aumento per il 2018.
Ma secondo gli esperti (1) siamo ancora in tempo per farcela e un ruolo prioritario e complementare in questa grande sfida potrebbero giocarlo le imprese, i consumatori e le associazioni ancor prima delle COP. Può sembrare strano pensare ai privati piuttosto che ai governi quando si parla di lotta al cambiamento climatico. Tuttavia il settore privato rappresenta un modo efficace per superare gli stalli decisionali e le crescenti controversie del dibattito politico internazionale e può ottenere importanti riduzioni di emissioni di gas serra. Secondo alcuni studi (2) le iniziative per il clima dei privati (3) potrebbero far scendere le emissioni annue di CO2 di circa 10 miliardi di tonnellate nei prossimi 10 anni.
Tali riduzioni non basterebbero di certo a limitare l’aumento della temperatura a 3°C, né tantomeno a 2°C o a 1,5°C, ma sono parte integrante di una strategia globale per diminuire i tempi e i costi dell’abbattimento di emissioni di gas serra.
La famosa citazione di Ronald Reagan “Il governo non è la soluzione del nostro problema, il governo è il problema” fa riflettere sul come tendiamo ad affrontare le questioni globali che necessitano di azioni collettive come il cambiamento climatico. Ma se è eccessivo vedere il governo come il problema, lo è anche assumere che il governo sia l’unica soluzione. Anche dopo l’adozione di politiche più ambiziose da parte dei governi i privati possono svolgere un ruolo complementare fornendo un ulteriore supporto e motivazione verso un Pianeta a zero emissioni.
Per adesso stiamo a vedere se la cittadina di Katowice riuscirà a mettere in pratica l’accordo di Parigi e se potrà diventare il luogo simbolo della vittoria globale contro l’indifferenza del negazionismo climatico.
1 Mission Possible, Energy Transition Commission, Novembre 2018
2 Beyond Politics: the Private Governance Response to Climate Change, Michael P. Vandenbergh, Jonathan Gilligan, Novembre 2017
3 Aziende, singoli individui, famiglie, associazioni culturali, filantropiche e religiose, organizzazioni pubbliche e private, università, ospedali ecc.