La futura Plastic-Free Economy

Le opportunità sono enormi per chi sa coglierle

L’inquinamento che non ti aspetti. Ci laviamo e il mare sporchiamo, grazie ai polimeri sintetici (plastica) contenuti in buona parte dei detergenti e cosmetici, vedi questo video esplicativo:

Oppure la sconcertante avventura del sommozzatore Rich Horner nel colorato mondo della plastica sott’acqua:

Proseguiamo. Nell’Oceano Pacifico galleggia un’isola di plastica grande 3 volte la Francia. Basterebbe questo “piccolo” dato per dichiarare la plastica il problema con la P maiuscola. Conosco bene questo materiale e non solo perché come tutti lo uso da una vita. Sostengo Greenpeace fin dalla nascita e sostengo scenari green fin da quando scrivo e mi occupo di futurologia. “Il futuro sarà verde o non sarà” amavo ammonire in passato durante svariate conferenze, e indubbiamente la plastica è pesantemente di intralcio per la sopravvivenza del pianeta e dell’uomo. Ora siamo sempre tutti (imprese e istituzioni) un pochino indolenti e pigri, non prevediamo ma reagiamo. Per esempio a notizie drammatiche come questa: la Cina rimanda al mittente o meglio blocca l’import di rifiuti e residui riciclabili. Panico e caos per gli occidentali, che però arrivano sempre tardi nel ragionamenti.

Chi ragiona sa da tempo che il riciclo è un palliativo come molte delle superficiali tesi sullo sviluppo sostenibile. Intanto i fatti raccontano altre storie. Punto numero uno: i rifiuti di plastica sono raddoppiati negli ultimi due decenni (fine del discorso sulle inutili chiacchiere condite di grandi proclami da parte della Commissione Europea, Onu o quello che vi pare). Punto numero due: proprio un rapporto dell’Onu, chiarisce che solo il nove per cento circa dei nove miliardi di tonnellate di plastica finora prodotte in tutto il mondo è stato riciclate e solo il dodici per cento è stato bruciato. Il restante 79 per cento finisce in discariche, oceani, fiumi, laghi o in qualsiasi altro luogo in natura, per restarci forse per l’eternità. Come se non bastasse di tutto questo noi moriamo (e non solo di tumori). Bisognerebbe andare alla radice. Non produrre troppi rifiuti ma produrre con i rifiuti? O meglio ancora: cambiare il mondo in meglio grazie ai rifiuti.

È questa la strategia tutta italiana di Bio-on, l’azienda che sta per rivoluzionare il mondo della plastica a livello globale con una nuova chimica che anziché consumare risorse le rigenera. Dagli scarti agricoli (come melassa di barbabietola, canna da zucchero, produzione vinicola, ma anche rifiuti domestici umidi o resti di legname) nasce infatti questo biopolimero ottenuto dalla fermentazione batterica, 100% biodegradabile, ecologico e con prestazioni straordinarie per ogni utilizzo. L’effetto Bio-on non è solo rivoluzionario per l’innovazione in sé (vedi i continui brevetti) o per il coinvolgimento sempre più massiccio di tutti i grandi player (recentemente una nuova linea di prodotti Unilever) ma è anche rivoluzionario come modello economico di rilocalizzazione industriale.

Detto in parole povere: qui sono i problemi (scarti in eccesso a livello locale), qui sono le soluzioni (impianto a km zero che trasforma lo scarto in plastica), qui è la forza lavoro (il territorio crea occupazione) e qui è il mercato locale che assorbe la produzione. Oppure ripensare altre economie, circolari che inondano il mondo non di rifiuti ma di servizi che non ne producono più. Dal packaging ai prodotti di uso comune, tutto va ripensato e innovato con scelte sostenibili che coprono tutta la filiera (dall’approvvigionamento all’erogazione dei servizi).

Gli esempi sono già migliaia e vanno dalle classiche campagne come quella della Coop che recentemente ha annunciato e promesso di ridurre l’utilizzo della plastica nei suoi prodotti a marchio, ai bicchieri e cannucce organiche, commestibili della startup Loliware che possono essere letteralmente mangiati dopo l’uso, fino a gesti (in apparenza estremi) come Ekoplaza Lab, il primo supermercato completamente plastic free. Spazio dunque per una enorme e profittevole “plastic free economy”? Mi auguro di sì.

Soprattutto perché le opportunità sono enormi per chi sa coglierle al motto “mi chiamo Wolf e risolvo problemi”. In fondo il Cina Exit dai rifiuti è un grande regalo per imprese pronte a togliere le castagne dal fuoco.

LEGGI QUI I NUMERI DI DIRIGIBILE, L’INSERTO DELLA RIVISTA DIRIGENTE DEDICATO ALL’INNOVAZIONE, AGLI SCENARI E ALLE OPPORTUNITÀ DI UN FUTURO CHE È GIÀ PRESENTE.

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