Le dichiarazioni del presidente dell’Istat Gian Carlo Biangiardo al Corriere della Sera tracciano uno scenario demografico preoccupante per l’Italia. Non è solo la crisi sanitaria legata al Coronavirus che dovrebbe preoccuparci, ma anche la quantità di culle vuote. Già a gennaio 2020, prima della pandemia, si registrava un calo dell’1,5% rispetto al 2019.
“Vedremo dai dati di dicembre quanto la paura avrà inciso, a partire da marzo. Contano anche l’incertezza sul lavoro e le difficoltà della vita quotidiana, che inducono le persone a posticipare il momento di avere un figlio fin quando magari diventa tardi. Fare previsioni è difficile, ma temo che nel 2021 potremmo scendere sotto le 400 mila nascite”.
Nel 1964 erano più di un milione e nel 2008 576 mila. “Da notare che il declino riguarda anche la popolazione straniera. L’immigrazione oggi porta 62 mila nati all’anno, dopo essere arrivata a 80 mila. Ma aldilà dei fattori congiunturali — la crisi, la pandemia — in Italia c’è soprattutto un effetto strutturale, perché si sta riducendo il numero di persone in età feconda. I nati all’apice del baby boom oggi hanno 56 anni. Le generazioni in età riproduttiva saranno sempre più ristrette”.
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