Attilio Fontana: Lombardia, una regione leader

A tu per tu con il presidente di una regione simbolo di eccellenza in Italia. Visione, competenze e prossime sfide, a cominciare dalle Olimpiadi Milano-Cortina 2026. Dietro al successo c’è la strategia e il lavoro duro di un tessuto imprenditoriale e manageriale solido e collaborativo
Milano

Presidente Fontana, amministrare una regione in un certo senso è come gestire un’azienda. Secondo lei, quali sono le caratteristiche e le competenze che un presidente di Regione dovrebbe avere? Si considera anche un po’ manager?

«Un presidente di Regione, come prima cosa, deve avere una capacità di visione, di immaginare il futuro del territorio che amministra. Intendo dire che deve essere in grado di comprendere quale sia il tipo di sviluppo e quali interventi la politica debba realizzare per raggiungere certi obiettivi. Secondariamente, entrando nel merito, è chiaro che, con la gestione di più di tremila dipendenti e un bilancio da 38 miliardi di euro, si debba avere anche una capacità manageriale. Ma è decisivo scegliere i collaboratori per gli snodi più delicati e importanti della macchina amministrativa. È proprio lì che bisogna avere interpreti che sappiano coniugare le competenze amministrative con la capacità dell’execution».

Regioni come la Lombardia, il Veneto o il Piemonte stanno affrontando profondi cambiamenti, da luoghi della produzione a regioni e città sempre più vocate al terziario e ai servizi: come governare questo fenomeno e quali sfide ci attendono?

«La nostra regione non è vocata solo al terziario, lo dimostra il fatto che siamo il territorio più produttivo del nostro Paese, tanto che i dati legati all’esportazione ci vedono primi in Italia e tra i primi in Europa. Poi, certamente, ci sono altri ambiti che si stanno sviluppando rapidamente, come ad esempio quello della logistica, per il quale, infatti, abbiamo ritenuto fondamentale approvare una legge in grado di governare la sua espansione, proprio per evitare situazioni di disordine organizzativo che potrebbero portare a conseguenze negative».

Tra i fattori di cambiamento c’è senz’altro il turismo di massa che, da risorsa vitale e strategica per le regioni, le città d’arte e non solo, si sta trasformando in un vero e proprio problema. Dagli affitti brevi che svuotano le città alla riduzione del commercio di vicinato, fino alla gentrificazione delle città. Come reagire e quali soluzioni adottare per far convivere il turismo con il futuro della regione e delle principali mete turistiche?

«Abbiamo sicuramente assistito a un incremento importante del settore turistico e questo è un fattore positivo. Ciò è attribuibile al fatto che la Lombardia possiede località straordinarie dal punto di vista naturalistico, storico e architettonico. La regione sta investendo in infrastrutture e servizi per migliorare l’accessibilità e l’ospitalità in tutto il territorio. Vogliamo che ogni angolo della Lombardia abbia le stesse potenzialità dei grossi centri, così da non sovraccaricare le mete più conosciute. Il turismo di massa può essere positivo se gestito con efficienza e la nostra
regione può vincere questa sfida. Quanto alla riduzione del commercio di “vicinato”, certo non dipende dal turismo di massa, che anzi credo lo abbia sempre apprezzato. Il suo ridimensionamento è piuttosto figlio dell’espansione della grande distribuzione, che in certi territori avrebbe dovuto essere regolamentata meglio».

Secondo l’agenzia internazionale Moody’s, la Lombardia ha un rating migliore dell’Italia: come spiega questo risultato? Cosa dovrebbe fare il sistema Paese per migliorare il suo ed essere più attrattivo e competitivo?

«La vera ragione è che i lombardi hanno una marcia in più. Fanno parte di una comunità da sempre vocata al lavoro, contraddistinta da una genialità che è tipicamente italiana. Diciamo che in questa regione si riesce a declinare quel tipo di politica più vicina alle esigenze delle imprese produttive. In sintesi, in Lombardia riusciamo ad attuare il principio di sussidiarietà, quella collaborazione tra pubblico e privato che in altri territori è vista invece con diffidenza o, addirittura, negativamente».

