Libano: ombre e luci del paese dei cedri

Beirut, andata e ritorno

Sono appena tornato da un viaggio in Libano, cinque giorni andata e ritorno come se niente fosse. Il paese non rientra tra le mete classiche del turismo europeo, ma per un cittadino italiano è piuttosto semplice arrivarci e il visto si ottiene immediatamente all’aeroporto. I controlli sono serrati e i militari ovunque. Se ad esempio, come nel mio caso, sei ospite di amici, ti fotocopiano il passaporto chiedendo informazioni dettagliate su chi ti accoglie in casa. Le relazioni tra Italia e Libano sono nel complesso buone, dunque tutto fila piuttosto liscio. Unica avvertenza: non dichiarare mai di essere stati in Israele, un paese nemico e percepito come ostile, per ovvie ragioni storiche.

La varietà paesaggistica è un tratto distintivo del Libano: dalle montagne con fitti boschi si arriva alle spiagge assolate. Per chi ha interessi culturali, Baalbek, Byblos e le numerose chiese sono gioielli da visitare. La presenza cristiana sta diminuendo, ma appartiene a questa cultura e tradizione religiosa la fascia della popolazione più colta e aperta. Madonne e croci, del resto, sono un po’ ovunque.

La maggior parte della popolazione si concentra nella capitale Beirut, una città con un suo fascino e una vivace nightlife, sebbene molti esercizi commerciali abbiano abbassato la serranda e molti dei suoi grattacieli abbiano interi piani disabitati. Sopravvivono i grandi mall, moderni suq dove la gente trascorre il tempo libero. Downtown Beirut e la marina sono zone splendide, soprattutto al tramonto, altre zone poco raccomandabili per un turista occidentale. Ma girando in taxi (non esistono mezzi pubblici, a parte qualche sporadico autobus scalcagnato) non si percepisce pericolo, solo una sensazione di caos, a cui però i libanesi sembrano abituati.

La crisi dei rifiuti non è completamente alle spalle, la gestione dell’inquinamento verso un modello più sostenibile è ancora lontana, così come l’incapacità di cogliere opportunità dall’estero: la Svizzera si era offerta di recuperare i rifiuti libanesi per riciclarli ma è stata rimbalzata. La green economy di fatto non ha ancora attecchito in Medio Oriente, ma è questione di tempo: “Se per 30 anni nessuno ti ha spiegato come fare la raccolta differenziata, non puoi aspettarti una sensibilità ecologica”, mi spiegano ammirando quello che ad esempio fa una città come Milano.

Le tensioni sociali in Libano, mi raccontano, vengono gestite in modo non sempre soft: le porte del carcere sono sempre aperte per i dissidenti.

Il flusso enorme di siriani ha destabilizzato il già fragile mercato del lavoro, dato che percepiscono salari ancora più bassi di quelli libanesi. Già, i siriani. Questione di punti di vista: anche in nome del politically correct da noi certi discorsi sono tabù, eppure se parli con un libanese difficilmente ti dirà cose gentili nei confronti dei siriani (i ricordi della guerra sono ancora vivi) e ancor meno di quelli rifugiati in Europa, dove molti, mi spiegano, hanno fatto letteralmente carte false pur di espatriare. Sebbene l’antipatia sia evidente, il Libano, considerando anche le sue dimensioni, è stato il primo paese ad accogliere i siriani, che ora rappresentano ben un quarto della popolazione residente.

Nonostante i problemi, la mancanza di un vero welfare (compensato da una rete informale di assistenza diretta) e la corruzione politica, il paese dovrebbe scommettere sulla sua rinascita senza cedere al pessimismo dilagante. Dovrebbe a mio avviso aprirsi a piani di investimenti esteri, anche europei, senza per forza essere solo il buen retiro dei sauditi, che qui giungono consapevoli di poter infrangere, anche in modo disinvolto, certi costumi e comportamenti da loro proibiti.

I punti di forza del Libano? Sono i libanesi, la popolazione civile, costituita in gran parte dai giovani, che sognano l’Europa e che invidiano l’Italia. Il nostro paese ha una reputazione molto buona in Libano, dove l’interesse per la moda, il design e il nostro lifestyle è evidente e diffuso. Non so dire quanto spazio ci possa essere per sviluppare iniziative imprenditoriali o commerciali nei settori forti del made in Italy, ma è chiaro che ai libanesi tutto quanto è italiano piace.

Un altro aspetto che colpisce il visitatore straniero è il customer service, eccellente in tutti i luoghi pubblici, negli hotel e nei ristoranti.

Ultimo consiglio: il modo migliore per visitare il Libano è con uno di loro. Un amico libanese sarà la guida perfetta e l’interprete affidabile per orientarsi in questa affascinante babele di lingue, religioni e culture abituata agli scambi e alle relazioni commerciali – e dunque umane – fin dai tempi dei fenici.

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

Potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca