L’influenza geopolitica, economica e militare è ben nota. Non a torto alcuni dicono che questo è, a tutti gli effetti, il secolo cinese. Ma il potere si sposta anche verso altri lidi, diciamo culturali. Leggo su alcune fonti estere che in Giappone è in atto una piccola rivoluzione. Pare che i giovani giapponesi ora si entusiasmino per tutto ciò che è cinese. Le ragazze, ad esempio, sono appassionate di chuuka meiku, il makeup delle starlet cinesi, e copiano lo stile di trucco – non proprio discreto – delle influencer che popolano la piattaforma cinese di social media Red. Caratteristiche: forti toni rossi, labbra scure, glitter. I prodotti appropriati sono forniti da produttori cinesi come Florasis o Zeesea. La tendenza del “C-Beauty”, ovviamente (visti i rapporti litigiosi passati e presenti), divide il Giappone.
Tra le generazioni più anziane, i prodotti del grande incombente vicino sono considerati cheap, mentre cool tra le giovani. Il 40% dei ragazzi tra i 18 e i 29 anni dichiara di avere un’“affinità” con la Cina, mentre tra i 60 e i 70 anni la percentuale è solo del 13%. Intanto, le scuole di lingua giapponesi, che offrono corsi di mandarino, hanno recentemente registrato una forte domanda.
Un cambio di rotta culturale o una breve moda passeggera? Soft power culturale duraturo, come quello americano (ora però in crisi) o influenza ininfluente sui valori futuri? Presto per dirlo. Però possiamo fare una breve riflessione. Negli ultimi anni, molte tendenze giovanili provenivano principalmente dal Giappone e dalla Corea del Sud. La cultura giapponese degli Anime, ad esempio, ha conquistato l’Europa e gli Stati Uniti, la musica pop coreana (“K-pop”) ispira ancora i fan di tutto il mondo. Ora, la Cina si sta affermando come “soft power”, una nazione esportatrice non più solo di prodotti ma anche di cultura di successo. La moda e i cosmetici saranno le teste di ponte, proprio come i cartoni animati lo sono stati per il Giappone. Il makeup cinese conquisterà presto anche i cortili delle scuole europee. Forse.