L’invio di una email di un megabyte produce la stessa quantità di C02 di una lampadina da 60 W accesa per circa mezz’ora. L’energia necessaria per riprodurre un video di dieci minuti in cloud equivale a quella utilizzata per alimentare per lo stesso tempo 1500 telefoni. Con questi dati lo scienziato e neo ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ha illustrato il peso dell’impatto ambientale delle tecnologie digitali, nell’articolo Manifesto per la sobrietà digitale pubblicato su L’Espresso il 7 febbraio.
Un impatto notevole che, in termini di emissioni di gas serra, vale già oggi il doppio di quello del traffico aereo (il 4% rispetto al 2% del totale) e cresce del 9% all’anno. La questione ha implicazioni tanto sul piano ambientale quanto su quello etico, viste le sue connessioni con il tema delle disuguaglianze dello sviluppo umano. Basti pensare che nel 2018 un cittadino statunitense aveva in media 10 dispositivi digitali connessi e processava circa 140 GB di dati al mese mentre un cittadino indiano aveva in media un solo dispositivo connesso e processava 2 GB di dati.
L’aumento del traffico online, secondo Cingolani, andrebbe stabilizzato: “La soluzione non è fermare il progresso digitale ma diventare responsabili nel suo uso. Tanto più che per i paesi a basso sviluppo la necessità di accelerare la trasformazione digitale è impellente. Sta quindi ai paesi più avanzati capire che anche la miglior tecnologia, se usata in maniera poco intelligente, fa danni. Occorre una riflessione di natura culturale ed antropologica. In qualche modo bisognerebbe cominciare a ragionare sulla reale utilità o necessità di scambiare dati non indispensabili. Fare cioè una riflessione sulla sobrietà dell’utilizzo delle infrastrutture digitali”.
Ma quali sono i dati indispensabili? E come definire la sobrietà digitale? Quanti lasciano una lampadina accesa per mezz’ora e quanti mandano email da un MB, inutilmente? Domande interessanti su cui interrogarsi quando diamo un’occhiata alle ultime notifiche sullo smartphone, mandiamo l’ennesima versione di un allegato via email o condividiamo un post sui social.
L’articolo di Cingolani offre diversi spunti per riflettere: “Postare miliardi di inutili foto su altrettanto inutili bacheche digitali è una forma di esibizionismo digitale che ha un costo ambientale che verrà pagato dalle future generazioni… Oltre al costo energetico della trasmissione del dato, si è persa anche la cognizione del valore intrinseco del dato… I dati hanno un valore enorme, soprattutto quelli sensibili come i dati sanitari, politici, comportamentali, perché essi vengono analizzati da algoritmi molto potenti per prevedere, influenzare, decidere o prevenire situazioni”.
Argomenti di attualità a cui è dedicato il terzo incontro degli allenaMenti di sostenibilità organizzato da Prioritalia mercoledì 10 marzo in collaborazione con Manageritalia, con il patrocinio di ASvis e di #IncusioneDonna. Una riflessione sui paradigmi con cui si utilizzano le tecnologie e si equilibrano gli approcci – spesso contrastanti – alla base dell’identità e l’agire civile.
All’evento, in programma alle 17, interverranno esperti, manager ed innovatori, tra cui: Roberto Basso direttore external affairs and sustainability di WindTre, Davide Dal Maso fondatore Social Warning Movimento Etico Digitale, Piera Magnatti presidente Comitato Scientifico Agenda Digitale Regione Emilia Romagna, Darya Majidi ceo Daxo Group, founder Community Donne 4.0, Marcella Mallen, presidente Prioritalia, Jacopo Mele presidente Fondazione Homo ex Machina, Enrico Pedretti, direttore marketing e comunicazione Manageritalia, Martina Rogato consulente e docente di Sostenibilità Lumsa e Sherpa W20.