La street art dal vandalismo alla venerazione: da Kilroy a Banksy

Ad alimentare l'arte di strada spesso è la sfida verso l'autorità: il graffito è vandalismo e come tale perseguito. Si assiste anche a un'evoluzione, dalla tag all'immagine più elaborata, trasformando le città in musei a cielo aperto

In principio fu un buffo ometto calvo e con un grande naso che emergeva da dietro un muro insieme alle mani aggrappate ai mattoni. Era il lontano 1938 e la strana creatura sarebbe diventata di lì a pochissimo una vera e propria icona della seconda guerra mondiale con la dicitura “Kilroy Was here”. Sarà stato il nome dell’ispettore navale statunitense J.J. Kilroy? chi può dirlo!

È solo dagli anni 60 che si inizia a parlare con consapevolezza di graffiti e di arte di strada; viene infatti introdotta nel mercato la bomboletta spray che fin da subito si rivela strumento perfetto per lasciare il proprio nome nella storia. Basti pensare che alla fine del decennio un giovane writer newyorkese gira l’America e in meno di un anno lascia la sua firma, Taki183, in circa trecentomila interventi, attirando l’attenzione dei media e creando, di fatto, la moda dei graffiti.

Da quel momento è un proliferare di tags, le firme grafiche, nomi o sigle spesso seguiti da una cifra che altro non è se non il numero della strada in cui si è nati e cresciuti, con l’obiettivo di una condivisione sempre maggiore… erano ancora lontani i tempi dei social network!

Ad alimentare l’arte di strada spesso è la sfida verso l’autorità: il graffito è vandalismo e come tale perseguito. Si assiste anche a un’evoluzione, dalla tag all’immagine più elaborata, trasformando le città in musei a cielo aperto secondo il principio per cui se uno spazio è pubblico anche l’arte che lo decora debba esserlo ugualmente.

Non a caso sono gli anni 80 di Keith Haring che dipinge sul muro di Berlino bambini che si tengono per mano dimostrando che se i muri esistono e resistono l’arte è forse l’unico modo per oltrepassarli, quella stessa arte che dovrebbe essere per tutti e di tutti, anche di coloro che mai entrerebbero in un museo.

Con il nuovo millennio infine la street art assume una nuova dignità, appoggiata e promossa da istituzioni governative per rendere più belle le periferie urbane, salendo con tutti gli onori sul palco del trionfo: ricercata, applaudita, quotata. Nascono nuovi eroi, spesso avvolti in una coltre di mistero che ne alimenta il mito, come Banksy, la cui identità è ad oggi ignota, che da anni, oltre a decorare muri urbani con stencil e colori acrilici, fa vere irruzioni nei musei più famosi al mondo appendendo le proprie opere di fianco a storici capolavori; opere le sue quotatissime, vendute a cifre siderali, in grado di far salire il valore di un intero edificio; eppure è proprio Banksy che consente ai suoi fan di scaricare dal suo sito i propri materiali, perché nonostante tutto è pur sempre arte di strada e per il vero street artist non può essere la disponibilità economica a creare il mercato… ma il gusto del pubblico.

CURIOSITÀ: Esiste anche il REVERSE GRAFFITI, tecnica che consente di ripulire muri anneriti dallo smog lasciando la sottostante parte sbiancata a forma di figura. È una tecnica che dura poco nel tempo ma ha un grande vantaggio: non è perseguibile… pulire ad oggi non è reato.

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