Congresso Manageritalia: il futuro del welfare in 8 punti

Spunti e riflessioni dalla prima tavola rotonda dei lavori congressuali, lo scorso 15 novembre. I concetti chiave emersi durante il dibattito con Elsa Fornero, professore di economia Università di Torino e CeRP - Collegio Carlo Alberto; Tito Boeri, economista, docente universitario; Maurizio Sacconi, presidente della 11ª Commissione Lavoro del Senato, e Roberto Beccari, presidente Manageritalia Lombardia

Il Congresso di Manageritalia (Milano, 15 e 16 novembre) si è articolato lungo quattro temi – Welfare, Sindacato Km0, Trasformazione del Mondo del Lavoro e Conoscenza – al centro di altrettante tavole rotonde.

Il dibattito ha coinvolto voci autorevoli, esperti di ciascun ambito, e si è concluso con l’approvazione di una mozione.

La prima tavola rotonda ha avuto come focus il tema del welfare, partendo dalla domanda: come stiamo ripensando il welfare nel nostro paese e quali sono le prospettive per i prossimi anni?

Abbiamo raccolto le dichiarazioni emerse da questo interessante confronto dividendole in punti.

1 – L’AUMENTO DELLE DISEGUAGLIANZE IN EUROPA

Elsa Fornero: «Vorrei sentire un ministro che parla di asilo di cittadinanza. Il punto è garantire delle opportunità fin dall’inizio del ciclo di vita. Il premio Nobel per l’economia Franco Modigliani aveva teorizzato un ciclo di vita delle persone in cui si accumula capitale umano. In Europa abbiamo un incremento delle diseguaglianze. Ci sono bambini che non hanno la possibilità di accedere alla scuola materna e che avranno una probabilità più alta di non riuscire. Quello che è stato messo nella Legge di Bilancio in discussione è un passettino, ma è un segnale. Come ministro avevo introdotto il congedo di paternità. L’equità di opportunità riguarda uomini e donne. Oggi non abbiamo nessuna svolta vera».

Tito Boeri: «Stiamo facendo ancora troppo poco per conciliare lavoro e responsabilità familiari. Il congedo di paternità obbligatorio è un passo importante ma è ancora poco significativo».

2 – UN PAESE OSSESSIONATO DAL CONCETTO DI PENSIONE NON PUÒ ANDARE AVANTI

Fornero: «Abbiamo una qualche distorsione sistematica per cui noi pensiamo sempre che welfare sia sinonimo di pensioni. Finché la domanda ricorrente in Italia continuerà ad essere “quando vado in pensione?” non si potranno cavalcare la ripresa e lo sviluppo».

3 – ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO: UN MIRAGGIO?

Fornero: «Io ho riconosciuto quanto aveva fatto Sacconi, ma oggi sembra che i governi ricomincino da capo come un giro dell’oca dicendo che tutto quello che si è fatto prima faceva schifo. Noi lavorammo sull’apprendistato, sui tirocini, sul duale, sull’alternanza scuola lavoro. Non bastano le leggi. Un problema del paese è il divario tra mondo del lavoro e mondo della scuola. L’apprendistato funziona in Germania, nelle province autonome. La scuola lì dialoga costantemente col mondo del lavoro. Dopo una trattativa mi diedero 2 miliardi per creare l’Aspi. Aspi vuol dire assicurazione sociale che sta dentro il welfare, non è di mercato, non la compriamo, e serve per l’impiego».

4 – POLITICHE ATTIVE

Fornero: «Non facciamo finta che certi posti di lavoro ci siano ancora quando non ci sono più. Una persona può perdere un posto di lavoro ma deve essere accompagnato con politiche attive efficaci, un problema storico dell’Italia. C’è un aspetto positivo: le agenzie per il lavoro pubblico lavorano molto di più in collaborazione con le private. Alcune agenzie per il lavoro sono brave, professionalizzate. Funzionano come sussidio, che però non era lo scopo».

5 – IL RUOLO DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

“Occorre dare riconoscimenti maggiori alla previdenza complementare?”, abbiamo chiesto ai nostri ospiti.

Maurizio Sacconi: «Assistiamo a una vita lavorativa sempre più discontinua, anche in termini di contratti di lavoro. Allo stesso tempo aspiriamo a una protezione e a una sicurezza “fino alla tomba”. Il grado di adesione a programmi di previdenza complementare è ancora molto insufficiente e i giovani non vi partecipano. Per quanto riguarda la sanità, c’è questo limite che non sempre ci conduce sino alla fine della vita e deve indurci a uno sviluppo ulteriore della dimensione welfare. Non è impossibile immaginare di lavorare per fondi integrati di robusta massa critica con l’obiettivo di salvaguardare la previdenza da elementi di rischio. Significa avere un progetto molto ambizioso tale da superare i confini per arrivare a fondi polifunzionali.

Credo sia possibile immaginare sistemi di tutela che incentivino la possibilità di auto-organizzarsi, di spendere di più per la sanità out of pocket e di poter investire sulla previdenza complementare in modo oculato e continuo. Con questa ambizione, io credo che i corpi intermedi si possano ispirare ai principi di sussidiarietà. Vogliamo uno stato che ci capaciti di quello che noi possiamo organizzare collettivamente attraverso i corpi sociali».

