Oscar di Montigny: signori, si cambia epoca

Marito e papà di cinque figli, Oscar di Montigny è esperto di Innovative Marketing, Comunicazione Relazionale e Corporate Education. È ideatore e divulgatore dei principi della “Economia 0.0”, in cui coniuga business e management con filosofia, arte e scienza. Keynote speaker appassionato e di forte impatto motivazionale, è stato invitato a partecipare a molti forum e manifestazioni sia nazionali che internazionali. Il suo è un contribuire ad aiutare le giovani generazioni, ma non solo, ad essere in grado di affrontare le imminenti sfide del futuro. È direttore Marketing, Comunicazione e Innovazione di Banca Mediolanum, ideatore e fondatore di MCU - Mediolanum Corporate University e amministratore delegato di Mediolanum Comunicazione

Siamo in un’epoca di forti cambiamenti. Qual è quello che ti colpisce di più come cittadino e uomo d’azienda?
I cambiamenti in corso sono enormi, ma non stiamo assistendo a un’epoca di cambiamenti, quanto piuttosto a un cambiamento di epoca. Stanno crollando tutti i riferimenti di vita quotidiana sui quali la società ha costruito e fondato le sue certezze per secoli: le istituzioni e il governo della cosa pubblica, la religione, che sta perdendo forza, la famiglia, che non è il più nucleo della società, i generi sessuali, diventati un numero esorbitante. Le banche non sono più un riferimento dove lavorare e dove mettere i quattrini. Quello che più mi colpisce è l’incapacità dei sistemi e delle persone di razionalizzare il fatto che sta cambiando un’epoca e che i cambiamenti sono urgenti e necessari, come individui nei confronti del sistema e come operatori di ciascuna industry per cavalcare il cambiamento e non subirlo.
 
Sta dunque cambiando il gioco, non tanto le sue regole.
Certo. È un momento di transizione. Chi non l’ha capito vuole cambiare solo qualche regola.
 
La comunicazione oggi che ruolo ha per le aziende?
È più centrale che mai. Oggi bisogna saper comunicare le cose giuste nel momento giusto. Da una comunicazione fatta di marchi che raccontano prodotti e servizi per i quali il cliente deve pagare un prezzo si è passati a dei volti di persone che raccontano di valori, con l’obiettivo di suscitare l’adesione a questi valori.
 
E il digitale come impatta sulla comunicazione e il marketing?
Tremendamente, anche se secondo me il digitale non ha portato nulla di nuovo. Non è altro che un nuovo luogo di incontro dove si parla una nuova lingua, come quando sono arrivate la radio e la tv. Non ci si può esimere: bisogna utilizzarlo al meglio, con nuovi stili e registri.
 
I clienti con il digitale hanno un ruolo diverso?
Oggi i clienti hanno un potere sempre più crescente di acquisire informazioni, questo è un vantaggio ma allo stesso tempo un grande svantaggio, generato dalla confusione. Confondiamo l’abbondanza con l’opportunità, mentre a volte meno informazioni personalizzate sono meglio. Il cliente ha in ogni caso un megafono che prima non aveva. La sua voce sul digitale ha un effetto dirompente.
 
Il cliente comunica molto più di prima?
Prima era un soggetto passivo, oggi la comunicazione è interattiva e in tempo reale. Prima raggiungeva l’altro, oggi ci si incontra.
 
Come vedi i social? Luogo di sfogo degli imbecilli o altro?
Non sono d’accordo sul fatto che sia un luogo per imbecilli e nemmeno che sia la novità del secolo. È semplicemente un nuovo luogo. Un luogo di incontro e di scambio. Un’enorme piazza dove tu vai e hai la possibilità di incontrare chiunque ci sia e dove tutti hanno lo stesso potere di comunicare.
 
Come singoli, abbiamo il potere di far sì che sia bella o brutta questa piazza?
Se la frequentiamo, abbiamo il dovere di assumerci il ruolo di essere lì. Resta l’incognita che la piazza è di proprietà di chi l’ha costruita. Spesso ci si illude che sia un luogo pubblico e di proprietà di chi lo frequenta, ma in realtà il creatore di quel luogo approfitta della nostra presenza per fare il suo business. Basta che si sappia.
 
Tu personalmente come utilizzi il digitale nella professione e nella vita privata?
Come azienda lo uso con tutti gli scopi di carattere positivo, quindi per la comunicazione, l’ascolto, la condivisione. È un luogo utile per osservare i trend. Come azienda ho fatto sì che i social venissero attivati quando sono arrivato io, sei anni fa, e abbiamo dunque implementato tutta la struttura social. Se non hai un’esperienza diretta secondo me non puoi avere la responsabilità di gestirli per conto di un’impresa. Se sei a capo di questa divisione, o ci sei tanto e bene, oppure lasciali a qualcun altro. Personalmente frequento spesso i social. Come privato li uso per sperimentare, ma anche per il piacere di farlo, come chiunque altro.
 
Cosa pensi dei cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, che ci chiede di essere più flessibili e di perdere di vista il sogno del posto fisso e dove le competenze cambiano in continuazione?
Per la nostra generazione la parola chiave è l’incertezza, da non confondere però con l’insicurezza. Non è più certo quello che è stato fino a ieri, dal posto fisso in poi. Le statistiche dicono che per un posto di lavoro che scompare ne nascono cinque nuovi. I cinque nuovi sono però molto diversi da quelli che erano nuovi qualche anno fa. Le scuole non sono pronte a preparare le persone a queste competenze. Rischiamo di avere medici appena laureati che lavoreranno in un mondo dove ci sono già state nuove scoperte e novità e dunque avranno competenze superate. Dallo smart working alla robotica, penso comunque che stiamo per fare un viaggio bellissimo. Basta che ci attrezziamo per farlo al meglio.
 
E cosa dobbiamo fare per essere pronti a questo viaggio?
Dobbiamo sviluppare nuove sensibilità per osservare i cambiamenti in corso. Dovremo educarci al piacere del cambiamento: se questo è visto come una fatica ne saremo fagocitati, altrimenti sarà l’occasione per parlare nuove lingue, studiare, approfondire. Dovremo avere una curiosità con la C maiuscola.
 
Il digitale ci può dare una grossa mano. Basta accendere uno smartphone per vedere in tempo reale quello che accade dall’altra parte del mondo.
Tutto quello che ti ho raccontato ha come comune denominatore proprio il digitale.

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