Prosegue il confronto tra il governo, nella persona del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, e i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil in tema di flessibilità di accesso al pensionamento. Ieri si è svolto un secondo incontro, nel quale sono state illustrate le linee guida dell’Ape (Anticipo Pensionistico).
È stato confermato che non verrà modificata la normativa introdotta dalla riforma Fornero ed i requisiti anagrafici e contributivi in essa previsti; pertanto, per rendere più flessibili le uscite degli “over 63” si farà leva su strumenti finanziari, tramite un prestito bancario da rimborsare in 20 anni, senza garanzie reali a carico del beneficiario e con una copertura assicurativa per l’ipotesi di premorienza. E’ inoltre prevista la possibilità di copertura da parte dei fondi di previdenza complementare, per i lavoratori che vi hanno aderito, ma con una procedura non ancora chiaramente dettagliata (la cosiddetta “Rita – Rendita integrativa temporanea anticipata”).
La rata del prestito potrà produrre una riduzione fino al 15% della pensione piena potenziale ma, per i lavoratori che si troveranno in una situazione particolarmente disagiata, come ad esempio i disoccupati di lungo corso, tale decurtazione verrebbe ridotta o, in alcuni casi, addirittura azzerata, tramite l’introduzione di apposite detrazioni fiscali, modulate sulla base del reddito e della casistica in cui si viene a trovare il lavoratore pensionando. Al riguardo è stato annunciato che per i soggetti più deboli lo Stato si farà carico non solo degli interessi ma anche di una fetta del capitale anticipato.
A erogare l’assegno anticipato sarà comunque l’Inps, che calcolerà l’assegno pensionistico sulla base del montante contributivo raggiunto al momento della richiesta dell’anticipo (non si conterebbero gli tre anni di contribuzione ancora mancanti per il raggiungimento della soglia di vecchiaia), mentre il coefficiente di trasformazione utilizzabile per la quota di pensione contributiva sarà quello relativo al raggiungimento dell’età di vecchiaia.
L’operazione avrà un carattere sperimentale per i primi tre anni (dal 2017 al 2019) ma l’intento è di farle assumere una fisionomia permanente negli anni successivi. Il costo dovrebbe oscillare tra i 500 e i 600 milioni, grazie al coinvolgimento di banche e assicurazioni, altrimenti l’impatto sui conti pubblici avrebbe potuto raggiungere i 10 miliardi. La commissione ha calcolato che platea dell’Ape dovrebbe oscillare tra i 30mila e i 40mila lavoratori annui, perché non tutti i potenziali interessati dovrebbero optare per l’uscita anticipata.
Il dirigente o il quadro che decidono di anticipare il pensionamento di 1/3 anni volontariamente, visti i redditi percepiti, non potranno godere di particolari agevolazioni in merito all’ammortamento del prestito previdenziale, quindi dovranno essere consapevoli che a loro verrà applicata l’aliquota massima di tasso di interesse nel momento in cui dovranno restituire le somme anticipate. Per quantificare la perdita complessiva, a questa decurtazione dell’assegno pensionistico dovrà sommarsi il minor importo pensionistico derivante dal mancato versamento di contributi negli anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, arrivando quindi alla decurtazione massima del 15% indicata dai rappresentanti del governo.
Governo e sindacati della triplice si rivedranno il 23 e il 28 giugno per parlare di pensioni e il 30 per affrontare l’argomento lavoro. Anche Manageritalia, con le altre associazioni della dirigenza, partecipa in tavoli separati alle consultazioni, mettendo a disposizione l’esperienza contrattuale della categoria come un modello di riferimento per costruire non solo la tanto agognata flessibilità ma anche un complessivo miglioramento del mercato del lavoro e del welfare.