Boeri: «Abbiamo fondamentale bisogno di previdenza complementare. I lavoratori sono troppo esposti alla parte pubblica. Occorre un secondo, terzo pilastro importante. Dobbiamo porci il problema dei giovani. I salari dei giovani sono bassi ma gran parte va al sistema pubblico. Ogni anno perdiamo una città come Bergamo per la fuga dei cervelli. Lo vediamo dall’iscrizione all’Aire e dal numero di laureati che vanno all’estero. Dobbiamo defiscalizzare i contributi previdenziali dei giovani. Dobbiamo separare il primo dal secondo pilastro».

6 – LE CASSE DI ASSISTENZA INTEGRATIVA

Boeri: «L’affaire Inpgi, di cui si è ampiamente occupata anche Manageritalia, è emblematico. Non risolviamo i problemi delle singole casse con chi contribuisce altrove. Dobbiamo rivedere le promesse insostenibili e far sì che affrontino questo problema. Ci vuole un monitoraggio più attento. Occorre una riflessione di lungo periodo. Le casse sono nate perché servivano a gestire mestieri specifici. Se questo mestiere va in crisi non c’è condivisione del rischio.

È molto difficile uscire da quota cento. Non è possibile lasciarla andare in esaurimento nel 2021. Dovremmo introdurre possibilità di pensionamento flessibili. Dobbiamo poter applicare i coefficienti di trasformazione che applichiamo sulla parte retributiva. È un principio che serve a uniformare le regole del gioco».

7 – LA DEMOGRAFIA E LE ULTIME RIFORME DELLE PENSIONI IN ITALIA

Fornero: «Parto dal vostro filmato che aveva al centro la demografia. Le riforme pensionistiche vanno pensate per il lungo termine. La riforma Amato del 92 era di lungo termine. Abbiamo poi avuto riforma Dini dopo il primo governo Berlusconi. I sindacati portarono a Roma un milione di persone. Ci sono state altre riforme orientate al lungo periodo. La cosiddetta controriforma Maroni è stata responsabile dell’aggravamento della situazione del paese che ha costretto la riforma del 2011».

Tutte le riforme commettono degli errori. Le riforme sono interventi nel sociale. La riforma che porta il mio nome guardava al lungo periodo, alla demografia. La mini controriforma “quota cento” non ha cancellato la Fornero come era l’obiettivo del ministro. Per tre anni chi raggiunge questa quota può andare in pensione. Non ci si è accorti cosa volesse dire in termini di aspettative per lasciare ad altri la responsabilità che muoia.

C’erano persone che si aspettavano di andare in pensione prima. La pensione anticipata l’abbiamo mantenuta. Io non ho cambiato i requisiti per la pensione anticipata di anzianità. Una cosa è cambiata: la finestra. La finestra dice questo: tu hai diritto ad andare in pensione quando hai maturato 40 anni».

Sacconi: «Cominciammo a governare nel 2008, consapevoli che stava per iniziare una grande crisi. Avvertimmo la profondità. Il primo atto di quel governo fu il disavanzo del debito per il primo triennio. Avviammo alcuni interventi sul sistema previdenziali e concordati con Bruxelles per cercare una sostenibilità del sistema nel lungo periodo. Io ricordo segretari generali di sindacato che mi dissero “lei è matto, perché apre il vaso di pandora?”. Noi ereditiamo la controriforma Damiano rispetto alla riforma Maroni. Dobbiamo risalire la china. Le finestre hanno un carattere congiunturale. Le finestre sono usate per attenuare l’impatto di Quota 100. C’è stata una lunga discussione su Quota cento e sulle sue deroghe, ma non si ricordano le spese per ritoccare la riforma Fornero: 8 interventi sugli esodati, 9 tentativi. Poi si sono aggiunti i gravosi.

Quota cento almeno è un po’ più equitativa e nel senso della flessibilità in uscita è costruita in una logica che la sostiene nel breve e lungo termine».

8 – WELFARE: I MANAGER IN PRIMA LINEA

Sacconi: «Il mondo del lavoro sta cambiando. In futuro avremo sempre più discontinuità e varietà. Vogliamo garantire una tutela pubblica? Credo che ci siano nell’ambito delle politiche di welfare delle cose da fare nei percorsi di formazione. Perdita di reddito, politiche attive, assistenza sanitaria, maternità e paternità. Non dobbiamo parlare solo di difesa del posto di lavoro, ma difesa di alcuni diritti a cui corrispondono doveri che rientrano in una concezione di welfare completa.

Roberto Beccari: «La nostra categoria è sempre stata all’avanguardia. Abbiamo sempre parlato di fondi integrativi. La mozione che abbiamo portato a questo Congresso ci porta a delineare i punti chiave di questo percorso. I manager devono avere un nuovo rapporto con le istituzioni. Mai come in questi anni la capacità di utilizzare efficacemente gli strumenti di welfare a nostra disposizione è stata intesa come un obbligo».

Da sinistra, il moderatore della tavola rotonda Gianluca Semprini, Maurizio Sacconi, Elsa Fornero, Tito Boeri e Roberto Beccari. 

GUARDA LA PLAYLIST SU YOUTUBE DEDICATA AL CONGRESSO MANAGERITALIA 

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