Si ripete spesso che le sfide non sono altro che opportunità mascherate. Siamo tutti d’accordo, almeno in teoria. Allo stesso tempo, però, i cambiamenti richiedono un “armamentario” ad hoc e un approccio strategico per non subirli e restare al palo.
Oggi stiamo attraversando una vera e propria twin transition – una transizione doppia, gemella, di eguale portata – con due volti: quello della sostenibilità nelle sue tre dimensioni (ambientale, economica e sociale) e quello della digitalizzazione diffusa, accelerata grazie ai sistemi di intelligenza artificiale.
Per venire a patti con questo gigante bifronte (evitarlo ormai è impossibile), che se da un lato affascina e dall’altro intimorisce, occorre capirlo, sedersi al tavolo e fare il punto, preparandosi nel migliore dei modi.
Questa la premessa di un’interessante tavola rotonda intitolata Le sfide della twin transition – Il ruolo dei manager per la gestione della transizione verso un’economia digitale, sostenibile e inclusiva, aperta al pubblico e trasmessa in diretta sui canali social di Manageritalia, organizzata il 1° giugno a Milano, presso Italiacamp, Milano Luiss Hub, da Manageritalia Executive Professional (se ve la siete persa, qui la registrazione) nel corso della sua assemblea elettiva.
Il dialogo, moderato da Donatello Aspromonte, vicepresidente Manageritalia Executive Professional, docente di Startup Strategy all’Università degli Studi G. Marconi, ha coinvolto Alexandrina Scorbureanu, PhD e Gartner executive partner; Matteo Aliotta, direttore growth strategy program – POLIMI Graduate School of Management, co-founder e ceo LTValue; Mons. Giulio Dellavite, delegato vescovile per le relazioni istituzionali per gli eventi diocesani e addetto stampa; Federico Invernizzi, AI expert, chief operating officer & Board member di MDOTM Ltd; Stefano Mizio, general manager POLIMI Innovation & Strategy; Massimiliano Pontillo, responsabile relazioni istituzionali Assobenefit e presidente Pentapolis Group; Carlo Romanelli, presidente Manageritalia Executive Professional, psicologo del lavoro e social change manager e Andrea Zuanetti, CEO & Co-Founder UpToYou.
Nell’introdurre il dibattito, Donatello Aspromonte ha ricordato come la doppia transizione, la twin transition, sia un tentativo di integrare le due grandi agende di tutti i paesi, la penetrazione di tecnologie abilitanti e potenzianti nel sistema produttivo per l’incremento di competitività e produttività e quella della sostenibilità, che ha nei 17 obiettivi dell’agenda 2030 il suo framework di riferimento.
Massimiliano Pontillo chiarisce che il quadro attuale della sostenibilità è fatto di luci e ombre: se, come ci dicono le ultime ricerche, oltre l’80% delle aziende ha adottato obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale chiari, soltanto la metà ha fatto il passo successivo, ovvero integrarli negli schemi di remunerazione aziendali. Il sistema economico che viviamo, se continuasse su questa strada, ci porterebbe al collasso. Occorre avere una visione e condividerla con le persone all’interno dell’organizzazione. Servono buone idee dall’interno e dall’esterno, con la capacità di valorizzarle. È importante sviluppare un ambiente di lavoro favorevole all’innovazione sociale e green. Il manager della sostenibilità in tal senso può assumere il ruolo di un vero e proprio catalizzatore del cambiamento.
Stefano Mizio affronta il tema della produttività, tanto promessa dall’IA: “Cosa ci facciamo con queste tecnologie? Se abbiamo tecnologie da XXI secolo ma processi operativi da XX secolo la produttività non può crescere. Le due sfide della sostenibilità e del digitale sono accomunate dalla complessità, dal mettere insieme gli opposti. Citando l’esempio dell’estrazione in Congo del cobalto, elemento essenziale per la fabbricazione delle auto elettriche, Mizio ci ricorda che spesso le soluzioni vendute come “green” sono tutt’altro che sostenibili: “dobbiamo avere persone consapevoli che vadano a fondo, in grado di leggere una realtà complessa”.