Approvata la legge sull’autonomia differenziata, ora si apre la sfida più grande, quella dei Lep, livelli essenziali delle prestazioni. Che ruolo può e deve avere la Lombardia per una vera autonomia che non pregiudichi lo sviluppo unitario del Paese?

«Questa storia dell’autonomia che “pregiudica lo sviluppo unitario del nostro Paese” è una delle false notizie che stanno diffondendo i signori della sinistra. Partiamo dal presupposto che la disonestà intellettuale di questa parte politica sta nel fatto che la riforma sull’Autonomia è stata voluta proprio da loro. Infatti, la legge Calderoli, che viene tanto contestata, è soltanto una norma procedurale che spiega come applicare il principio sancito dalla Costituzione e non incide minimamente sui contenuti. Lo dimostra il fatto che il dettato della legge Calderoli è figlio della proposta dell’allora ministro Boccia che, per primo, aveva posto l’esigenza di scrivere una legge di procedura che coinvolgesse il Parlamento nelle diverse fasi attuative. A differenza di quanto sottoscritto nelle pre-intese firmate nel 2018 con il sottosegretario Bressa del Pd, Stefano Bonaccini, Roberto Maroni e Luca Zaia. Anzi, a ben vedere, la proposta Calderoli, approvata dalle Camere e controfirmata dal presidente Mattarella, è ancora più rispettosa delle prerogative del Parlamento. Essa prevede un’attenta individuazione dei Lep e fa un riferimento ancora più esplicito alla creazione di un fondo perequativo. Sono convinto che il giorno che l’Autonomia differenziata sarà attuata ci sarà un vantaggio per la Lombardia e per tutto il Paese».

Sono passati due anni dall’insediamento del Governo Meloni: come giudica quanto fatto per sostenere la crescita e l’occupazione nel Paese? Che voto gli dà?

«Mi sembra che il Governo Meloni stia tenendo fede a tutti gli impegni che la premier si era assunta in campagna elettorale. Sta affrontando dei cambiamenti epocali che questo Paese avrebbe dovuto affrontare in passato e che invece continuavano ad essere rimandati. Per la prima volta, stiamo andando nella direzione giusta. Si deve essere consapevoli che, se non si ha il coraggio di migliorare ambiti come la giustizia o intervenire per eliminare le lungaggini burocratiche che frenano lo sviluppo delle nostre imprese, l’Italia rischia di rimanere tagliata fuori dalle sfide del mercato globale. Ecco, mi sembra che la presidente Meloni stia facendo di tutto, non solo per non emarginare il nostro Paese, ma per renderlo ancora più autorevole e competitivo».

Le Olimpiadi Milano-Cortina 2026 si avvicinano, nonostante alcuni ritardi. Si tratta comunque di una grande opportunità per Milano e il comprensorio alpino lombardo. Quali sono le aspettative per questo appuntamento internazionale?

«Io credo che i ritardi siano stati superati. Siamo sulla strada giusta e sono assolutamente convinto che sarà un grande evento che porrà la Lombardia al centro dell’attenzione mondiale. Avremo la possibilità di dimostrare la nostra capacità di organizzare positivamente un evento così importante e, al contempo, potremmo far conoscere al mondo le bellezze e l’attrattività dei nostri territori».

Veniamo a lei, dopo due mandati da presidente della regione locomotiva del Paese, cosa si ripromette di fare per la Lombardia che non ha ancora fatto?

«La cosa principale è mantenere tutti i primati che la nostra regione detiene non solo in ambito nazionale, ma anche europeo, con l’obiettivo finale di migliorare ulteriormente le performance».

Una volta terminata l’esperienza da governatore, quali sono i suoi progetti di vita?

«Quando avrò terminato ci penserò, manca ancora tanto tempo…».

intervista ad attilio fontana

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