Dormire è un istinto, come bere e mangiare: senza soddisfare uno dei tre si deperisce e poi si muore. Di conseguenza, basta guardarsi attorno per capire che il valore economico del dormire non può essere sottovalutato. Ad esempio, una delle sei sezioni in cui è suddiviso il catalogo Ikea è “Dormire” e occupa 18 delle 98 pagine del catalogo digitale, con più di 2.000 articoli collegati. Vi sono inclusi: materassi e corredo del letto (coprimaterasso, lenzuoli, federe, coperte, cuscini, piumini); l’abbigliamento notturno (camicie da notte, pigiami, intimo); l’arredo di interni (testata, reti, struttura letto, comò, armadi, tendaggi); l’elettricità (illuminazione diurna e notturna). Solo per questa azienda sarebbero circa 300 milioni di euro in Italia e 6 miliardi nel mondo (estrapolazione azzardata, ma ragionevole).
Possiamo aggiungere la cosmetica/nutraceutica (integratori, creme, fragranze) perché la pelle, come il resto del corpo, si rigenera solo durante il sonno. Così come la parte medico/farmacologica/erboristica, considerato che i disturbi del sonno, in maniera occasionale o cronica, interessano un’alta percentuale della popolazione.
La parte strutturale delle abitazioni (infissi, muri, domotica) richiederebbe notevoli investimenti. Come si può leggere nel “Night noise guidelines for Europe” della WHO, il solo inquinamento acustico cittadino ha costi sociali altissimi.
Cultura ed economia
Riconoscere le relazioni economiche esistenti, ed evidenziare quelle possibili, allo scopo di strutturare le filiere e sviluppare nuovi prodotti, è un’operazione fondamentalmente culturale. Per quanto riguarda il dormire, c’è ancora molto da fare. Ad esempio: tre delle 33 meditazioni di Brillat-Savarin sono dedicate al sonno, ma il sonno non sembra presente nei programmi delle nostre università della cucina. Eppure, le delizie che lo chef multistellato riesce a farvi assaporare, accompagnate dai nettari migliori, non saranno un’esperienza agognata se pagate con una notte di rigurgiti e flatulenze. Oppure: l’Italia è uno dei poli mondiali della Medicina del sonno e i nostri professionisti sono alla guida di tutte le organizzazioni medico-scientifiche internazionali, ma non è facile trovare uno specialista di iCBT (terapia comportamentale dell’insonnia). Eppure, è la terapia più efficace per molte insonnie. Una terapia che si può somministrare anche via internet ed è disponibile in questa modalità in molti paesi, ma non in Italia. Ancora: dedichiamo il 30% del nostro tempo al dormire, ma non c’è una rivista cartacea o una trasmissione televisiva dedicata a questa attività. Eppure, del dormire non mancano cultura materiale, scienza, tecnologia, fotografia, pittura, letteratura, cinema, musica, filosofia…
L’evoluzione dello scenario
Ho sintetizzato qui di seguito alcune delle forze propulsive che vedo oggi all’opera per colmare il divario tra la dimensione economica e quella culturale.
➜ Sport e fitness. La ricerca della massima efficienza fisica, così come del semplice benessere, obbliga a conoscere e rispettare il sonno. Il motivo è semplice: quando ti alleni consumi energie e tessuti ed è solo durante il sonno che vengono costruite le fibre muscolari desiderate.
➜ Istruzione e formazione. Una cattiva igiene del sonno diminuisce l’apprendimento, sin dai primi anni di vita. Non importa quante ore studi, è solo durante il sonno che il cervello struttura e memorizza.
➜ IoT. Veglia e sonno si alternano in continuazione. Un letto controllato elettronicamente che riconosce e si adatta alle diverse posizioni, corporature, orari del sonno è facile da immaginare (oltre a essere già in commercio). Rimanere sempre connessi richiede solo una porta usb.
➜ Demografia e salute. Un peggioramento percepito del sonno è il precoce segnale dell’invecchiamento e di moltissime patologie fisiche e mentali. Il suo monitoraggio costante è quindi molto importante per qualsiasi politica sanitaria.
