Come vede lo stato di salute dell’economia Fvg fra frenata tedesca e rallentamento cinese?
«Sicuramente la frenata in atto nell’economia mondiale avrà un impatto sull’economia del FVG che nel 2022 ha avuto un saldo netto positivo nello scambio con l’estero di 10mld di euro, con la Germania secondo partener con il 13% del totale. L’anno si chiuderà con un Pil positivo intorno all’1% (le ultime stime che potrebbero un po’ scendere parlano di +1,1%, con +2,1% dei servizi e -1,9% nell’industria). È quindi il momento di fare tutto quanto possibile, in una regione a forte trazione estera come la nostra, per stimolare la domanda interna e puntare sui servizi che guidano la crescita nazionale e regionale degli ultimi decenni».
La soluzione per affrontare la questione sociale dei troppi giovani Neet e il lavoro femminile?
«La soluzione è da un lato crescere di più e quindi creare più occupazione, dall’altro favorire l’ingresso di giovani e donne; per i primi con incentivi e percorsi di inserimento e professionalizzazione adeguati e per le seconde soprattutto con un ulteriore miglioramento dei servizi di supporto nella gestione dei carichi familiari. Questo per favorire anche un cambio culturale che veda da parte delle imprese nei giovani e nelle donne l’opportunità di colmare anche quel gap di competenze che alcuni segnalano».
La questione occupazionale per i manager: come interpretare la crescita del 3,4% dei dirigenti privati?
«La crescita che registriamo negli ultimi anni è un ottimo segnale che ci dice che anche le nostre imprese familiari e pmi stanno capendo che senza capacità di gestione manageriale non si sta sul mercato e non si compete efficacemente. Certo non basta perché dal 2008 a oggi i dirigenti privati sono ancora in calo del 5,7%, quindi c’è ancora tanta strada da fare e dobbiamo farla in fretta perché ne va della crescita dei nostri territori.
I segnali sottesi alla crescita degli ultimi anni, proprio quelli di crisi, sottolineano come si stia cominciando a capire, almeno da parte di alcune delle nostre aziende che per sopravvivere, prima ancora che per muoversi in modo vincente, ci vuole managerialità vera che poi significa innovazione, penetrazione in nuovi mercati, anche esteri e tanto altro».
Il ricorso alla manodopera straniera nelle nostre aziende è una strada obbligata?
«Direi più utile che obbligata. Puó diventare obbligata se sul territorio non esistono persone con le competenze ricercate. Ma far venire personale dall’estero, anche per un territorio di confine come il nostro, non è comunque facile, soprattutto nel caso di figure con alte competenze. Allora, oltre ad attrarre lavoratori dall’estero dobbiamo lavorare per migliorare la sinergia Scuola Lavoro, facendo dialogare questi due mondi per avere più risorse e pronte nel giro di qualche anno. Noi come rappresentanti dei manager con i manager stessi stiamo dialogando con il mondo dell’istruzione da alcuni anni proprio per raggiugere questi risultati a favore dei giovani e del territorio».
Esiste un problema di manodopera specializzata nei lavori a più alto valore aggiunto?
«In parte sì. Ma la soluzione sta anche nel pagare bene queste persone e offrire adeguati percorsi di crescita professionale. Così si possono evitare fughe di “Cervelli” altrove e/o attrarre cervelli da altre regioni o dall’estero».
Come i manager dovrebbero gestire il ricorso alla robotica in azienda e l’impatto sull’occupazione.
«I manager da tempo hanno l’obiettivo di favorire la competitività delle imprese facendo crescere professionalità e capacità di collaborare delle persone, anche mettendo al loro servizio innovazione e tecnologie. Perché sono le persone con il loro impegno e con le loro qualità che ne determinano il successo sul mercato e l’apporto alla crescita del territorio.
Oggi, questo obiettivo del management trova nuova linfa nelle nuove tecnologie quali digitalizzazione, automazione e Intelligenza artificiale. Il compito del manager è delineare nuovi modelli di business, cioè nuovi modi di servire i clienti, e quindi nuovi modelli di organizzazione del lavoro che determinino più produttività e benessere per le persone e quindi competitività per le aziende. In tutto questo va messa una fortissima attenzione ai valori dell’azienda e quindi alla capacità di dare senso e realizzazione al lavoro delle persone.
Le nuove tecnologie se ben utilizzate ci permettono di fare questo al meglio, mettendo le persone a fare lavori di maggiore qualità e anche facendo nascere nuovi business e lavori che possono dentro la stessa azienda e fuori creare occupazione per chi viene sostituito anche solo in parte da nuovi processi e dall’utilizzo della tecnologia. Ma, il saldo tra tecnologia e persone sarà sempre a favore delle seconde, come è sempre stato sino ad oggi, se lo sappiamo incanalare e gestire al meglio e verso quello che il mercato ci chiede o che noi sappiamo offrirgli di innovativo.
Pensi, per fare un esempio terra terra, a quanti ristoranti ed esercizi commerciali sperimentando obbligatoriamente l’e-commerce durante il covid hanno fatto un salto nella loro capacità di stare sul mercato e come questo abbia determinato di fatto maggiore occupazione».
Cosa pensa della manovra economica del governo sul piano degli stimoli alla crescita e all’occupazione?
«La manovra sotto questo aspetto è un po’ velleitaria, perché non contiene misure per innescare una vera crescita. Anche la proroga di un anno del taglio del cuneo fiscale mette a carico delle future generazioni un ulteriore debito occulto. E poi la manovra cerca risorse lì dove non andrebbero cercate per non rischiare di compromettere la coesione sociale, cioè nel welfare e nella previdenza. Sarebbe stato meglio ridurre in modo consistente l’imposizione sui rinnovi contrattuali aumentando così sostegno a lavoratori e crescita. Per crescere bisogna puntare sul Pnrr, recuperando ritardi e gestioni poco efficaci, bisogna puntare anche sul Terziario che da anni è l’unico che cresce, bisogna aumentare concorrenza e presenza manageriale nelle imprese familiari (oggi un terzo di quella dei partner esteri Germania, Francia e Spagna)».