Per Alexandrina Scorbureanu, l’IA generativa dovrebbe essere vista come un super power, con impieghi in una gamma trasversale di funzioni all’interno delle organizzazioni, dalle risorse umane al marketing. L’IA ci consente di prendere decisioni più informate, ma richiede un filtro critico. Le nostre competenze si dovranno evolvere, acquisendo, presto, la digital dexterity, ovvero la capacità di comprendere e parlare la lingua dei dati. Molti mestieri saranno svolti meglio dall’IA, come le attività meccaniche, altri, che richiederanno empatia e capacità di delegare, no. Come ci si forma alla versatilità? “Smettiamola di pensare che ci sia qualcosa di intelligente nell’IA”, precisa Scorbureanu, “sono solo strumenti che ci possono aiutare ad aumentare le nostre capabilities, non privi di rischi: ci sono cognitive bias che rischiamo di trasmettere all’IA”.
Secondo Matteo Aliotta, il mondo startup è di grande interesse per i manager e le corporate. I manager studiano il mondo startup per competenze a forma di T, competenze orizzontali e poi verticali. La parola d’ordine oggi è il Life long learning: gli ultimi 10 anni sono stati più lenti di quelli che ci attenderanno. Se per avere una vita lunga occorre fare esercizio e adottare abitudini sane, per avere una carriera lunga in questa fase di transizione occorre allenarsi. Come? Occorre avere un metodo e capire chi ci può aiutare.
Mons. Giulio Dellavite punta i riflettori sul soggetto che usa l’IA, ovvero noi stessi. L’aspetto etico è di primo piano e dovrebbe essere analizzato partendo dal significato etimologico della parola etica: da ethos, struttura della casa. Dobbiamo capire cosa c’è dentro la casa. L’etica può essere vista come una sorta di manuale per l’uso dell’intelligenza artificiale. Il ruolo dei manager in tal senso può essere visto come il padrone della casa con un soft power che si crea con la formazione e un’enorme responsabilità: può decretare il successo o il fallimento di questa transizione. La gestione dell’IA implica poi la capacità di porre le domande giuste. Dellavite cita Platone, che, nel Fedro, di fronte all’avvento dei libri sollevava un quesito valido anche oggi: ci accontenteremo delle risposte offerte da altri, perdendo la capacità di interrogarci?
Carlo Romanelli ribadisce che nell’affrontare la doppia sfida, occorrono competenze di base. Nel caso della sostenibilità, occorre conoscere l’evoluzione normativa e capire quale sostegno alla governance per un percorso strategico sia necessario. “Il manager della sostenibilità non può certamente essere solo una persona”, precisa Romanelli, “è piuttosto un’area che richiede più soggetti e competenze. La governance è il punto chiave: anziché di ESG si dovrebbe parlare di GES. Se non si comincia dalla governance non si va lontano. Oggi si parla un po’ troppo di environment, la parte sociale non sempre è chiara (persona? mega trend sociali?), la governance parte dalla testa è il punto di partenza. Siamo oggi in una terra di mezzo dove è possibile orientarsi solo attraverso lo sviluppo delle competenze.
Federico Invernizzi evidenzia come negli ultimi due anni sono stati creati il 90% dei dati disponibili oggi. L’IA è una risposta a questo, un continuum più che una rivoluzione brutale. In ambito finanziario, l’IA generativa permette di produrre contenuti e analisi finanziari in modo più efficiente. Partendo dalle competenze per sviluppare e lavorare con l’intelligenza artificiale, le materie STEM sono senz’altro utili. “La tecnologia è emergente, ha 2 anni, se sei appena uscito dall’università hai meno bias e skill trasversali. Sono stato negli Usa nelle ultime tre settimane per diverse conferenze: emerge in modo inequivocabile che c’è tutto un indotto per l’IA che cade su funzioni e professionalità che già esistono (data governance, informatica…): le grandi aziende e banche sono indietro, devono investire ancora parecchio in questo ambito”.
Andrea Zuanetti parla di ritorno sull’investimento: per via della compliance normativa, ma non solo: c’è un posizionamento oggi sempre più necessario nei confronti dei clienti. La sostenibilità funziona anche nel b2b: preferisco un fornitore che abbia attenzione alla sostenibilità, perché ha capito le sfide che ci attendono oggi. “In uno scenario di estrema instabilità, i manager hanno un ruolo determinante in questa transizione. La sostenibilità attira investimenti. Se sei una società con una storia di 80 anni riprogettare il business in chiave sostenibile richiede anni, mentre se sei una startup non puoi partire senza già metterla nel tuo dna”.
Il dibattito, insomma, è aperto, ma una cosa è chiara: nei prossimi anni manager e alte professionalità avranno un ruolo imprescindibile per guidare le organizzazioni nella twin transition, che richiederà un modo nuovo di osservare e gestire il lavoro e l’economia.