Leadership in sala operatoria: un bravo chirurgo è anche a suo modo un manager?
Un bravo cardiochirurgo deve essere anche un manager perché deve coordinare e dirigere un’équipe di professionisti, sia in sala operatoria che in reparto. A 35 anni sono stato chiamato a Torino ad avviare una nuova unità di cardiochirurgia in qualità di responsabile e ho dovuto subito organizzare un team di 12 medici e 30 infermieri per portare a termine oltre 1.000 interventi all’anno. La mia capacità di affinare l’attitudine alla leadership è stata fondamentale per tenere coesa l’équipe e raggiungere i risultati che ci eravamo prefissati.
Motivazione, spirito di squadra, investimento sul capitale umano: oggi rispetto al passato nota una maggiore o minore attenzione al valore delle persone che operano nelle équipe ospedaliere?
Osservando diverse equipe ospedaliere noto, in generale, una minore attenzione al valore delle persone e alla valorizzazione delle specifiche professionalità. C’è una tendenza pericolosa al livellamento verso il basso, alimentata dalla scarsa meritocrazia e da pochi incentivi. Questo non vale per il team della nostra fondazione, che si avvale di una squadra coesa di professionisti che operano in stretta sinergia dal 1996.
Quanto conta l’equilibrio tra vita professionale e privata per la carriera e il benessere psico-fisico di un medico con un ruolo al vertice come il suo?
L’equilibrio tra vita professionale e privata è fondamentale per dirigere al meglio un’équipe di medici e avere risultati ottimali garantendo ai nostri pazienti le migliori cure. Noi dobbiamo dare sempre il massimo, in ogni occasione. È una sfida continua, che si può vincere ogni giorno solo con una vita familiare serena ed una attività fisica costante, indispensabile alla buona gestione dello stress. Talvolta sacrifichiamo persino la nostra vita privata per quella dei pazienti e la famiglia rischia di soffrirne.
Nel suo libro autobiografico descrive l’importanza degli sport estremi da lei praticati per affinare la leadership: può spiegarci meglio questi aspetti?
Nel mio libro Il Cuore oltre il Confine descrivo quanto siano stati importanti per me alcuni sport per la futura professione di medico. A vent’anni, in estate, facevo lo skipper sulle barche a vela e sono stato nominato capitano de “La Barca Laboratorio” in viaggio dal nord al sud del Brasile. Così ho maturato le mie prime esperienze di leadership sul campo, dirigendo equipaggi di dieci, quindici persone in mezzo al mare o all’Oceano. Invece, le scuole di roccia e di alpinismo mi hanno insegnato a valutare bene i rischi, a prepararmi in modo meticoloso e a dare il meglio nelle situazioni più difficili, tutte qualità essenziali anche in sala operatoria.