Meno emissioni, più conoscenze

La riduzione dell’inquinamento imposta dal lockdown è l’occasione per studiare l’impatto delle attività umane e orientare la transizione

La riduzione delle emissioni dovuta all’emergenza sanitaria offre una straordinaria occasione per comprendere meglio i fenomeni ambientali e climatici ed affinare conoscenze utili per guidare la transizione. E’ una delle tendenze che emergono tra i diversi studi che, in queste settimane, quantificano la drastica diminuzione dell’inquinamento determinata dal blocco delle attività umane e ne evidenziano i benefici, avvertendo del rischio che al rimbalzo economico corrisponda un insostenibile aumento dell’impatto ambientale.

Secondo l’IEA, International Energy Agency, nel 2020 le emissioni globali di CO2 caleranno dell’8% in confronto al 2019, grazie al minore utilizzo di carbone e petrolio. Per l’Italia si stimano cali medi del 15% tra gennaio a giugno, con picchi del 35% pari alla soglia indicata come obiettivo per il 2030 dagli accordi di Parigi. Un dato che, come sostiene Italy For Climate “dà la misura dello sforzo da fare nei prossimi anni, a partire dalla ripresa, per non perdere la sfida climatica: garantire gli stessi livelli di emissioni di un lockdown ma con piena produttività economica ed elevati livelli di occupazione”.

Alcune ricerche internazionali, sintetizzate qui, rivelano che la concentrazione di biossido di azoto (NO2) nell’aria – uno dei più pericolosi composti generati dai combustibili fossili – con il lockdown è scesa mediamente del 30% in Europa occidentale e negli Stati Uniti e fino al 40% in Cina. Insieme al calo medio del 10% delle polveri sottili (generate soprattutto da impianti di riscaldamento e motori diesel) l’abbassamento del NO2 ha fatto scendere, come afferma un recente rapporto di almeno 11mila persone il bilancio dei decessi prematuri causati ogni anno dall’inquinamento in Europa (circa 400mila) stimate dall’Agenzia europea dell’ambiente.

Indotta da condizioni eccezionali, la diminuzione dell’inquinamento non si verifica in maniera uniforme. A Roma per esempio, in controtendenza con altre dieci metropoli mondiali oggetto di uno studio (se ne parla qui) le polveri sottili tra il 9 e il 30 marzo 2020 sono aumentate del 30% rispetto al 2019. Secondo gli esperti il fenomeno è dovuto alla combinazione di diversi fattori, sia antropici come il maggior uso di riscaldamenti domestici, sia meteoclimatici come l’umidità e l’arrivo di polveri sottili dal Mar Caspio al Mediterraneo occidentale.

L’interdipendenza e la complessità dei fenomeni e degli ecosistemi rendono difficile fare analisi e previsioni, nonostante gli strumenti sempre più sofisticati a disposizione della scienza. Di certo, con il fermo determinato dal contrasto alla pandemia, si sono create condizioni irripetibili per affinare le conoscenze. La quasi totale riduzione del traffico aereo sta, per esempio, permettendo ai ricercatori di chiarire i nessi tra circolazione degli aerosol, attività umane e cambiamenti climatici.

Possiamo dunque considerare il lockdown come un assaggio di quello che potrebbe accadere se l’umanità alleggerisse la propria impronta sulla Terra. La situazione che stiamo vivendo impone di far evolvere i modelli di sviluppo molto più rapidamente di quanto avremmo potuto immaginare fino a due mesi fa. Il momento di gestire l’inevitabile ed evitare l’ingestibile è arrivato

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