➜ Il mondo 24/365. Non si può mangiare, bere, stare svegli oltre un certo limite senza danni. Se l’estensione dell’orario in cui è possibile il rapporto azienda/cliente deve arrivare al suo limite massimo, l’azienda deve conoscere ed essere in grado di adattarsi ai limiti fisiologici dei collaboratori e dei clienti. Sui motori di ricerca, la parola “sonno” in Italia segue la stessa crescita costante della parola “sleep” nel mondo. Nessuno considera più l’enogastronomia relegata al semplice atto del mangiare durante i pasti e presto saranno in pochi a pensare al sonno come coincidente col semplice atto del dormire.
Sonno ed efficienza aziendale
Su questo argomento la situazione è già molto seria e i possibili sviluppi lo sono ancora di più. Circa il 20% degli incidenti stradali è collegato a problemi di sonnolenza. Anche in Italia, dal gennaio di quest’anno, è recepita la normativa europea secondo la quale una delle più diffuse patologie del sonno (Osa) limita l’autorizzazione alla guida degli automezzi. Parallelamente, la legge italiana ha allineato le possibili pene dell’omicidio stradale a quelle dell’omicidio volontario e la giurisprudenza tende a considerare il “colpo di sonno” non più un’imprevedibile evenienza (quella che lascia senza colpevoli, ad esempio, le studentesse morte lo scorso anno in Spagna), ma una colpevole negligenza (lo sapevi che non dormivi da 20 ore!).
Responsabilità solo personale? La giurisprudenza relativa al decreto legislativo 231 tende a considerare il profitto aziendale nei reati colposi, consistente “nel risparmio di spesa che si concretizza nella mancata adozione di qualche oneroso accorgimento di natura cautelare o nello svolgimento di un’attività che risulta economicamente favorevole, anche se meno sicura di quanto dovuto…”. Nota bene: il 20% di tutti gli incidenti sul lavoro è collegato a problemi di sonnolenza (vedi Chernobyl…). Delle centinaia di migliaia di ore di informazione sulla sicurezza certificate ogni anno nelle aziende italiane, nemmeno un minuto è dedicato alla corretta gestione del sonno, con rare eccezioni. Un “coordinato disposto” molto poco rassicurante, specialmente quando il lavoro a turni include più del 20% dei dipendenti italiani. Meglio non dormire sull’argomento “sonno”. I parametri fondamentali che il manager deve conoscere, per quanto riguarda il sonno, sono due: durata e tempistica. Esiste un ampio intervallo di durata del riposo notturno necessario a una persona, dalle 4 ore (io lo chiamo stile Andreotti) alle 10 (stile Einstein). Anche per l’orario c’è ampia variabilità: ci sono quelli che possono alzarsi presto (in Medicina del sonno vengono denominati “allodole”) e quelli il cui corpo si sveglia più tardi (“gufi”). Non si tratta di buone o cattive abitudini, ma di genetica: si nasce in uno dei quadranti definiti dai due assi, così come con un certo colore degli occhi. Una variante minore è la sensibilità al riposo pomeridiano: alcuni sono obbligati alla pennichella, per altri è solo un momento di minore efficienza. Anche in questo caso si tratta solo di genetica da constatare e, si consiglia, da rispettare. Per il manager che valuta l’efficienza, sua e dei collaboratori, riconoscere le relative necessità vuol dire ottimizzare l’agenda. Logica vorrebbe che i momenti di maggiore efficienza personale siano riservati alle attività importanti o che richiedono particolare concentrazione. Argomento di maggiore importanza per chi ha responsabilità internazionali e deve lavorare con uffici in diversi fusi orari. Ovviamente, si può rimanere svegli nell’orario adatto al sonno, esattamente come si può saltare un pasto, o nutrirsi solo di cibo spazzatura, ma poi non ci si può aspettare di essere sempre “svegli e carichi di energia”. Un esempio recente e famoso di ignoranza dei fondamentali è Arianna Huffington. A forza di non dormire (tempo perduto per il manager efficiente) è letteralmente crollata sulla scrivania e adesso è diventata missionaria dell’importanza, personale e sociale, del sonno.
La prima “Fiera del dormire”, o il primo “Dormire village”, che riuniscano solo articoli legati al dormire sono una facile predizione. Buon sonno!