Test antidroga, alcol ed esami medici prima e dopo l’assunzione: legittimi o no?

Il controllo delle condizioni di salute dei propri dipendenti è un tema controverso

Cresce il numero di aziende negli Stati Uniti che richiedono espressamente a candidati e a dipendenti di fornire i risultati di test in grado di rilevare l’uso di sostanze stupefacenti e di tracciare il consumo di alcol. 

I settori principali dove tradizionalmente questi test sono richiesti sono quelli legati alla sicurezza, al mondo ospedaliero, ai trasporti, alla difesa, ma sono sempre più le scuole, le università, le società legate alla comunicazione (mass media e pubblicità) e ai servizi che adottano questa policy, inevitabilmente controversa.

Se per l’abuso di alcol e di sostanze stupefacenti il motivo degli screening può essere legittimo, in particolare quando il lavoratore deve garantire la sicurezza di altre persone, appare invece più discutibile, quando non illegale, la richiesta di esami medici in grado di tracciare la presenza di malattie sessualmente trasmissibili, disturbi di natura psicologica come la depressione, valori del sangue, pressione o malattie cardiovascolari, soprattutto quando non è supportata da una motivazione valida legata allo svolgimento delle proprie mansioni professionali.

C’è chi si chiede se possa essere licenziato chi “si fa le canne” o utilizza marijuana per motivi medici. Emergono allo stesso tempo problematiche legate alla privacy per l’utilizzo di questi dati, anche internamente alle aziende. 

Perché un datore di lavoro dovrebbe richiedere i risultati di questi test? Le motivazioni sembrano legate alla necessità di ridurre il turnover, assenze per malattia, comportamenti illegali e assicurare una performance ottimale. 

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