In tanti hanno scritto sull’opportunità di votare o meno al referendum sul trasporto pubblico a Roma, nella maggior parte dei casi sottolineando il valore democratico della consultazione e la sua coerenza con lo sviluppo di forme di democrazia diretta.
Partiamo dal senso del referendum e dall’esito del voto. Una risposta positiva al referendum può dare all’Amministrazione capitolina la forza politica per fare un cambiamento radicale, senza peraltro vincolarla troppo nelle soluzioni. Nel caso specifico infatti i quesiti tendono a orientare le scelte su principi generali di capacità gestionale e concorrenza, normalmente presupposti fondamentali, specialmente la prima, per una corretta gestione, sia essa pubblica o privata.
Il meccanismo di affidamento per gara, infatti, può essere più o meno orientato a privilegiare la capacità d’investimento, di servizio, di salvaguardia della salute di cittadini e dipendenti. È uno strumento, che consente comunque di esplicitare le scelte di priorità politica.
Quindi, in questo caso, il referendum e la vittoria del sì al primo quesito può essere determinanate per uscire da un’annosa e insostenibile situazione. Infatti, il contesto romano specifico da cui nasce la richiesta ha bisogno di una forte discontinuità. Nessuna delle amministrazioni succedutesi ha mai trovato il modo di trasformare Atac in un’azienda almeno vicina a standard di settore accettabili, soprattutto nella quantità e qualità dei servizi. Nessuna ha avuto il coraggio di chiudere questa pagina e aprirne una radicalmente nuova, accettando le difficoltà connesse.
Il sì al primo quesito potrebbe essere determinante per cambiare registro.
Resta il fatto che, comunque vada, serve che la politica diventi capace di gestire e difendere davvero e al meglio l’interesse pubblico. Serve infatti capire una volta per sempre che le aziende pubbliche e quelle private che gestiscono concessioni pubbliche devono avere dalla politica mission, obiettivi e controllo, ma poi devono poter gestire in totale autonomia.
Serve un forte indirizzo con obiettivi chiari, quantificabili e controllabili, ma poi va lasciata mano libera all’impresa e al management, scelto in autonomia e per competenze e merito, di gestire quel servizio come meglio crede. Insomma, la politica deve indirizzare e controllare, ma stare fuori dalla gestione in tutti i sensi.
Certo, il referendum è uno strumento che tende troppo spesso a creare schieramenti politicamente influenzati, mettendo talvolta in secondo piano i contenuti. Speriamo che in questo caso serva a orientare scelte efficaci.